GRANDI PITTORI
VINCENT VAN GOGH Tra arte, cultura e passione per la conoscenza
Nella sua arte Vincent Van Gogh esprime la sua profonda sete di sapere. Che lo spingeva a leggere una gran quantità di libri, a visitare mostre e musei, a stringere legami di amicizia con artisti, a imparare nuove lingue, ad approfondire culture differenti. La mostra “Van Gogh Pittore colto” al MUDEC di Milano svela la vasta conoscenza del pittore olandese e come questa abbia influenzato la sua arte.
Angela Maria Scullica
Vincent van Gogh è noto principalmente per la sua straordinaria carriera artistica, ma pochi sanno quanto fosse profondamente immerso nella cultura, nella letteratura e nelle lingue durante la sua vita. Questo aspetto meno noto della sua personalità ha contribuito a plasmare la sua visione artistica e il suo modo di percepire il mondo. Ed è proprio sull’appassionante sete di conoscenza che ha portato il grande pittore olandese a divorare libri e ad approfondire pensieri e sensazioni, e sui riflessi della sua immensa cultura nella sua arte, che si è concentrata la mostra dal titolo “Van Gogh Pittore colto”, in vigore al MUDEC di Milano dal 29 settembre al 28 gennaio 2024. L’esposizione è stata resa possibile grazie alla collaborazione con il Kröller-Müller Museum di Otterlo, nei Paesi Bassi, la cui straordinaria collezione di dipinti e disegni di Van Gogh è superata solo dalla collezione del Van Gogh Museum di Amsterdam. Quali sono stati gli interessi principali di Vincent Van Gogh? Su quali libri ha concentrato la sua attenzione? Come ha espresso e manifestato il suo concetto dell’esistenza? Il suo è stato un percorso umano e artistico molto intenso, ricco di colori ma anche di buio come ha raccontato egli stesso nelle oltre 600 lettere scritte, durante la sua breve vita, al fratello minore Theo al quale era molto legato emotivamente e intellettualmente.
Fin dall’infanzia, Vincent van Gogh ha manifestato un profondo desiderio di apprendimento. Nonostante la mancanza di una formazione accademica tradizionale, ha dedicato gran parte del suo tempo libero a leggere, studiare e acquisire conoscenze. Ha condotto uno studio approfondito delle tendenze artistiche contemporanee attraverso la consultazione di biografie, riviste d’arte, stampe originali e riproduzioni. Inoltre, visitando musei e gallerie, ha stabilito continui confronti diretti o epistolari con i suoi amici pittori, arricchendo così la sua comprensione dell’arte. Questa profonda immersione nella letteratura e nell’arte ha giocato un ruolo cruciale nello sviluppo del suo stile distintivo e innovativo. Uno degli aspetti più straordinari della cultura di Van Gogh è stata la sua capacità di apprendere lingue straniere in modo autonomo. Nel corso della sua vita, ha imparato a parlare diverse lingue, tra cui l’inglese, il francese, il tedesco e il belga, oltre alla sua lingua madre, il neerlandese. Questa competenza linguistica gli ha consentito di comunicare con una vasta gamma di persone, di leggere opere letterarie straniere nei loro testi originali e di acquisire una comprensione più profonda della cultura europea.
Un’esplorazione della vita quotidiana. La passione di Van Gogh per la lettura traspariva chiaramente nei suoi lavori che raffiguravano scene di vita quotidiana. Questi dipinti, spesso ispirati da dettagliate descrizioni presenti nella letteratura del suo tempo, catturavano la realtà in modo vivido e commovente. Van Gogh voleva che i suoi spettatori sentissero non solo la visione ma anche l’anima dei suoi soggetti, persone povere, umili, lavoratori, sofferenti, ma sempre belle, forti e intense nelle loro espressioni. Egli sentiva una profonda empatia per le persone comuni e per la natura. Era ossessionato dalla bellezza della vita quotidiana, spesso trascurata dagli altri. Cercava di catturare la realtà e la verità in modo sincero attraverso la sua arte. La sua celebre citazione “Voglio dipingere la gente con la loro vita quotidiana e non con abiti da festa” riflette il suo desiderio di rappresentare la vita autentica e non idealizzata.
La trasformazione da predicatore a pittore La storia di Vincent van Gogh è intrisa di passioni, dubbi, e trasformazioni sorprendenti. Uno dei momenti cruciali nella sua evoluzione artistica e spirituale è stato il periodo trascorso nel Borinage, in Belgio, tra il 1879 e il 1880, dove si è dedicato all’evangelizzazione come predicatore laico tra i minatori. Questo periodo di estrema povertà e l’interazione con la comunità dei minatori hanno gettato le basi per la sua futura carriera artistica. Van Gogh aveva già un interesse per il disegno, ma è stato proprio nell’estate di quegli anni che ha preso la decisione definitiva di abbracciare l’arte. Durante il suo soggiorno nel Borinage, ha dedicato un impegno totale nell’apprendere le tecniche artistiche, studiando da libri di corsi di disegno.
Questa passione per l’arte è stata una parte cruciale del suo cammino di trasformazione. Dopo aver lasciato il Borinage, su consiglio del fratello Theo, Vincent si è trasferito a Bruxelles. Qui, ha seguito corsi all’Accademia per un breve periodo e ha stretto amicizia con il pittore Anthon van Rappard. Entrambi condividevano una profonda ricerca di temi “nel cuore del popolo” e il “bisogno di dipingere dal vivo”, un desiderio di rappresentare la vita reale e i suoi protagonisti. Uno dei momenti chiave di questa fase di trasformazione è stato la creazione del grande disegno intitolato “Le Portatrici del Fardello”. Quest’opera ambiziosa e emblematica ha segnato la svolta definitiva di Vincent dalla missione religiosa all’arte. Il disegno raffigura in modo realistico un gruppo di donne che trasportano sacchi di carbone con le schiene curve, in un paesaggio desolato. Queste figure non solo rappresentano la fatica fisica, ma anche le sofferenze e le difficoltà della vita dei poveri e dei diseredati. Il disegno ha anche valenze pietistiche religiose, rappresentando il desiderio di van Gogh di esplorare la spiritualità attraverso l’arte. In parallelo, Vincent van Gogh ha iniziato una fase intensa di lettura durante il suo periodo nel Borinage. Ha affrontato opere di autori chiave come Jules Michelet, noto per la sua “Storia della Rivoluzione Francese”, che ha riportato il popolo al centro della dinamica rivoluzionaria, e Harriet Beecher Stowe, autrice de “La Capanna dello Zio Tom”, un libro che ha contribuito alla presa di coscienza antischiavista in America. Questi testi sono diventati i nuovi “vangeli” di Vincent, aiutandolo a reinterpretare il Vangelo in un contesto più contemporaneo. Michelet, in particolare, è diventato il suo nuovo padre spirituale, e Vincent ha messo al centro del proprio lavoro le persone comuni, come le minatrici con i loro pesanti fardelli. Il titolo in inglese dell’opera “The Bearers of the Burden” rimanda a un tema religioso, la lettera ai Galati 6,2: “portate il fardello gli uni degli altri e compirete così la legge di Cristo”. Quest’opera è rimasta il simbolo della svolta di Vincent, da predicatore a pittore, da uomo della fede ad artista della vita quotidiana.
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Il sogno giapponese da Parigi alla Provenza La passione di Van Gogh per il Giappone è un altro elemento affascinante esplorato in questa mostra. Il suo legame con il Paese del Sol Levante è un aspetto noto della sua vita e della sua arte, ma va oltre il semplice giapponismo. Per Vincent, il Giappone rappresenta un sogno e un’utopia, una fonte di ispirazione che ha plasmato in modo significativo il suo lavoro. Durante il suo periodo parigino, il giapponismo era una tendenza radicata, e Vincent ne fu affascinato. Le stampe giapponesi ukiyoe, acquistate in gran quantità dal mercante d’arte Siegfried Bing, catturarono la sua attenzione in particolare. Tra le opere che pongono Vincent tra gli artisti del giapponismo ci sono i due dipinti d’après tratti da Hiroshige, noti anche come Japonaiserie. Questi lavori aprirono una fase decorativa nella sua arte, caratterizzata da colori vivaci, superfici piatte e prive di chiaroscuro, tutti elementi che imparò dalle stampe giapponesi.
Tuttavia, è durante il suo soggiorno ad Arles, in Provenza, che Vincent van Gogh vive appieno il suo “sogno giapponese”. In una lettera a Theo, scrisse: “Qui sono in Giappone”, sottolineando che “Giappone” non rappresentava un luogo fisico, ma piuttosto uno stato d’animo. La Provenza divenne il suo “Giappone” personale, un luogo in cui si immerse completamente nella natura e nella luce, trovando ispirazione simile a quella che gli veniva dalla pittura giapponese. L’influenza delle stampe xilografiche giapponesi è evidente nei dipinti di Vincent realizzati durante la primavera e l’estate del 1888. Queste opere si caratterizzano per i colori intensi, le campiture piatte e le linee nette, elementi direttamente tratti dall’arte giapponese. Nonostante le prime japonaiseries fossero ispirate da Hiroshige, Katsushika Hokusai fu l’artista giapponese che Vincent ammirava di più. In una lettera, definì Hokusai uno dei “più grandi maestri di schizzi dal vivo”. Hokusai è noto per le sue stampe di paesaggio, tra cui la famosa serie Trentasei vedute del Monte Fuji e l’album illustrato Cento vedute del monte Fuji. In una lettera da Arles, Vincent chiese a Theo di procurarsi le “trecento vedute della montagna sacra” di Hokusai, anche se fece un piccolo errore numerico. L’interesse di Vincent per l’arte giapponese non si limitò alle stampe. Egli possedeva un album di disegni di fiori e uccelli di Katei Taki, un noto artista giapponese. Questo album presentava scene di “fiori e uccelli” tipiche dell’arte asiatica, simili al suo dipinto “Angolo di prato”. L’album, datato 1887, era destinato anche al pubblico europeo e dimostra quanto l’arte giapponese influenzasse e ispirasse gli artisti europei.
Ma cosa rendeva così affascinante l’arte giapponese per Van Gogh? Uno degli aspetti che lo affascinava era senz’altro l’estetica giapponese unica. Le stampe ukiyo-e erano caratterizzate da una semplicità sorprendente nelle composizioni, da campiture di colore piatte e da un uso audace dei contorni neri per delineare le forme. Questo stile visivo contrastava nettamente con la pittura tradizionale europea dell’epoca, che spesso cercava di creare illusioni tridimensionali e realistiche sulla tela. La semplicità dell’arte giapponese ha suggerito a Van Gogh nuove possibilità espressive e l’ha spinto a esplorare nuove tecniche pittoriche. Ma non era solo questo ad attrarre Van Gogh. C’erano anche i colori vibranti, il design accattivante, la prospettiva innovativa, la composizione non convenzionale, le tematiche che riguardavano la vita quotidiana e la natura ma anche, e soprattutto, l’emozione e la spiritualità di cui l’arte giapponese era intrisa. Le stampe giapponesi erano famose per i loro colori vivaci e per il design audace. Dopo essere entrato in contatto con l’arte giapponese, Van Gogh ha iniziato a sperimentare con colori più brillanti e vibranti nei suoi dipinti. Questa svolta cromatica è evidente in molte delle sue opere, come i celebri “Girasoli” e “Notte stellata”. Le stampe ukiyo-e spesso utilizzavano una prospettiva “piatta”, evitando la profondità prospettica tradizionale europea. Questo approccio alla composizione ha affascinato Van Gogh, che ha cercato di incorporare questa prospettiva insolita nei suoi dipinti. I suoi quadri spesso sembravano tagliati dalla realtà, con angoli inusuali e una sensazione di immediata vicinanza ai soggetti rappresentati. Esse inoltre raffiguravano spesso scene di vita quotidiana, paesaggi naturali, fiori, uccelli e donne eleganti, intrisi di una bellezza semplice e di una serenità unica. Van Gogh desiderava catturare nei suoi dipinti la vita reale e la bellezza della natura ma anche quella profonda sensazione di emozione e spiritualità di cui era intrisa l’arte giapponese. Egli, infatti, era alla continua ricerca di una connessione più profonda tra l’arte e la vita. E cercava di infondere i suoi quadri un’intensità emotiva che rispecchiasse le emozioni e le storie dei suoi soggetti. In una delle sue famose lettere a Theo, Vincent van Gogh scrisse “Se si studia l’arte giapponese allora si vede un uomo che passa il tempo a far cosa? A studiare la distanza tra la terra e la luna? No, studia un unico filo d’erba”. Una osservazione che rifletteva il suo profondo rispetto e ammirazione per l’attenzione ai dettagli e alla bellezza apparentemente insignificante che caratterizzava la cultura giapponese, in particolare l’arte e la filosofia giapponesi. Per Van Gogh, la lunga osservazione del filo d’erba rappresentava bene il concetto che anche le cose apparentemente comuni e semplici della vita quotidiana hanno un valore e una bellezza intrinseca che merita di essere notata e apprezzata. Un pensiero ha influenzato la sua pittura, portandolo a rappresentare la bellezza nelle cose semplici, come fiori, campi, paesaggi rurali e oggetti di uso quotidiano. Ma anche nei sentimenti e nell’espressione dei volti della gente comune.
“La passione di Van Gogh per la lettura traspariva chiaramente nei suoi lavori che raffiguravano scene di vita quotidiana. Questi dipinti, spesso ispirati da dettagliate descrizioni presenti nella letteratura del suo tempo, catturavano la realtà in modo vivido e commovente”
Giornalista