DIBATTITO
INTELLIGENZA ARTIFICIALE E CREATIVITÀ Chi è l’artista nell’era digitale
Dalla rivoluzione tecnologica alle nuove forme di espressione artistica: dal dibattito di Arteconomia, che ha coinvolto artisti, critici e curatori, è emerso come l’intelligenza artificiale stia trasformando profondamente il processo creativo, offrendo nuovi strumenti senza sostituire l’uomo, e riaffermando la centralità della sensibilità, dell’intuizione e della visione dell’artista.
Redazione
Il panorama artistico contemporaneo sta attraversando una trasformazione profonda, sospinto dall’avvento di strumenti tecnologici sempre più evoluti. Tra questi, l’intelligenza artificiale (IA) si sta imponendo non come mera sostituta dell’artista, ma come potente alleata nella ridefinizione dei processi creativi, dei linguaggi espressivi e delle modalità di fruizione delle opere. Il dibattito organizzato da Arteconomia, la trasmissione culturale di ILI Editore, moderato da Angela Maria Scullica e trasmesso in diretta streaming lo scorso 15 aprile, ha esplorato questo nuovo scenario con un approccio critico e multidisciplinare. L’incontro ha evidenziato come l’IA stia trasformando il concetto stesso di creatività, amplificando le possibilità dell’artista senza intaccarne il ruolo centrale. Ad esso hanno partecipato Gianluca Balocco, artista, in arte MOOR, Chiara Canali ritica d’arte e curatore indipendente, Matteo Graniti, direttore della galleria Ipercubo), Vincenzo Marsiglia, artista), Rebecca Pedrazzi, storica e critica dell’arte, esperta di intelligenza artificiale applicata all’arte e Martin Romeo, artista e interaction designer. Ognuno di loro ha portato contributi originali, offrendo punti di vista complementari che spaziano dall’impatto tecnologico sulla produzione artistica fino alle sfide culturali e di mercato.
Vediamo ora, punto per punto, i temi principali emersi dal confronto.
Creatività e intelligenza artificiale: nuovi strumenti, antiche domande
Nonostante la rivoluzione tecnologica in atto, la natura della creatività rimane sostanzialmente immutata. A sottolinearlo è stata Rebecca Pedrazzi, che ha ricordato come la creatività sia innanzitutto un’attività intellettuale propria dell’essere umano, radicata nella capacità di dare forma a idee, emozioni e intuizioni. L’intelligenza artificiale, secondo Pedrazzi, non cambia il significato profondo del creare, ma offre strumenti nuovi e potenti che amplificano le possibilità espressive degli artisti. Chiara Canali ha voluto precisare una distinzione fondamentale: mentre la creatività può appartenere a molti ambiti e persone, l’arte richiede qualcosa di più. Essa implica un’elaborazione ulteriore, un pensiero critico e un’estetica consapevole che trasformano l’atto creativo in un’opera capace di trasmettere senso, emozione e visione. In questa prospettiva, l’intelligenza artificiale si presenta come un nuovo medium, un linguaggio da imparare a dominare piuttosto che un’entità autonoma capace di sostituire l’artista.
Dalla fotografia all’intelligenza artificiale: la tecnologia come alleato dell’arte
Gianluca Balocco (MOOR) ha tracciato un interessante parallelo storico: l’impatto attuale dell’IA ricorda quello che, alla fine dell’Ottocento, ebbe la fotografia. Anche allora si temette che la nuova tecnologia potesse soppiantare l’arte tradizionale; oggi, invece, riconosciamo che la fotografia ha arricchito il mondo dell’arte, non impoverito. Balocco ha sottolineato che l’uomo possiede una capacità cognitiva ed emozionale che nessuna macchina può replicare: intuire, percepire, provare emozioni resta un dominio esclusivamente umano. Su questo aspetto si è detto pienamente d’accordo anche Vincenzo Marsiglia, che ha sottolineato come la componente biologica della creatività, quella radicata nella sensibilità individuale, nella storia personale, nel vissuto, non potrà mai essere sostituita. Marsiglia vede nell’IA un’opportunità: uno strumento capace di liberare tempo e risorse creative, permettendo agli artisti di concentrarsi maggiormente sulla parte concettuale e progettuale delle opere.
Tuttavia, Martin Romeo ha introdotto una riflessione critica: se da un lato gli strumenti di IA promettono di ottimizzare il lavoro creativo, dall’altro rischiano di intrappolare gli artisti in una logica produttivistica che li spinge a fare sempre di più, senza un reale guadagno in termini di tempo o qualità della vita. Romeo ha posto l’accento sulla necessità di un utilizzo consapevole dell’IA, per evitare la banalizzazione estetica e favorire invece la nascita di nuovi linguaggi critici e autentici. Tutti però concordano su un punto essenziale: l’IA non è un soggetto creativo autonomo. Può generare immagini, testi e suoni, ma sempre sulla base di dati preesistenti e algoritmi progettati dall’uomo. Dietro ogni opera significativa vi è, e continuerà a esserci, la visione, la sensibilità e l’intenzione di un artista in carne e ossa.
Intelligenza Artificiale nella produzione artistica: opportunità, rischi e mercato
Con l’intelligenza artificiale che diventa uno strumento sempre più accessibile e performante, il modo stesso di produrre arte si sta trasformando. Tuttavia, come hanno evidenziato diversi partecipanti al dibattito, questa trasformazione non è esente da criticità. Martin Romeo ha messo in guardia contro il rischio dell’omologazione estetica: molte piattaforme di IA, nate con fini commerciali, tendono a proporre soluzioni visive standardizzate. Senza un intervento critico da parte dell’artista, il pericolo è quello di vedere nascere opere tutte simili tra loro, prive di quella forza individuale che distingue l’arte vera dalla semplice produzione visiva. È per questo che Romeo invita gli artisti a “hackerare” creativamente le tecnologie, utilizzandole per piegarne le logiche, sovvertirle e costruire linguaggi originali. Matteo Graniti, osservando il fenomeno dal punto di vista del mercato, ha sottolineato un rischio complementare: quello di un’arte «preconfezionata», costruita attraverso l’analisi delle tendenze di consumo e pensata per piacere immediatamente. In un contesto dominato dai dati e dagli algoritmi predittivi, l’autenticità dell’opera e l’integrità della ricerca artistica potrebbero venire meno, trasformando l’arte in un mero prodotto commerciale. Nonostante questi rischi, l’IA offre opportunità straordinarie di espansione e sperimentazione. Rebecca Pedrazzi ha ribadito che gli strumenti tecnologici vanno intesi come alleati della creatività: l’artista che saprà integrarli nella propria ricerca personale potrà esplorare territori espressivi fino a pochi anni fa impensabili, mantenendo la centralità della visione umana. Chiara Canali ha poi fatto notare come, anche in Italia, seppur più lentamente rispetto ad altri paesi, si stia assistendo a una crescente apertura verso l’arte digitale. Festival, mostre e iniziative culturali stanno cominciando a dare spazio ad artisti che sperimentano con l’IA e le tecnologie immersive, segnando un importante passo avanti nella percezione pubblica del digitale come linguaggio artistico maturo. Vincenzo Marsiglia ha evidenziato però un altro aspetto fondamentale: la necessità di educare il pubblico, i galleristi e i collezionisti. Esiste ancora una certa diffidenza nei confronti delle opere digitali, spesso percepite come fragili o effimere rispetto alle forme artistiche più tradizionali. In realtà, come ha ricordato Marsiglia, anche le opere digitali possono essere restaurate, conservate e valorizzate nel tempo, come già avviene nei musei internazionali più avanzati. Moor ha aggiunto che la sfida non riguarda solo la produzione o la conservazione delle opere, ma anche la loro capacità di instaurare una relazione autentica con il pubblico. L’arte, ha ricordato, è prima di tutto esperienza condivisa, emozione che si sprigiona nella presenza fisica dell’opera e nel suo dialogo vivo con chi la osserva. Anche le tecnologie più sofisticate devono servire a preservare e amplificare questa dimensione relazionale, non a sostituirla.
L’artista del futuro: tra tecnologia, visione e relazione
Chi sarà, dunque, l’artista di domani? Quali competenze dovrà sviluppare e quale sarà il suo ruolo in una società sempre più interconnessa e tecnologica? Secondo Gianluca Balocco (Moor), l’artista del futuro dovrà integrare saperi diversi: da un lato, la capacità manuale, la fisicità della produzione, dall’altro una piena padronanza degli strumenti digitali. Ma soprattutto dovrà essere capace di pensare e operare in modo “sistemico”, inserendo le sue opere all’interno di un più ampio tessuto sociale, culturale e percettivo. L’arte, ha ribadito, non esiste senza relazione: come una pianta che vive solo se inserita in un ecosistema, anche l’opera vive solo se innesca un dialogo emotivo e cognitivo con il suo pubblico. Rebecca Pedrazzi ha evidenziato come la transmedialità sarà una delle caratteristiche principali dell’arte contemporanea e futura: gli artisti sapranno dialogare con diverse tecnologie, mescolando codici e linguaggi per creare esperienze sempre più immersive e multidimensionali. Fondamentale sarà mantenere la propria autenticità, un tratto distintivo che permetterà di emergere in un contesto sempre più affollato e globale. Martin Romeo ha posto l’accento sulla necessità di costruire linguaggi alternativi ai grandi circuiti commerciali: l’arte del futuro dovrà saper sfuggire all’omologazione, creare canali indipendenti, sfruttare piattaforme open source e comunità creative libere da logiche di mercato. Solo così l’artista potrà mantenere la sua autonomia critica e innovare realmente. Dal canto suo, Vincenzo Marsiglia ha suggerito che l’artista del futuro avrà come compagno di lavoro un “assistente digitale”: l’IA non sarà altro che uno strumento sofisticato al servizio della visione umana. Come nei grandi atelier rinascimentali, dove il maestro si avvaleva dell’aiuto di collaboratori, anche l’artista contemporaneo saprà orchestrare le risorse tecnologiche senza rinunciare alla propria cifra espressiva. Matteo Graniti ha infine messo in guardia contro il rischio di una produzione artistica basata esclusivamente su logiche predittive e di mercato. L’artista del futuro dovrà resistere alla tentazione di compiacere il gusto dominante e continuare a porre domande scomode, a sfidare i luoghi comuni, a esplorare territori inesplorati. Chiara Canali ha chiuso con una riflessione preziosa: gli artisti che sapranno resistere alla pressione dell’effimero e dell’immediato, che continueranno a coltivare la profondità del pensiero e della visione, saranno quelli destinati a lasciare un segno nella storia. L’arte del futuro sarà sempre più contaminata da tecnologie avanzate, ma la scintilla creativa resterà irriducibilmente umana. In conclusione, il dibattito di “Arteconomia” ha mostrato come l’intelligenza artificiale, lungi dall’annullare la creatività umana, possa diventarne un alleato straordinario. L’artista di oggi – e ancor più quello di domani, non dovrà rinunciare alla propria identità, ma amplificarla grazie ai nuovi strumenti. La sfida sarà mantenere intatta l’autenticità, coltivare il pensiero critico e costruire opere capaci di emozionare e trasformare chi le osserva.
In un mondo in continuo cambiamento, l’arte resta una delle poche forze capaci di dare senso, bellezza e profondità alla nostra esperienza del reale.
“L’intelligenza artificiale non sostituirà l’artista: lo accompagnerà, gli offrirà nuovi strumenti, ma non potrà mai replicare la complessità della sensibilità umana.”
