CINEMA & TEATRO
“Zeffirelli alla Scala, un’avventura di passione e impegno durata mezzo secolo”
Nella Mostra alla Scala dedicata a Franco Zeffirelli, la storia del rapporto privilegiato tra il teatro milanese e il grande regista italiano. Ne parla in questa intervista ad ArteCultura Magazine Pippo Zeffirelli, Presidente della Fondazione Franco Zeffirelli Onlus di Firenze. Che racconta…
“L’importante è capire che non esiste un modo giusto o corretto di mettere in scena Verdi o Puccini, ma che ogni tempo elabora il suo. La memoria è una delle poche caratteristiche identitarie rimaste nel mondo che stiamo vivendo”. Comincia così Pippo Zeffirelli, Presidente della Fondazione Franco Zeffirelli Onlus di Firenze a raccontare per Arte Cultura Magazine, il percorso della Mostra al Teatro alla Scala di Milano dedicata al grande regista Franco Zeffirelli in occasione del suo centenario. La Mostra dal titolo ‘Zeffirelli – Gli anni della Scala’, che resterà visibile al pubblico fino al 31 agosto 2023, celebra il rapporto privilegiato che il Teatro alla Scala ha avuto con Franco Zeffirelli, un’avventura lunga mezzo secolo raccontata attraverso le opere di colui che è stato celebrato come uno dei maggiori registi visionari che l’Italia dell’opera lirica abbia mai avuto.
Presidente Zeffirelli quanto ha rivisto l’artista nel racconto della Scala?
“È stato un periodo lungo, difficile da districare in una mostra, che comunque ha tenuto intatto il sentimento zeffirelliano, cosa non facile da definire per un regista-mito che nella sua lunga carriera ha firmato alcuni spettacoli entrati nella storia del melodramma. Quel che racconta l’itinerario scaligero è una sorta di biografia attraverso costumi, bozzetti scenografie e materiali fotografici che anche noi, come Fondazione, abbiamo fornito alla Scala cioè un teatro che è, contemporaneamente, testo ed evocazione del mondo culturale, che ha vissuto il Maestro, sia storico che sociale. L’ottica di un artista, colto artigiano fiorentino, nato nel febbraio del 1923, e che proprio qui, nel tempio dei teatri lirici mondiali, mosse i primi passi. Prima, come assistente di Luchino Visconti, per poi firmare da costumista e regista 21 spettacoli, e ultima l’Aida che inaugurò la stagione lirica il 7 dicembre 2006 con la direzione di Riccardo Chailly è assolutamente da vedere. Un omaggio non scontato di cui sono grato, che dà il via alle celebrazioni mondiali del centenario. Nell’accezione più alta del termine, sono molto grato al Teatro alla Scala di Milano per questa mostra, curata magnificamente da Vittoria Crespi Morbio a cui va il mio sentito ringraziamento per l’attenzione e la precisione con cui ha operato”
Per la sua lunga esperienza la mostra è ben raccontata antologicamente?
“Direi proprio di sì. Perché Zeffirelli fece il debutto ideando i costumi dell’Italiana in Algeri con la regia di Corrado Pavolini il 4 marzo 1953, l’anno dopo arrivò la prima regia con La Cenerentola diretta da Carlo Maria Giulini, mentre è del 1955 Il Turco in Italia con Maria Callas che è rappresentato con i suoi meravigliosi costumi: uno di questi, firmato Zeffirelli, lo abbiamo anche ricostruito per la Fondazione grazie alla generosità del club ‘Firenze Donna’ la cui presidente è Serena Zavataro Triglia. Non manca la sua prima inaugurazione trasmessa in televisione, con l’Otello diretto da Kleiber il 7 dicembre 1976, sua la Cavalleria rusticana in teatro e in film, i Pagliacci in una periferia contemporanea, la Turandot fiabesca e celeste con Maazel, il monumentale Don Carlo con Muti. E poi Traviata, Aida (in più allestimenti, il primo nel 1963 con le scenografie in stile Secondo impero della grande Lila de Nobili) e il Ballo in Maschera con Pavarotti”.
Secondo lei quale è lo spettacolo che lega di più Zeffirelli alla Scala?
“Non solo alla Scala, ma allargherei alla storia della musica: è La Bohème diretta da Karajan con Mirella Freni e Gianni Raimondi andata in scena per la prima volta il 31 gennaio 1963, e da allora ripresa 24 volte. Ed è una storia non ancora conclusa visto che è in programma nella prossima stagione la venticinquesima ripresa. Poi applaudire all’allestimento della mostra, ideato da Valentina Bellavia con le grafiche di Emilio Fioravanti che permette di ammirare le locandine, bozzetti, figurini, costumi e fotografie e anche un bel documentario realizzato da Francesca Molteni con la curatela editoriale di Mattia Palma, curatore anche del catalogo, che racconta il percorso di Zeffirelli tra l’opera e lo schermo. Poi le riserve di timore di quel sarebbe stato, ad un certo punto, spariscono. Col mio lavoro in Fondazione lotto ogni giorno perché sia così e debba assolutamente essere così: monito per i giovani che da noi sono tanti e frequentano le nostre sale. Che sappiano quanto alla base di un successo, di un qualsiasi successo nella vita, ci debba essere impegno tanta dedizione, che sono le cose che fanno crescere e danno un senso a tutto. A noi resta la banale umile realtà del poter toccare e rivivere quei periodi fecondi e una domanda: dove andranno tutte le cose? Resteranno?”.
Per questo centenario a cui stiamo andando incontro cosa auspica?
“Vorrei avere e assorbire per la Fondazione gli straordinari bozzetti di gioventù di Zeffirelli che mi hanno fatto un certo effetto. E vorrei anche trovare sponsor per poter riprodurre gli straordinari costumi del Romeo e Giulietta: non mi vergogno di essere parziale, eccessivamente munifico forse. Credo che se si voglia il nuovo, si ha bisogno ancora della ripetizione, perché la ripetizione anche nelle esposizioni rassicura, trasforma, sublima. perché fa sentire anche nell’assenza l’amore e la passione verso qualcosa che senti sì tuo, ma anche universale, che appartiene a tutti. Questa è la forza dell’arte di Franco Zeffirelli che resterà nel tempo, ed è giusto che sia così.”
“Alla base di qualsiasi successo nella vita, c’è tanto impegno e dedizione che fanno crescere e danno un senso a tutto”
Giornalista