L’ISPIRAZIONE ONIRICA DELL’ARTE
L’immaginario che l’arte vede attraverso la lente dei sogni
L’arte e il sogno hanno sempre avuto uno stretto legame che muta nel tempo in seguito all’approfondimento della conoscenza scientifica. E oggi…
Angela Maria Scullica
“Il sonno innocente…morte della vita d’ogni giorno, bagno ristoratore del faticoso affanno, balsamo alla dolente anima, piatto forte alla mensa della grande natura, nutrimento principale nel banchetto della vita”. Così William Shakespeare si esprimeva nel Macbeth, atto II, Scena I. E con la sua terminologia poetica e letteraria sintetizzava in modo sapiente e profondo il ruolo del sonno come rigeneratore della vita umana esprimendo concetti classici di vita, morte, ristoro, balsamo, nutrimento che sono esattamente gli stessi assegnati al sonno anche dalla scienza.
Le sperimentazioni scientifiche degli anni Ottanta sono infatti arrivate alla conclusione che, se non si dorme, si muore. Durante il sonno il nostro cervello costruisce nuove sinapsi, nuove interrelazioni fra le cellule. Ogni giorno incameriamo miliardi di informazioni che il cervello, per quanto il cervello sia un organo incredibilmente evoluto, non può riuscire a trattenere nella loro totalità e formulazione originaria. Nel sonno il cervello le sistema, le adatta, le scarta, le archivia e costruisce nuove sinapsi. Quando dormiamo, il nostro cervello diventa dunque un cantiere, con detriti e scorie che riesce ad eliminare nel sonno profondo, grazie al sistema linfatico. Deprivare del sonno e comunque non dormire un sonno profondo sufficiente, impedisce al cervello di detossificare l’organismo. In altre parole, le funzioni del sonno sono: apprendimento, conservazione dell’energia, funzione evolutiva, plasticità neuronale e omeostasi sinaptica, pulizia e rimozione delle scorie tossiche. Nel sonno, il nostro inconscio si esprime liberamente attraverso i sogni che tutti fanno anche se spesso non ricordano e/o cancellano inconsapevolmente. Il mondo dei sogni è un mondo parallelo a quello reale dove non esistono freni inibitori e/o vincoli di qualsivoglia genere. È il mondo dell’inconscio, che esprime desideri, aspirazioni, pulsioni, paure, sensazioni, ricordi, repressi e esiliati lontano dalla coscienza.
“Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita”
(William Shakespeare, La tempesta, atto IV, scena I)
Oggi riguardo ai sogni, la scienza si è spinta molto oltre a quanto affermava poeticamente e argutamente, Shakespeare quando compose la Tempesta nel 1610: per Shakespeare, infatti, i sogni erano premonitori, davano cioè indicazioni da percorrere, rivelavano verità nascoste e svelavano l’infinito universo interiore. Non dimentichiamo che nel Cinquecento e nel Seicento, l’epoca in cui visse Shakespeare, veniva esaltato il concetto che il sonno e i sogni facessero vedere all’uomo più chiaramente quello che sarebbe potuto accadere e la strada da intraprendere. La loro rappresentazione nell’arte rinascimentale e barocca era spesso legata alla narrativa biblica. Esempi sono il Sogno di Gioacchino (1304-1306) dal ciclo di affreschi della Cappella degli Scrovegni di Giotto e il Sogno di Giacobbe (1639) di Jusepe de Ribera.
Ma anche a quella mitologica delle Metamorfosi di Ovidio, il libro classico che nel Rinascimento ispirò le opere di numerosi artisti (Annibale Carracci, Diana e Endimione, 1600 c)
Il sogno nella cultura rinascimentale era dunque profetico o premonitore, e si offriva come manifestazione e rivelazione di un altro mondo. In senso profano sublimava il vissuto quotidiano, rivelava una dimensione erotica e esaltava i molteplici aspetti dell’animo umano. Un’interprezione, quella Rinascimentale, che era un passo avanti, rispetto all’idea medioevale del Cristianesimo secondo la quale i sogni si dividevano in divini o diabolici a seconda del loro contenuto e, come tali, potevano essere forieri di eresia, illusioni e menzogne.
Shakespeare ebbe il pregio di superare l’aspetto mistico e divino del sogno per avvicinarlo all’essenza dell’uomo e alle sue passioni, e quindi a quella interpretazione più scientifica che iniziò a maturarsi nel Romanticismo e arrivò con Sigmund Freud e Carl Gustav Jung. Non era la divinità, ma la nostra anima che parlava nei sogni e indicava il percorso da seguire. Le due parti, inconscia e conscia, dell’uomo erano in sostanza fatte per comunicare l’una con l’altra e interagire nella realtà. Un’idea che si manifestò in pieno nell’Ottocento dove il sogno, che il razionalismo e l’illuminismo avevano spento a favore della ragione (e quindi del conscio), si riprese da grande protagonista tutto il suo spazio. Artisti, filosofi, poeti, scienziati cominciarono a vedere il sogno nel suo lato poetico, evasivo, oscuro e integrante di una realtà che non poteva essere perfetta come invece la si voleva immaginare all’epoca dei lumi. E si iniziò a parlare di inconscio aprendo le porte allo studio della mente e della psicoanalisi.
Sogni tormentati, incubi e oscure immaginazioni si ritrovano spesso nelle opere dell’era romantica, come nella 43a delle 80 acquatinte che compongono il satirico Los Caprichos dell’artista spagnolo Francisco Goya, intitolata “Il sonno della ragione produce mostri” (1799 circa) in cui una figura addormentata su una specie di scrittoio viene osservata da uccelli notturni, volti inquietanti e un diabolico felino.
Oppure nel dipinto di Henry Fuseli “The Nightmare” (1781) dove una donna, sprofondata nel sonno con le braccia riverse, ha un incubo, rappresentato da un essere demoniaco e di sembianze scimmiesche accovacciato sul suo petto.
Sino all’arrivo di Sigmund Freud il sogno rimase, nella sua accezione comune, avvolto dal mistero e dalla magia. Freud con il Die Traumdeutung (L’interpretazione dei sogni) che pubblicò nel 1889 e, a seguire, Carl Gustav Jung, diedero il via a un’interpretazione scientifica, conoscitiva e terapeutica dei sogni I sogni per Freud erano l’espressione diretta dell’inconscio. “I sogni ci rammentano continuamente cose a cui abbiamo cessato di pensare e che da lungo tempo hanno perso importanza per noi.”, sosteneva il padre della psicoanalisi alla fine dell’Ottocento, “Il sogno è un fenomeno psichico pienamente valido e precisamente l’appagamento di un desiderio.”
Durante il sonno i desideri infantili inconsci e rimossi premono per arrivare alla coscienza e trovano il loro sfogo nelle immagini oniriche dei sogni. In questo modo i sogni proteggono da un lato il sonno e dall’altro la coscienza del sognatore. Pertanto, per comprendere l’inconscio al fine di curare i malanni e/o le carenze della psiche umana, secondo Freud occorreva approcciarsi ad essi con metodo scientifico. Il sogno andava scomposto e analizzato in tutte le sue componenti che potevano singolarmente rivelare, attraverso il lavoro di interpretazione, i reconditi pensieri del sognatore. L’analisi dei sogni divenne così uno strumento indispensabile per la cura delle nevrosi e lo stretto legame tra l’inconscio e i sogni si riversò nell’arte.
“Il sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melograna un attimo prima del risveglio” di Salvator Dalì (1944) indaga questo tema attraverso la figura di una donna nuda che dorme tranquilla, due tigri che saltano fuori da un melograno e un elefante ragno che cammina sullo sfondo. Nell’ultimo dipinto di Henri Rousseau, Il sogno, eseguito nel 1910 una giovane donna bianca nuda (Yadwigha, un’amica polacca del pittore), è sdraiata su un divano rosso, e sogna di trovarsi immersa in una giungla circondata da vari animali – un grosso serpente arancione, alcuni uccelli, un elefante, una coppia di leoni (maschio e femmina) e un gruppo di scimmie che appaiono tutti affascinati dall’ascolto della melodia eseguita da un pifferaio indigeno.
Dagli anni Ottanta del Novecento fra gli studiosi dell’argomento prevale il concetto che l’importanza psicologica del sogno vada dimenticata a favore di una visione biologica e fisiologica del sonno nel suo insieme.
Perché sogniamo? Secondo le nuove teorie, si sogna sostanzialmente:
- per regolare le emozioni, sanare le ferite e riequilibrare un passato insoluto;
- per allenarci, un po’ come nei videogiochi quando ci si prepara a eventi rischiosi e si impara a uscirne;
- per consolidare la memoria a lungo termine;
- per stimolare la creatività e le performance mentali
Oggi, quindi, l’atteggiamento verso il sogno di una gran parte della psicoanalisi, anche e soprattutto a livello internazionale, è sostanzialmente cambiato, dal momento che il sogno non è più sezionato ed analizzato in ogni singola sua parte, ma viene tendenzialmente interpretato in modo globale. Il sogno, dunque, è inteso ed utilizzato più come una metafora, o uno spunto, che permette, in sostanza, di cogliere la dimensione psichica attuale del sognatore, nonché la sua struttura difensiva. L’uso diverso che oggi si fa del sogno rientra in parte in un discorso più generale ed ampio che vede la stessa psicoanalisi dare sempre più spazio all’Io e meno all’inconscio. Ed è in questa chiave che può essere visto il collegamento tra i sogni e l’arte contemporanea. I protagonisti dell’arte contemporanea rivelano attraverso le loro opere desideri, aspettative, fantasie, paure, emozioni. Esprimono il disagio di una vita che sta diventando sempre più virtuale, la paura di un mondo che si può autodistruggere ma anche speranze e desideri senza limiti e costrizioni. E mostrano quella realtà che non vogliamo vedere, invisibile ma che esiste e si può percepire in tutta la sua tensione emotiva, percettiva e sensoriale.
“L’arte è una bugia che ci permette di scoprire la verità”
Pablo Picasso
Giornalista