INTERVISTA
LEONARDO PIERACCIONI “Risate, emozioni e tanta famiglia nel mio nuovo film”
In questa intervista ad ArteCultura Magazine, Leonardo Pieraccioni racconta i retroscena del suo ultimo film, “Pare parecchio Parigi”, un viaggio corale che esplora con umorismo e poesia il connubio di emozioni, risate e importanza della famiglia. E rivela la sua visione umanistica del cinema, focalizzata sulle dinamiche familiari e sulla necessità del dialogo e della riconciliazione. Il film si presenta come un inno alla riscoperta dell’essenziale nei legami umani in un mondo sempre più frenetico.
“Desideravo creare, e così ho fatto, una sorta di armata Brancaleone a Sesto Fiorentino, dove tutti partissero insieme. Anche loro giravano in tondo su se stessi, proprio come accadeva qui a Sesto Fiorentino”. Così si esprime l’attore e regista Leonardo Pieraccioni durante la presentazione nazionale a Firenze del suo ultimo film, “Pare Parecchio Parigi”. A pochi giorni dalla prima proiezione, i dati confermano già un grande successo. Il cast vanta la presenza dello stesso Pieraccioni, insieme a Chiara Francini, Giulia Bevilacqua, Nino Frassica, Massimo Ceccherini, Gianna Giachetti, Giorgia Trasselli, Alessandro Paci e Gianni Franco. Il successo è innegabile e senza ombra di dubbio, ma non sorprende considerando non solo il marchio di Pieraccioni, ma anche la sua abilità nel trarre liberamente ispirazione da storie vere. In questo caso, il film è basato sulla storia vissuta dai fratelli Gianni e Michele Bugli nel 1982. Questi due partirono con il loro padre malato per realizzare il suo ultimo desiderio: vedere Parigi. Tuttavia, a differenza del film, non lo fecero in camper, ma in roulotte. Alla fine, arrivarono a Parigi, ma senza mai abbandonare il loro podere.”
Pieraccioni, un film che tocca molte corde anche grazie ai suoi colleghi toscani.
“Mia sorella è la bravissima Chiara Francini, e l’altra, altrettanto brava, è Giulia Bevilacqua. Poi ci sono Vassallo, Galligani, Forconi, Ceccherini, una strepitosa Gaia Nanni. Ci sono degli attori che sono forti, quasi più forti dei protagonisti come Gianna Giachetti, una punta che mette la palla dentro. Ma se non te la passano o te la passano male la palla, è inutile essere Ronaldo. Sono tutti precisi e perfetti. La sceneggiatura l’abbiamo scritta con Alessandro Riccio e con lui questa matrice toscana è venuta ancora più fuori. Quando ho chiamato Nino Frassica, l’ho convinto sulla comodità che avrebbe trovato sul set, volevo qualcuno lieve, leggero, ironico. Io sono figlio unico, se avessi avuto due sorelle, sarebbero state come Francini e Bevilacqua”.
Si riconosce dolcezza e poesia in questo film che fa anche ridere.
“Mi piaceva questa carezza tardiva che potesse rimettere insieme un pochino i cocci in un viaggio che serve a sciogliere i nodi non detti e a svelare i segreti. Volevo dire che nella vita non vale la pena avere rimpianti e un rimpianto sarebbe stato non fare questo film. Ci ho pensato tanto, perché mi sembrava audace questo viaggio-non viaggio. Poi, alla fine, ognuno è il film che pensa: è una somma di tanti personaggi già sfiorati e affrontati, sicuramente è il mio film più corale”.
Si può fare pace con i nostri sentimenti e assolvere dagli errori?
“Io credo proprio di sì. Questo sembra un film degli anni ’70: quando ho iniziato con Veronesi con I Laureati, raccontavamo le paturnie di un quasi trentenne. Poi, l’amore a quarant’anni, la ricerca della felicità a cinquanta. Ora, a sessant’anni, mi concentro in modo più analitico nel descrivere la famiglia”.
Questo progetto definisce l’importanza del comunicare al di là dei telefonini
“Ovvio che la famiglia senza i telefonini è più unita. Senza mandare messaggi, e senza whatsapp: è così che cammina insieme col camper in questo surreale viaggio fatto in maniera analogica e non digitale”.
Pieraccioni, secondo lei quanto occorre oggi un riavvicinamento all’essenzialità dei rapporti?
“Occorre da sempre: da sempre bisognerebbe avvicinarsi e, come i miei protagonisti del film, arrivare a un dialogo. Loro addirittura il dialogo l’hanno perso da anni, ma non è mai troppo tardi, nel film, come nella vita reale. Come dice Nino Frassica bastano 12 ore per recuperare una vita. Loro, i fratelli, sono in una fase estrema ma siccome la storia è tratta da una storia realmente accaduta, ci insegna che meglio tardi che mai funziona sempre, meglio sciogliere dei nodi che lasciarli stretti, come spesso in tante famiglie accade. Nodi che alla fine possono andare di traverso”.
La famiglia ha ancora il suo ruolo o lo deve ritrovare?
“No, la famiglia ha sempre il suo ruolo, anche se a volte si disgrega e non si può dare la colpa ai telefonini, ma a quello che c’è sempre stata: la frenesia, la frenesia del lavoro, la frenesia dell’individualismo, che rimane centrale. Mi auguro sempre che ci sia un momento, e a volte basta poco, che serva a riaggregare, contro questa voglia di correre che noi tutti abbiamo”.
Un film così umanistico: è la sua svolta?
“Io penso di aver sempre aperto delle finestrine sull’umanità, sul sentimento, sul raccontare le mie storie. Ma le ho subito richiuse per pudore e perché quando si fanno film comici si ha sempre paura di deragliare. Qui invece siamo partiti da un tema, che è appunto, quello della famiglia, e su quello incentrato il film: spesso nei film comici fa perno un’idea comica, e intorno ci si costruiscono personaggi e percorsi. Qui invece, con Alessandro Riccio, abbiamo pensato di raccontare le paturnie, le acredini, e le frizioni di una famiglia. Che però, in zona Cesarini, al 94° della partita, cerca di raddrizzare il suo risultato”.
“La famiglia ha sempre il suo ruolo, anche se a volte si disgrega e non si può dare la colpa ai telefonini, ma a quello che c’è sempre stato: la frenesia del lavoro e dell’individualismo”
Giornalista