LA FIGURA FEMMINILE NEL CINQUECENTO
La forza e il riscatto delle donne nei quadri di Tiziano
Belle, seducenti, colte e sagge. Sono le donne ritratte da Tiziano nel Rinascimento. Un’era che ha segnato i primi passi verso l’indipendenza e l’uguaglianza di genere. Grazie ad una ricchezza più diffusa e più equa che combatteva l’ignoranza e ampliava la cultura.
Angela Maria Scullica
Nel Medioevo le donne erano relegate a una condizione di netta subordinazione all’uomo. La società dogmatica, rigida, corporativista e superstiziosa di allora le considerava fisicamente deboli e moralmente fragili, bisognose quindi di essere protette e guidate. Le possibilità per loro di esercitare un lavoro che le rendesse indipendenti erano praticamente inesistenti; i mestieri erano gestiti dalle corporazioni che, nella mentalità misogina di quegli anni, erano chiuse alle donne. L’unica possibilità di esprimersi era quella di immergersi nella cultura, il cui accesso però era condizionato prevalentemente dal censo. Solo poche di loro, appartenenti all’aristocrazia, ricevevano sin da piccole un certo grado di istruzione anche allo scopo di raggiungere proficue alleanze familiari attraverso il matrimonio.
Il passaggio dal Medioevo all’Umanesimo prima e al Rinascimento dopo, segnò una svolta. Il generale miglioramento delle condizioni di vita e la formazione di una classe media di mercanti, benestante e orientata al business, si riflesse infatti positivamente anche sull’atteggiamento e la considerazione nei confronti delle donne. L’aumento e la diffusione della ricchezza, accompagnati dall’invenzione della stampa, crearono una società più istruita e aperta. Le donne colte del ceto medio poterono così ambire a una certa indipendenza con mestieri qualificanti come l’insegnamento di letteratura, musica,scienze e filosofia alle fanciulle delle famiglie aristocratiche. Anche le donne dell’Aristocrazia potevano conquistarsi un certo riconoscimento sociale nei numerosi circoli culturali che cominciarono a prolificare nelle grandi Signorie come Venezia e Firenze. Un esempio su tutti è quello di Lucrezia Tornabuoni, madre di Lorenzo de Medici, donna molto colta e rispettata che circondò suo figlio di artisti e pensatori. Ma, indipendentemente dal ceto di appartenenza, per affermarsi e sganciarsi dalla famiglia originaria, la donna doveva appoggiarsi a un marito con il quale fare numerosi figli. Per questo serviva avere una dote, ovvero denaro e beni che il padre o, nel caso in cui questi fosse morto, i fratelli, avrebbero affidato allo sposo al momento delle nozze con l’impegno di impiegarla per fornire alla moglie tutto quello di cui avesse avuto bisogno. Se il marito veniva a mancare, la vedova poteva prendere la parte di dote che ancora le sarebbe spettata. Le donne senza dote avevano ben poche possibilità di trovare marito, soprattutto se l’età oltrepassava i 25 anni; per loro la strada, quasi obbligata, era quella del convento dove avrebbero trovato un tetto e del cibo per tutta la loro esistenza. Per procurarsi la dote, i genitori meno abbienti mandavano le figlie a lavorare presso famiglie benestanti come domestiche, accompagnatrici, cuoche, compagne di giochi ecc. Così nella società paternalistica del Rinascimento le donne, benchè socialmente più considerate rispetto ai periodi precedenti, lottarono molto per rendersi economicamente indipendenti. Quelle che ci riuscivano erano artiste e cortigiane di alta classe, in entrambi i casi colte e intelligenti. Donne che si circondavano di artisti, intellettuali e scienziati.
Ed è in questo contesto culturale e sociale che Tiziano, il più grande pittore del Rinascimento veneziano, e altri protagonisti dell’arte veneta, crearono un’immagine nuova della donna, forte, bella, seducente, divina e colta. E in questo impegno c’era tutto il pensiero e la filosofia esistenziale di una Venezia del Cinquecento in cui le donne assunsero un ruolo centrale per una concomitanza di fattori: un governo saggio, una vita sociale organizzata in vicinati nei quali le donne giocavano un ruolo importante, un’attenzione particolare alla cultura che rese la città il centro editoriale più importante in Europa, polo di attrazione di intelletti straordinari e contesto culturale sociale più aperto ad accogliere senza pregiudizi l’opinione e la sensibilità femminili.
L’età d’oro di Venezia contribuì a far cadere le barriere di genere e a far nascere il movimento protofemminista forse più importante prima del diciannovesimo secolo.
Il riscatto delle donne comincia con una interpretazione pittorica del tutto inedita di tre figure femminili emblematiche e rappresentative nell’immaginario collettivo di allora: Maria Maddalena, Eva e Maria. Le prime due, Maria Maddalena ed Eva erano considerate nella cultura medioevale donne del peccato, la prima era infatti vista come l’incarnazione della prostituta e la seconda nelle vesti della tentatrice, unica responsabile della perdita del paradiso. Tiziano, che raffigurò più volte Maria Maddalena, volle mettere in risalto non solo la sua prorompente bellezza e sensualità ma anche il coraggio di lasciare tutto per inseguire un sogno di libertà e d’amore rappresentandola nei suoi dipinti come una donna che dietro il pentimento, pur nella sua semplicità e modestia, appare dinamica e indipendente. Non dimentichiamo che Maria Maddalena fu l’unica apostola che sapeva leggere e scrivere e che, probabilmente, conosceva anche molte lingue.

Tiziano e bottega, Maria Maddalena, 1565
Anche Eva appare nel dipinto del pittore veneziano Jacopo Tintoretto (La Tentazione di Adamo ed Eva o Peccato originale) in una luce nuova e più moderna, sembra infatti con il suo gesto oltrepassare Adamo per rivolgersi direttamente allo spettatore invitandolo a percorrere il cammino della conoscenza. Non più quindi come tentatrice al peccato ma come musa ispiratrice di un cammino culturale che avrebbe condotto l’uomo fuori dalle tenebre dell’ignoranza.

La Tentazione di Adamo ed Eva o Peccato originale – Jacopo Tintoretto
Riguardo a Maria, la Madre di Dio, che nel Medioevo veniva rappresentata come una figura divina, ieratica e idealizzata, nel ritratto di Tiziano (Madonna col bambino) appare più umana, terrena e affettuosa nei confronti del bimbo che tiene in braccio, illuminata dalla luce serena di un pomeriggio in campagna. Il pittore nel dipingere così la Madonna volle mettere in risalto i sentimenti di affettività e tenerezza della maternità che i genitori di allora (sia padri che madri) provavano a fatica nei confronti dei figli piccoli. E ne mise in luce l’unico e grande aspetto nuovo e moderno della madre, per eccellenza, rispetto a quelli di santità, beatificazione e venerazione della figura religiosa.

Tiziano, Madonna col Bambino, 1510-1511, olio su tela
Nel Rinascimento l’idea di bellezza insita nei ritratti non si fermava alla semplice rappresentazione fotografica del soggetto. Essa univa l’esperienza visiva e il pensiero filosofico dell’artista, con la psicologia, lo status, la cultura e l’ambiente sociale del personaggio raffigurato. Rispetto all’Umanesimo, gli artisti del Rinascimento, tra cui Tiziano, misero nei ritratti una particolare attenzione introspettiva alla vita interiore e sociale del personaggio, rivelandola anche attraverso simboli e allegorie. In quegli anni era di moda, per esempio, in tutta Europa rappresentare il sovrano a cavallo o sul trono, per attribuirgli quel carattere solenne e celebrativo che il suo ruolo imponeva. Spesso i dipinti venivano commissionati dalle famiglie dell’aristocrazia e dell’alta borghesia con lo scopo di accrescere il loro potere, il rango, lo status professionale. Nelle città rette da signorie principesche si allestivano gallerie con i volti dei membri della famiglia, a partire dagli antenati; i ritratti delle fanciulle venivano poi inviati ad altre corti per dare avvio alle trattative per i matrimoni dinastici. Tiziano era all’epoca un pittore molto quotato, richiesto e conosciuto presso le corti europee. Egli dipingeva i suoi personaggi di altissimo rango anche se non li aveva davanti. Li studiava prima, osservando i loro ritratti precedenti e ascoltando le descrizioni e i racconti che li riguardavano. Ne immaginava le pose, le vesti regali, i gioielli, gli sfondi, la personalità, i tratti psicologici del carattere e ne esaltava il ruolo che avevano nella società. Alla fine, creava i suoi capolavori, così come fece con Isabella d’Este, marchesa di Mantova, la figlia Eleonora Gonzaga, duchessa di Urbino, o la fanciulla di Capodimonte (Ritratto di giovinetta), forse legata alla famiglia Farnese. Isabella d’Este, una delle donne più colte e influenti del Cinquecento, all’epoca del ritratto aveva circa sessant’anni. Tiziano non la ritrasse dal vivo ma prese spunto da un dipinto di parecchi anni prima e la dipinse con un volto e un portamento giovane, bello e regale. Un’operazione di ringiovanimento che la marchesa apprezzò molto.

Tiziano, Isabella d’Este in nero, 1534-1536

Tiziano, Ritratto di Eleonora Ganzaga della Rovere, 1537

Tiziano, Ritratto di giovinetta, 1545
Ma veniamo a Venezia, la città di Tiziano che, come abbiamo detto, permetteva alle donne colte di ritagliarsi ruoli di primo piano nella vita sociale conducendo una vita più indipendente rispetto ai canoni e alle convenzioni di allora. A Venezia non erano le nobildonne altolocate ad essere ritratte, ma quelle dell’alta borghesia che venivano esaltate per la loro bellezza, ricchezza, personalità e cultura. L’oligarchia veneziana non amava infatti il concetto del ritratto, soprattutto se riferito alle donne, perché lo vedeva come un’esaltazione del culto della memoria. Pertanto, i ritratti di nobildonne altolocate che celebrano il loro rango, come Isabella d’Este, o di fanciulle aristocratiche in cerca di marito erano molto rari. Al contrario invece il sistema di allora apprezzava la rappresentazione del fascino seduttivo e attraente delle donne dell’alta borghesia. Le belle veneziane erano un soggetto ambito dai collezionisti di tutta Europa. Tiziano e i pittori veneti non mancarono di dipingerle in modo magistrale rivelandole in tutta la loro prorompente bellezza, ricchezza, personalità e sensualità. Donne affascinanti che osservano lo spettatore con occhi vivaci giocano con i capelli e i gioielli, indossano abiti e monili da sogno, si pongono allo sguardo di chi osserva in modo apparentemente invitante o moderatamente lascivo. Reali o immaginarie, promesse spose o cortigiane, eleganti, ricche e raffinate figure femminili che esprimono determinazione, sicurezza, dominio della scena, senso della realtà e piena sincerità dei loro sentimenti.
Il Rinascimento esalta per la prima volta anche il rapporto di coppia. Alle soglie del Cinquecento nasce infatti a Venezia e si diffonde in Europa un tema di successo: dipinti, o anche sculture, che rappresentano affettuose attenzioni fra coppie di amanti: baci, carezze, sguardi languidi, scambio di doni, scene di corteggiamento, di sincere fusioni di autentica e reciproca passione. Quadri che potrebbero essere interpretati anche come scene di prostituzione e di amore a pagamento con collane, monete e strumenti musicali che giocano spesso un ruolo simbolico. Coppie che possono nascere dall’amore ma anche dall’interesse, dalla venalità e dalla lascivia con ragazze insidiate da uomini anziani (tema allora molto in voga in particolare nell’Europa del Nord) in una girandola di sentimenti poco chiari e indefiniti.

Domenico Capriolo 1494-1528, Suonatore di ghironda con giovane donna (Man Playing a Hurdy-Gurdy and a Young Woman),1520

Giovanni Cariani, Giovane donna con vecchio di profilo, 1515-1516

Bernardino Licinio 1485 -1560, Giovane donna con il suo promesso sposo (Young Lady and her betrothed) 1520, olio su tavola
Accanto alle coppie, riprese in molteplici manifestazioni, la cultura del Rinascimento mette in rilievo anche la virtù eroica della donna e il mito, esaltando in entrambi i casi le donne non solo per la loro sensualità e bellezza ma anche per la loro forza morale, determinazione e capacità combattiva. In questo la storia antica, le Sacre Scritture e la mitologia offrivano agli artisti e ai committenti un’ampia scelta di figure femminili esemplari. Emblematica è quella di Lucrezia, bellissima nobildonna dell’antica Roma, modello di saggezza e virtù, che si uccise in seguito allo stupro subito da Sesto Tarquinio, scatenando la ribellione che rovesciò la monarchia romana e inaugurò la Repubblica. Molti pittori del Rinascimento, tra cui Veronese e Tiziano vollero celebrare nei loro quadri la fermezza della donna e la sua volontà di riscatto per l’affronto subito. Tiziano però nei due quadri che fece di Lucrezia, il primo in gioventù e il secondo in età avanzata, mise in risalto due aspetti differenti della violenza maschile nei confronti di Lucrezia.

Tiziano 1488 c.-1576 Lucrezia e suo marito, Lucretia and Her Husband, 1515, olio su legno di pioppo
Nel dipinto giovanile di Tiziano, “Lucrezia e suo marito” il marito affiora dall’ombra dello sfondo in netto contrasto con la figura luminosa della moglie come a dare risalto alla eroica forza e determinazione di lei, spinta anche dalla necessità di salvare l’onore della famiglia e del marito, che nella posa assunta nel quadro incarna un’idea di violenza psicologica.

Tiziano 1488-1576 , Tarquinio e Lucrezia (Tarquin and Lucretia) , 1572-1576 , olio su tela
Nell’opera tarda di Tiziano “Tarquinio e Lucrezia” sono invece la violenza brutale di Tarquinio e la sofferenza fisica e morale della donna ad essere messi in rilievo. Una sorta di condanna, quella percepita dall’immagine di Lucrezia nei quadri di Tiziano, non solo per la violenza fisica dello stupro ma anche per quella psicologica, più sottile, invisibile e strisciante portata avanti dai valori di moralità e integrità sociale e famigliare nei confronti della donna.
Un libro particolarmente di moda nella cultura del Rinascimento fu “Le Metamorfosi”, il poema in latino composto da Ovidio all’inizio del primo secolo d.C. Letto integralmente e ripetutamente, più volte tradotto e interpretato per la sua fantasiosa e ricchissima raccolta di miti e personaggi, il libro nel Cinquecento ispirò un vasto stuolo di artisti, studiosi e letterati. Giove e i suoi ingegnosi travestimenti per sedurre, possedere e ottenere pieno successo nelle sue numerose e fortunate avventure amorose, intrigavano, affascinavano e trascinavano la mente e l’immaginazione nella grandiosità e poesia del mito. Dalla sua lettura Tiziano ne trasse anche la conferma sulla eternità delle passioni umane, l’eroticità dei sensi e del sentimento amoroso che coinvolgeva sia donne che uomini, la piena consapevolezza delle relazioni ardenti e realistiche lontane dalle idealizzazioni letterarie. Ne è un chiaro esempio il dipinto di Tiziano “Venere Marte e Amore” in cui i due amanti, la dea della bellezza e il dio della guerra, si abbracciano immersi in un vibrante scenario naturale. Oppure quello di Danae che si accinge ad accogliere Giove, sotto forma di pioggia d’oro, chiaro riferimento all’amore venale, uno dei più erotici ed espliciti soggetti di Tiziano.

Tiziano e bottega, 1488 -1576 , Venere, Marte e Amore (Venus, Mars and Cupid) 1550, olio su tela

Tiziano e bottega, 1488 -1576 , Venere, Marte e Amore (Venus, Mars and Cupid) 1550, olio su tela
Nei quadri di Tiziano la donna, nel mito come nella vita, domina la scena, esprime fiducia, consapevolezza, sapienza e amore. Un grande messaggio che il pittore ha lasciato non solo alla sua generazione ma anche a quelle successive. Un pensiero attuale e moderno che ha oltrepassato i tempi ed esprime ancora oggi la sua forza e la sua potenza. Lo si vede chiaramente in una delle ultime opere che Tiziano ci ha lasciato “Ninfa e Pastore”, in cui Ninfa domina la scena da protagonista, immersa in una natura che sembra sciogliersi nel tramonto. Una donna del mito, ma anche una donna reale, sdraiata su un fianco, gira le spalle verso l’osservatore, nella sua posa languida e stanca, lo osserva e lo ascolta, mostrando di essere solo lei, la donna, a comprendere la forza del destino, della natura e dell’animo umano, consapevole che solo l’amore possa vincere sempre su ogni cosa. E che amore, impegno, arte e conoscenza possano rendere il mondo migliore. Quello stesso mondo in cui Adamo si perde e si spaventa mentre Eva vi entra con coraggio invitando l’umanità a cogliere i lati belli e positivi di una vita costruita con sapienza.

Tiziano 1488 c.-1576 , Ninfa e pastore (Nymph and Shepherd),1570-1575, olio su tela
“Amore, impegno, arte e conoscenza possono rendere il mondo migliore. Quello stesso mondo in cui Adamo si perde e si spaventa mentre Eva vi entra con coraggio invitando l’umanità a cogliere i lati belli e positivi di una vita costruita con sapienza”

Giornalista