STYLE LIFE & BON TON
ANNAMARIA TOSSANI “Una società basata sul rispetto, l’ascolto e la reciprocità parte dalle buone maniere”
Imparare a muoversi con educazione a tavola e nella vita è alla base di una vita sociale e relazionale felice, appagante e ricca di soddisfazioni personali. Ne è convinta Annamaria Tossani che ha fatto della buona educazione la sua mission. Come spiega in questa intervista ad ArteCultura Magazine
“Vorrei un’educazione senza sottotitoli, senza commenti e spiegazioni, che sia automatica e spontanea. Per non sentir dire: non possiamo fargliela passare ai maleducati, sarebbe ora di dire basta”.
Ha classe da vendere, conosce il saper stare e pure il saper essere. A Firenze la signora dei salotti e del bon ton ha un nome solo: Annamaria Tossani, scelta recentemente anche da Drusilla Foer per il suo Almanacco su Rai2, a insegnare le buone maniere, perfino per spiegare come si dà la mano. Per ripartire dall’inizio, insomma. In un’altra società diciamo ideale, che si dica evoluta, non ce ne sarebbe stato neppure bisogno, a fronte di tutto questo proliferare di chef e contro chef che ordinano come generali di fornello di esser corrisposti in modo militaresco da malcapitati aspiranti cuochi, forse per riscattare origini da pelapatate, dimenticando le buone maniere.
Forse anche lei, anche giornalista enogastronomica, ha notato quanto in questa rigidità di pretese cuciniere, ci sta nascosta una certa maleducazione. Che parte dal gomito sul tavolo (molte volte proprio dagli chef, guarda caso) e poi sempre più spesso mentre si aspettano le portate a tavola, fino all’uso terrificante delle dita delle mani che sistemano i piatti per renderli ‘belli’ all’occhio. Una tragedia insopportabile per chi si occupa di bon ton e ha l’occhio lungo. Tempo fa Annamaria Tossani riuscì a trasferire i suoi modi educati per la prima volta in un museo, al Bardini di via dei Renai, allestendo magnifiche tavole che si vedevano solo qualche decennio fa nelle case e non solo dei nobili fiorentini, che aveva posizionato vicino a delle opere d’arte che mostravano apparecchiature. Una mostra, questa, che è rimasta nella storia e non solo di Firenze, dal titolo “Appunti di stile dell’Italia a tavola” frase che contiene un suo grado di verità.
Tossani, lei in pratica sventola la bandiera del buonsenso, perché tornino a farsi sentire le buone maniere. Ce la farà?
“Io ci provo e sto scrivendo un libro dettagliato. Perché cose che quando ero bambina e poi ragazzina che si davano per scontate, che io ho insegnato alle mie figlie Ludovica e Ginevra, come ha fatto mia madre e fece mia nonna, oggi non esistono neppure più, a parte rare eccezioni. Anche dire grazie, prego, porgere la mano, saper apparecchiare è diventato un optional, mentre la mia educazione, come quella di più di una generazione, era la normalità assoluta. Non esisteva famiglia di nessuna classe sociale in particolare che prima di andare a tavola non augurare il buon appetito. Ora no, pare sia disdicevole. Per dire cosa poi? Niente, la convivialità ha lasciato il posto al guardare i cellulari perfino in dieci minuti che si passano in casa, magari tutti insieme. Credo sinceramente ci sia bisogno di una riflessione su usi e costumi”.
Ci parli di questo progetto-libro che parte da alcune sue trasmissioni in tv.
“Tutto parte dal mio lavoro di critica enogastronomica e autrice di studi che riguardano la cucina toscana del Rinascimento, tra cui il recente volume che ho scritto, “La Tavola del Pontormo” con Ludovica Segrebondi. Si sa quanto la cucina toscana abbia un ruolo di rilievo a livello non solo nazionale, ma anche molto internazionale: per questo è necessario distinguere sulla base delle competenze e delle esperienze, armonie, sapori ed odori formulando giudizi corretti ed equilibrati. Oggi il problema è che ce ne sono troppi di questi sedicenti critici, nati spesso dalla possibilità di condividere contenuti in rete senza filtri preventivi. Ma la cosa è risaputa a ogni livello”.
E lei si concentra su tutto ciò che riguarda l’educazione e non solo a tavola.
“Esatto, almeno ci provo: qualsiasi tipologia di rapporto con le più disparate persone e in ogni circostanza dovrebbe basarsi sul principio fondamentale della cosiddetta buona educazione. Quanto risulta stridente sentire pontificare sull’arte del ricevere o sull’uso del cellulare in treno quando, in fin dei conti, diciamoci le cose come stanno: il mondo è pieno di persone egoiste, individualiste e maleducate. A volte credo di essere io quella sbagliata”.
Cosa si intende per buona educazione?
“Secondo me non esiste più sapersi vestire secondo regole codificate: chi indossa più l’ermellino per andare a teatro? Per essere eleganti ed appropriate in ogni occasione, e sapere preparare la tavola nel modo più consono, ma molto di più, bisogna guardare alla sostanza oltre che alla forma. Buona educazione significa avere rispetto per sé e per gli altri, in una convivenza armoniosa per il benessere di tutti e per mirare al ritorno di una società anche più sana.
Poter fare tutto non significa che tutto sia opportuno, ma basta tenere presenti alcuni principi che poi, nonostante l’evoluzione dei costumi e della tecnologia, al fondo sono sempre gli stessi”.
Spieghi meglio cosa lega questo ragionamento al bon ton.
“Ormai, attraverso i vari interventi televisivi, anche miei, delle più illustri maestre di etichetta tutti sappiamo come apparecchiare una tavola: il piattino del pane va a sinistra, il calice del bianco non per il rosso, e il rossetto sul bicchiere mai. Le regole sono semplificate, ma hanno tutte alla base la dignità ed il rispetto di sé per non mettersi e mettere in imbarazzo. Insieme al riserbo ed alla compostezza sono valori individuali che considero fondamentali per saper gestire il nostro comportamento in una società che ogni giorno si confronta con situazioni nuove, sfide, accadimenti e stili di vita diversi in una connessione quotidiana con il resto del mondo”.
Perchè educazione significa?
“Anche abbandonare l’arroganza e quel senso di superiorità che spesso viene fuori anche dai piccoli gesti. Per questo diventa necessario ritrovare quella parte di noi che è il cuore e la gentilezza: donando, per poi ricevere. Per me le regole auree sono: osservarsi ed osservare. Poi ascoltarsi ed ascoltare per ritrovare in noi e negli altri antichi insegnamenti familiari: sono le regole che spesso non ricordiamo, memorie di divieti e precetti da cui ci siamo allontanati senza un vero perché, né una spiegazione. La famiglia e la scuola dovrebbero aver istituito la base per saper come comportarsi e quelle regole sono ancora attuali e semplici da mettere in pratica, fondamentali anche per essere un buon cittadino”.
Rispetto dunque al primo posto?
“Certo, e bon ton alla fine non suona più come termine giusto per indicare la complessità semplice di una buona educazione, troppo elitario, presuntuoso se pretende solo di insegnare. Esistono tante altre parole all’interno del concetto di buona educazione. Parole come serietà, rispetto, ritegno, compostezza, anche bontà d’animo, pacatezza, riflessione, controllo tutto ciò risolto in una sola parola: dignità e assoluto rifiuto dell’arroganza, di parole e di gesti ormai dilagante”.
Un libro e in tv per?
“Dire basta alla volgarità che oggi si esprime in mille modi, alla violenza verbale. Basta santificare l’ostentazione di simboli di ricchezze vere o presunte, basta apparire ma essere. È la filosofia che ho portato avanti per una vita.
Umiltà e comprensione sono più importanti per affrontare gli altri”. Una posizione giustificata da buone intenzioni, mai fallimento della mediazione, per riportare anche lo stile italiano a tavola. Ma anche nella società.
“Basta alla volgarità che oggi si esprime in mille modi, alla violenza verbale. Basta santificare l’ostentazione di simboli di ricchezze vere o presunte, basta apparire…..ma essere!”
Giornalista