PUBBLICO & PRIVATO
Il mecenatismo d’impresa al servizio
dell’arte
Un tempo era una realtà quasi esclusivamente anglosassone, complici la cultura di mercato e la scarsa presenza dello Stato. Ora i finanziamenti privati destinati a servizi di pubblico interesse alimentano un fenomeno sempre più italiano
La Fondazione Bracco è un esempio conclamato di mecenatismo d’impresa nelle aree Arte, Sociale e Scienza. Diversificazione è la parola d’ordine in Bracco, leader mondiale nell’imaging diagnostico: una delle dieci scoperte più importanti della storia della Medicina. Spesso promuove analisi tecniche e indagini radiologiche applicate ai dipinti per far vedere le opere “dal di dentro” svelandone i misteri. Il caso dei capolavori di Caravaggio al Palazzo Reale di Milano e che a dialogo con apparati multimediali realizzati dall’Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare del Cnr hanno consentito di andare oltre le tele stesse. Un’attitudine che ha portato la FB ad aderire a “Tutto inizia da un’idea”, la mostra online lanciata in marzo da Google Arts & Culture. La Fondazione milanese ha presentato nove storie interattive dedicate alla scienza e in particolare alla diagnostica per immagini anche applicata al patrimonio artistico, dalle opere di Caravaggio ai violini, come il “Piccolo” di Lorenzo Storioni: un esemplare del 1793 restaurato con donazioni Bracco e soprattutto soggetto a una serie di indagini (fotografiche, microscopiche, radiografiche, endoscopiche e spettroscopiche) grazie alle quali i ricercatori hanno sviluppato un protocollo analitico in grado di caratterizzare i materiali storici originali, quali vernici, pigmenti e trattamenti del legno. Tali risultati rappresentano un contributo di grande interesse per i liutai contemporanei.
Nel mondo dell’arte contemporanea è stato fondamentale l’apporto dal mondo della Moda, basti pensare alle operazioni che fanno capo a Prada, Furla o Trussardi. “Dal Duemila, e in maniera aggressiva negli ultimi 10 anni, una bella iniezione di energia è venuta proprio dalle fondazioni private che paradossalmente hanno reso pubblica l’arte, hanno dato una nuova scossa”. A dirlo è Massimiliano Gioni,l’italiano più influente nel mondo dell’arte contemporanea, il quindicesimo più potente del settore secondo ArtReview che annualmente stila la classifica Power100. Uno che guarda all’Italia con gli occhi di chi consce il mondo, considerando che, con la moglie Cecilia Alemani, anch’ella curatrice d’arte e direttrice di musei, costituisce uno dei nomi chiave del mondo dell’arte a New York: il cuore pulsante dell’arte contemporanea, la capitale del mercato di prima fascia. Gioni vive e opera nella Grande Mela, ma conosce bene la realtà italiana, è il direttore artistico della Fondazione Trussardi cui va il merito di aver dato ossigeno all’arte contemporanea a Milano creando la formula di un museo nomade, fuori dagli spazi espositivi di Palazzo Trussardi: le mostre viaggiano per Milano, immerse nella quotidianità, per la gioia e il consumo del cittadino. Fra gli hits, La Terra Inquieta, La Grande Madre e la recente installazione di Porta Venezia: i Caselli Daziari rivisitati da Ibrahim Mahama.
Fondazioni tutte che operano con un’efficacia e un’efficienza tipica delle imprese avvezze ai contesti competitivi di mercato. Fondatore e squadra di collaboratori hanno un vissuto imprenditoriale. Così fu per Carla Fendi, donna dinamica, dalle mille risorse, innamorata del Bello e amica di musicisti, artisti, registi, cineasti. Dopo mezzo secolo nella moda, dopo aver promosso lo sbarco e permanenza sul mercato internazionale delle doppie FF -la seconda, per la verità, è rovesciata-, visse la sua seconda vita professionale da mecenate. Così creò la Fondazione a lei intitolata, concepita come strumento per promuovere l’arte e l’artigianato italiani. Ora la conduce la nipote prediletta, Maria Teresa Venturini Fendi. Grazie a questa Fondazione, è stato restaurato il Teatro Caio Melisso a Spoleto: ricostruito di sana pianta e culla di eventifirmati da personaggi chiave del mondo della cultura: da Sandro Chia al regista Peter Greenaway, Massimo Cacciari, Antonio Pappano, Riccardo Muti. Il tutto nell’ambito del Festival dei Due Mondi, che molto deve alle doppie FF.
Altra impresa che sta dando ossigeno all’arte italiana è Furla, dal 1989 presieduta da Giovanna Furlanetto. Che ha deciso di far dialogare arte e impresa, due mondi che possono migliorare vicendevolmente se dialogano, sostiene lei, «l’industria offre un sostegno economico, un po’ come è accaduto con il mecenatismo. L’arte offre risposte, dirette e indirette, a tante domande del mondo imprenditoriale». I progetti che mette in campo sono volti anzitutto a offrire trampolini di lancio, visibilità e sostegno ai talenti d’ultima generazione. “Purtroppo nel nostro Paese mancano le iniziative capaci di offrire visibilità ai nostri talenti, invece dovremmo sforzarci per lanciarli anche sui mercati esteri”, spiega. Dal 2000, per 15 anni il Premio Furla è stato il più importante riconoscimento per giovani artisti, ne ha lanciati più di cinquanta, “tanti di loro sono passati dalla Biennale che è un osservatorio molto importante, uno dei momenti in cui si accende l’attenzione mondiale sul contemporaneo”. Ora l’esperienza del Premio si è conclusa, la Fondazione ha avviato il progetto di mostre ed eventi pluriennali Furla Series, un programma di performing arts in collaborazione con il Museo del Novecento di Milano.
Altro colosso della moda attivo in tal senso è la maison di Miuccia Prada che ciclicamente fa interventi di rilievo. Si va dal restauro dell’Ultima cena di Giorgio Vasari, dipinto rovinato dall’alluvione del 1966, al rinnovo del quinto e sesto piano dell’Ottagono della Galleria Vittorio Emanuele II a Milano. Ha aperto una sede permanente a Milano, in Largo Isarco, e a Venezia, nel Palazzo Ca’ Corner della Regina a Venezia. Dal 1993 a oggi, ha sostenuto 20 mostre temporanee, mostre personali, collettive, 16 progetti cinematografici, progetti speciali, 59 pubblicazioni….la lista è lunga.
La sovrabbondanza di beni d’arte sul territorio e l’oggettiva impossibilità da parte del pubblico a sostenerne il mantenimento invita ad imboccare sempre di più la via dell’alleanza fra pubblico e privato. Conoscere il valore degli asset culturali non è semplice, però si stima che lo Stato italiano gestisca 219 miliardi di beni artistici di cui 149 negli archivi. Beni artistici mobili e immobili che offrono una dote miliardaria ma che richiedono investimenti continui. Le raccolte delle Gallerie degli Uffizi, per esempio, valgono 1,9 miliardi contro gli 89 milioni di sterline del British Museum. Il solo Archivio di Stato di Firenze è stato computato oltre 20 miliardi.
Un contributo a stringere l’alleanza fra privato e pubblico arriva dall’Art Bonus, lo sconto fiscale del 65% riconosciuto sui contributi destinati alla cultura, un matrimonio – tra fisco e arte – che in tre anni ha prodotto più di 200milioni di erogazioni. La Lombardia è campionessa, in testa alla classifica per numero di mecenati ed erogazioni (72 milioni). La segue il Veneto con 30 milioni di erogazioni. L’Art Bonus è giusto un inizio. La strada da percorrere è ancora lunga.
Giornalista