MODERNITA’ LIQUIDA
Più di un life style l’approccio Millennial alla vita
Anticonformisti, pionieri dello smart working, sensibili ai valori ambientali, sociali e alla condivisione. Ma anche individualisti, veloci, pratici e sempre connessi. Sono i nati delle generazioni Y e Z, vicini nel tempo e già diversi, ma uniti nell’imprimere una svolta epocale all’arte, alla cultura e alla stessa esistenza.
Donatella Zucca
Ormai sempre più un modo generico di indicare le nuove generazioni, il termine Millennial identifica i nati tra il 1981 e il 1995, circa 13 milioni di italiani vissuti in piena rivoluzione informatica, con la nascita di internet e del digitale, quindi l’interazione coi contenuti dei siti e oggi quella tra uomo e macchina pensante. Una generazione aperta al nuovo e al diverso, colpita dalla crisi del 2007 ma coccolata e viziata da genitori vissuti nel boom economico, che utilizza molto internet e alimenta il proprio io sui social network. La prima vera global generation, quella che a oggi ha viaggiato di più per il mondo. Caratteristiche e vissuti già diversi dalla generazione Z venuta al mondo dal 1996 al 2010, un mondo super tecnologico, perciò abile e veloce nell’utilizzarne e valutarne strumenti e prodotti. Una gioventù impaziente, sempre connessa, specialmente da mobile, che preferisce messaggi visivi e veloci, incline a cambiare e a passare dal virtuale al reale, che usa linguaggi semplici, guarda al futuro, ascolta influencer e blogger. I primi già adulti, gli altri non ancora, ma tutti e due immersi nel nuovo millennio, talvolta con ruoli da protagonisti, talvolta di figli insofferenti e critici, ma sempre leve di una svolta epocale a cui istituzioni e aziende non possono fare a meno di rivolgere massima attenzione. Figli di un pianeta minacciato dal riscaldamento globale e i suoi gravi effetti, quindi con una sentita sensibilità ambientale e, consapevoli che gran parte del mondo vive in povertà, anche sociale.
La maggior parte degli studi sui giovani, si riferiscono a quelli delle aree geografiche più privilegiate e colte, una posizione di comodo che però permette di guardare oltre i propri orizzonti geografici, politici e temporali. Millennial Survey di Deloitte, Morgan Stanley, CFA Institute Research Fundation e, per l’Italia il rapporto CivitaMillennials e Cultura nell’era digitale, concordano nel dire quanto sia importante rivolgere l’attenzione su di loro nel vivere il presente e costruire il futuro, un futuro in cui anche il business si dovrà valutare in termini che vanno oltre l’ottica finanziaria. I nuovi giovani sono propensi a investire in attività a impatto sociale e culturale, amano più l’esperienza che il possesso, esibiscono la propria individualità. Persino nella scelta di forme d’arte e artisti cercano una sintonia con la loro personalità. Per farlo consultano esperti, gallerie e artisti attraverso il web e i social media, spesso scoprendo dei superlativi esordienti e creando connessioni col mondo dell’arte, segnalando artisti, organizzando gallerie online, esprimendo proprie opinioni e dando voce a quelle di altri. Un modo di approcciare l’arte molto lontano da quello classico. Per loro comunque non tutto deve avvenire online, studi mostrano che acquistano molto anche off-line, partecipano a fiere, organizzano eventi, visitano le gallerie e amano conoscere di persona gli artisti. Per gli artisti emergenti, che prima dovevano farsi conoscereda un art dealer, poi agente, broker etc, oggi è indispensbile crearsi una propria community, per lo più fatta di artisti che beneficiano del supporto e la visibilità l’uno dell’altro, una via al successo che può dare ottimi risultati. A causa di anni di crisi o della giovane età, difficilmente dispongono di grandi risorse economiche, quelli che invece le hanno, investono fortemente nell’arte e nel collezionismo d’arte. Secondo un’indaginedi ArtsEconomics e UBS Investor Watch su più di 1.300 collezionisti HNW sparsi in 7 mercati, i millennial sono quelli che spendono di più in arte e pezzi da collezione. Mediamente 3mln di $ in due anni e con 76 opere nelle proprie collezioni, più del 30% conservate in caveau di banche o depositi in Porto Franco e con una frequenza di rivendita inferiore ai quattro anni. I collezionisti Millennial HNW acquistano per il 92% online, il 36% spendendo più di $ 50.000 a opera o oggetto d’arte, du cui il 9% sopra il milione.Un’altra curiosità è che gran parte di queste ricchissime opere d’arte sono fatte dalle generazioni Y e Z.
Una dimostrazione dei loro elevati ruoli di creatori e investitori, è la piattaforma globale d’investimento nell’arte digitale ARTCELS di Elio D’Anna, giovane imprenditore artistico/tecnologico di base a Londra, che ha lanciato il portfolio artistico blue-chip Millennials. Disponibile come proprietà basata su azioni che utilizzano token non fungibili NFT, è sostenuta da ARTEM, una propria rivoluzionaria criptovaluta svizzera. In sintonia con i mood più giovani, le opere sono state anche fisicamente esposte alla Hofa Gallery di Londra, come quelle di Mikonos e Los Angeles, un gruppo di gallerie di cui D’Anna è co-fondatore. Tra gli artisti, nomi di grandi giovani come Banksy, Nina Chanel Abney, Jonas Wood, e altri.“ARTCELS ha lanciato il suo primo portafoglio di investimenti in arte blue-chip XXI all’inizio del 2020, ed è stato un successo”, spiega Elio D’Anna, “nel 2021 col nuovo portfolio Millennials abbiamo voluto sognare più in grande, puntare più in alto, rappresenta il meglio dell’arte contemporanea e siamo fiduciosi che i nostri potenziali e attuali investitori saranno molto soddisfatti della qualità dell’arte e della portata potenzialmente significativa dei loro ritorni di investimento “.Il consumatore millennial non segue correnti, ha grande sensibilità green, ama il design e ha un senso estetico tutto suo, adattabile a esigenze personali e di spazio. Pioniere dello smart working, il suo concetto di casa e posto di lavoro è multifunzionale. La casa, uno spazio confortevole dove vivere tutto il giorno, che offre un’area dedicata al lavoro o lo studio., in genere orientate a minimizzare gli sprechi, potendo gestite dalla domotica, con tanto marmo, legno, cotone e seta.Il posto di lavoro, un accogliente spazio d’incontro, con postazioni personalizzabili, da alternare allo smart working in casa, aeroporto, hotel, treno, aereo e, quando sarà più sicuro, auto senza conducente. Nel modo di vestire e abitare, il millennial ricorre a insiemi interessanti di cheap and chic e arredi mix & matcht da poter facilmente cambiare, con piccoli giardini e verde verticale. Da creatore raramente è solo pittore, disegnatore, scultore, cineasta, digital player o scenografo, più spesso genera emozioni attraverso un mix di queste e altre cose. Se il cinema rientra nelle sue corde, già da prima della pandemia il teatro molto meno, da spettatore un legame c’è: nel 2017 il 22,7% tra i 20 e i 22 anni ha assistito almeno a uno spettacolo l’anno, contro una media nazionale di 19,2% (dati ISTAT). Secondo Michele Panella direttore artistico di Tramedautore, l’abitudine a lavorare in team, lo porta a unire forze economiche e artistiche per progetti dove il regista ha meno potere, il drammaturgo lo recupera e l’autore segue la preparazione dello spettacolo.
Alcuni grandi artisti Y e Z. Di base a New Haven e nata ad Harlem nel 1990, Tschabalala Self viene scoperta nel 2016 da Jeffrey Deitch, che la fa partecipare al Booth at Art Basel Miami e 3 anni dopo la sua opera Out of Body è battuta da Christie’s a $382,000, cinque volte più della stima iniziale. La sua arte parla di Harlem e dell’impatto fisico/emotivo del corpo femminile nero, delle intersezioni tra razza, genere e sessualità, nel tentativo di cambiare le idee sbagliate sul corpo nero. Tra le sue mostre personali: la BodegaRun al Yuz Museum di Shangai nel 2018, nel 2019 al ICA di Boston e all’Hammer Museum di LA. Nato nel 1993 inMaryland, Louis Fratinoè un altro primo attore. I suoi dipinti riprendono ricordi personali e ritraggono i gay di New York City nella loro quotidianità. Soggetti che ama, rappresentati rifacendosi a stili di artisti del XX secolo come Picasso, Léger, Matisse. In aprile Sotheby’s ha battuto a 40,320 GBP il suo dipinto Pit Stop.Pittore, scultore, incisore, design, graffittista e autore di progetti curatoriali, Nicolas Party è un tipico esempio di artista millennial. Nato a Losanna nel 1980, vive e lavora tra Bruxelles e New York, nelle opere mette in scena la quotidianità familiare, attraverso presenze dilatate dei suoi oggetti, nei colori dell’impressionismo e con influenze di artisti come Hockney, Cezanne, Morandi. Nel mondo, importanti gallerie, musei e location hanno ospitato le sue opere in personali e collettive.È la natura invece a guidare Sam Falls, nato nel 1984 a San Diego e di base a LA, famoso per applicare processi artistici ai fenomeni naturali.Sculture, dipinti, foto, installazioni e disegni in divenire, perchè lasciati per molto all’aperto, agli effetti del clima e del tempo. Modern Painter lo ha inserito fra i “100 Artist to Watch”, di Artforum in “Best of 2011” e di Forbes in “Top Under 30”. Nato aJesi nel 1983e di base a Londra, Patrizio Di Massimo, declina l’arte in modo teatrale, inquietante e irriverente, pervadendola di una forte angoscia esistenziale. Sculture, quadri, tele e, nell’opera Per Bacco alla galleria Frescobaldi di CastelGiocondo, ceramiche in cui figure classiche e ironiche s’alternano a scene erotiche e spaventose. Nelle sue mostre personali e in un centinaio tra collettive e performances, cita opere, rivisita fotografie celebri e ritrae amici in arte dando risalto ai loro indumenti griffati e ai dettagli.
“A differenza della generazione X e dei baby-boomer più facili da identificare, I contorni delle generazioni Y e Z sono difficilmente perimetrabili in quanto sfumano continuamente”. Spiega Alfredo Valeri responsabile della Ricerca al Centro Studi di Associazione Civita, che ha condotto e coordinato il rapporto Civita Millennials e Culture nell’Era Digitale.In Italia il primo ad analizzare i giovani, partendo da studi in chiave di marketing aziendali e traducendoli in policy culturale.
Quanto è importante il contesto in cui vivono?
“Molto. Analizzare i ragazzi significa partire dalle caratteristiche della società e il quadro economico con cui hanno a che fare. Il metodo per farlo è stato al centro di un dibattito che ha preceduto il lavoro da cui è nato il rapporto. Un anno di studi sui giovani e il loro rapporto con la cultura, da cui il materiale più interessante è venuto dal mondo delle aziende, specialmente se big dell’audiovisivo, e non dalla sociologia, anche se mostra attenzione per certi segmenti”.
Nel rapporto avete diviso i giovani Z e Y in custodi, artefici, funambuli e cercatori. Perché delle categorie in un mondo dominato dalla decompartimentazione?
“È una caratteristica dei millennial e i centennial, che non si riconoscono in una fascia di classificazione generazionale, ma in base agli interessi, le aspirazioni e ciò che sanno. Uno su dieci conosce il significato di generazioni Y e Z. Nei comportamenti emergono delle differenze profonde legate al luogo in cui vivono, non alla fascia d’età, anche se c’è e influisce sull’indole. Le 4 sotto-classificazioni si riferiscono alle differenze attitudinali e di rapporto con la cultura come consumo e pratica creativa. I cercatori, per esempio, tendono a essere critici, hanno forti presenze femminili e vivono nel mezzogiorno, i funamboli appartengono alle città medio grandi del nord ovest e sono legati all’etica del lavoro come mezzo di affermazione del successo”.
Una suddivisione estendibile al mondo, il contesto di un ragazzo di NY è diverso da quello di certe zone di Africa o Asia, dove comunque sono connessi al mondo.
“Connessione globale e internazionalità sono un’altra caratteristica. Vari studi definiscono la generazione Y la più mobile della storia, un po’ meno la Z perché molto giovane. Il problema sarà capire il trauma che subiranno dopo il cambiamento degli stili di vita di questi due anni.
Attraverso la rete, e spesso con successo, trovano da soli mercati di sbocco per la loro progettualità. È positivo o negativo?
“Domanda complessa. Seguo con un occhio particolare il settore del crowdfunding, quindi la possibilità di finanziare i propri progetti culturali e creativi attraverso la rete, di creare il proprio futuro e rendersi indipendenti, in modo diverso dai metodi tradizionali. Ormai esistono diverse piattaforme che consentono loro di farlo, come Patreon, che permette ai fan dell’artista che ne sottoscrive l’abbonamento, di sostenere i suoi processi creativi e all’artista di costruire una sua carriera indipendente. Ma, se da una parte si aprono opportunità prima inesistenti, dall’altra c’è l’impressione che molti millennial abbiano rinunciato a mettersi veramente in gioco in un mercato a tutti gli effetti, siano arrendevoli nel prendere in pugno le situazioni. In questo, la generazione Z mostra un po’ più di tenacia. Le logiche di accesso al mercato del creativo sono cambiate, non so se sia più facile o no, comunque è una sfida da affrontare con preparazione, alcuni lo fanno attraverso tutorials, anche a costo zero. È necessario confezionare un pacchetto di comunicazione attorno a se, costruire una storytelling con un linguaggio adeguato al canale e al media che si utilizza. I giovanissimi sono facilitati grazie a una grande dimestichezza con gli strumenti digitali”.
Sembra che i più giovani usino l’web per uscire dal web, per dare fisicità al virtuale e facciano tutto troppo da soli. Non crede che si dovrebbe declinare la cultura in maniera più adeguata?
Si, specialmente alla generazione Z e i brand lo hanno capito benissimo. Se al millennial vendono un’esperienza che può essere prettamente virtuale, al fratello della Z devono comunicare attraverso l’web e poi dare la possibilità di vivere concretamente il prodotto. In Italia siamo sicuramente molto indietro, macro istituzioni e micro istituzioni territoriali mostrano indifferenza verso le caratteristiche. Si continua a ragionare nell’ottica dei Baby Boomer quando in realtà il mondo è cambiato, si utilizzano i social per comunicare in modo bilaterale, tra l’altro social che i giovanissimi usano molto meno. Una generazione che gli operatori culturali non riescono a intercettare e accompagnare, cosa che invece fanno benissimo le aziende, che puntano a vendere e fare engagement su di loro. Naturalmente ci vuole preparazione. Purtroppo ì ragazzi intervistati legavano l’ambito culturale a una visione di tipo classico e consideravano tutto ciò che ha a che fare con l’audiovisivo non appartenente al mondo della cultura. Un mondo che deve cambiare se si vuole che capiscano che anche queste produzioni sono forme di cultura e come tali vanno considerate e incentivate”. Il prossimo rapporto Civita sarà sulla trasformazione legata alla pandemia, il digitale per mettere in contatto la cultura con l’audience e coinvolgere di più i giovani, l’uso di linguaggi immersivi, realtà virtuale aumentata, gaming etc
A proposito di gaming e non solo, sentiamo il millennial Fabio Viola, a 25 anni collaboratore di Electronic Arts Mobile UK, poi Country Manager per Vivendi Games Mobile, fondatore di startup di gamification e gaming nella cultura, autore di libri e saggi, sceneggiatore e producer di Father and Son per il museo di archeologia di Napoli, primo videogioco di un museo. “Credo nell’idea dell’universalità di certe emozioni e relazioni”, spiega Fabio, “l’obiettivo del gioco era far capire che, indipendentemente dall’epoca in cui si vive, l’emozione di dare un bacio sotto un cielo stellato non è mai cambiata, così come il rapporto tra padre e figlio, con i suoi punti di forza e debolezza. È un invito a vedere i musei come luoghi dove sono depositate e transitate emozioni di persone come noi.
Sbaglio o le generazioni Y e Z stanno vivendo un nuovo Rinascimento senza conoscere l’originale?
Oggi la temporalità si è schiacciata su di se, in senso positivo e negativo, non si vive più programmando il futuro e si pensa che l’unica dimensione possibile sia quella del Hic et Nunc. Una mancanza di procrastinazione, attesa e riscoperta delle origini confermata da una serie di dati.Avere dei riferimenti pregressi è fondamentale, ma la domanda da porsi è cosa e quali debbano essere per le nuove generazioni, già molto diversi dai miei e da chi è nato prima di loro. Quello che spesso cercano di fare è un’attualizzazione dei modelli. Pur cambiando nome e contesto di riferimento, ci sono forme in cui il passato continua a vivere, in cui emozioni e storie sono le stesse. HarryPotter e Star Wars non sono che una modernizzazione dell’Odissea e dell’Iliade, per Star Wars George Lucas si è ispirato a Joseph Campbell, un grande studioso di mitologia, che ha dato il più importante saggio del novecento.
L’arte del Coinvogimento di cui parli nel tuo libro ha qualcosa in comune con gli open party e gli happening di fine anni 60?
Sarei per rispondere di sì, ma dico no, nonostante sia un mondo che sicuramente considererò in un mio nuovo libro legato al tema della partecipazione. L’arte del Coinvolgimento vuole essere un invito a enti pubblici, aziende e persone, a mettere al centro il coinvolgimento come motore pulsante del 21esimo secolo. La società verso cui sta andando non sarà più quella del dover fare ma del voler fare, e l’unico modo per non obbligare è appassionare, emozionare.
C’è qualcosa oggi che le nuove generazioni vorrebbero cambiare e per cui siano pronte a battersi?
Un tema portante è quello legato all’ambiente, Greta Thunberg è l’esempio di quel movimento, sicuramente centrale per il futuro del pianeta. Poi molti valori legati all’inclusività e all’accettazione di chi è diverso, soprattutto propri della generazione Z che, in tutto il mondo, sta crescendo in ambienti muliculturali. Loro sono portatori sani di grande coattiviltà e creatività, espressenei loro modi, linguaggi e tempi, spesso suscitando attriti con i precedenti di considerazione della cultura e i suoi luoghi.A loro modo stanno protestando, purtroppo non più in maniera fisica, non più scendendo in piazza in modo organizzato, ma ognuno dalla propria stanza, in maniera connettiva, non collettiva.
Quale è il tipo di gioco preferito dagli Y e gli Z?
Esistono diverse tipologie di giochi tutti ampliamente utilizzati da persone che rientrano in quel range cronologico. Alcuni sono molto veloci, in altri bisogna creare da zero qualcosa e altri hanno una forte componente di narrazione. Per fortuna, sempe più rispetto ai decenni passati, c’è una diversificazione dell’offerta di giochi con temi e modalità molto diverse tra di loro che trovano pubblici ricettivi.Queste generazioni sono onnivereverso tutto ciò che è un nuovo contenuto.
La divisione tra teatro, cinema, musica, design, pittura, grafica, scultura oggi non c’è più, ogni creazione tende a essere un mix di queste cose o sbaglio ?
Concordo. Tutto il mio lavoro è volto a un tentativo di decompartimentare ciò che viene ritenuto cultura, segmentata per cronologie o per supporti. Io credo che un libro, un gioco, una statua, un quadro, una musica, debbano essere assimilate nella loro capacità di trasferire immaginari, racconti, emozioni e quindi messi insieme in un ipotetico unico scaffale di una biblioteca.
Nelle nuove forme d’arte, spesso manca l’oggetto da tramandare. Cosa resterà di noi se la tecnologia dovesse andare in corto?
Da un lato la tecnologia permette più facilmente di protrarre all’infinito un contenuto, facilita la possibilità di essere elaborato da altri, prendendo mano a mano infinite vite, dall’altro, essendo digitale porta con se il rischio di grandi problemi legati alla conservazione. La sfida è fomare nuovi restauratori che dovranno lavorare sui bites per trovare il modo di conservarli.
Sul web i giovanissimi fanno giochi di sfida alla fisicità, come ne avessero perso il senso, vivendo il reale come virtuale. Perché?
Le mappe emotive e cognitive si formano nei primi 5 anni di vita, quindi anche la gestione della propria fisicità. Probabilmente dovremmo retrodatare ai primissimi anni di vita la responsabilità di cosa sta accadendo. Un compito che solo scuola e famiglia possono assolvere, ma se non hanno gli strumenti o la voglia di farlo e il gioco come strumento digitale diventa un parcheggio o uno strumento facile da mettere nelle loro mani, possono nascere veri problemi.
Da millennial conoscitore dei millennial, quali sono le vostre caratteristiche?
Credo una turbolenza e un senso di immediatezza maggiore rispetto alle generazioni precedenti, la necessità di ricevere maggiori feedback, una insicurezza di fondo, più curiosità e propensione a lasciare traccia del proprio passaggio, sulla cui qualità si può discutere. Se penso a mio padre e al nonno, vedo che ne hanno lasciate molte meno. Più che dai social e internet, questo dipende da un’inclinazione a essere verso gli altri, una certa estroversione, voglia di essere padroni di se anche in ambito lavorativo, ritrosia a restare decenni nello stesso posto di lavoro, piacere di rimettersi in gioco. Tra le due generazioni c’è un abisso. ll grande discrimine generazionale è stato l’avvento della rivoluzione tecnologica che ha portato internet. Con internet nasce una cesoia profonda, che io stesso ho vissuto diversamente da chi è nato dopo di me e pensa sia normale avere in qualche secondo la risposta a un messaggio inviato all’altra parte del mondo”. Come dice Fabio, passaggi veloci non ancora studiati a dovere, accellerati da un mondo tecnologico cui la nostra mente dovrà adattarsi. “Il processo di adattamento neuronale sarà lungo, stando ogni giorno ore a digitare cambierà anche il corpo, nei più giovani già si registra un indebolimento delle fasce muscolari”.
Giornalista e scenografa