INTERVISTA
PIER LUIGI PIZZI La passione perpetua per il teatro e l’opera lirica
A 94 anni, Pier Luigi Pizzi non si ferma: nominato direttore artistico per la 70ª edizione del Festival Puccini, rivela, in questa intervista ad ArteCultura Magazine, il suo approccio unico e la sua visione artistica che lo hanno reso famoso sulla scena italiana e internazionale.
“Non sono qui per fare il direttore artistico a vita, ma per fare questo festival e farlo nella sua totalità”. Così parlò un intellettuale umanista colto e simpatico che ha dedicato una vita al teatro e all’opera lirica, con sguardo da esteta colto e raffinato. Il suo nome è Pier Luigi Pizzi, una carriera lunga così da regista, scenografo e anche costumista: il mondo del teatro e dell’opera lirica gli sono grati, pubblico compreso: ambienti dove tutti sanno bene quanto Pizzi sia una delle personalità non solo più note d’Italia, ma anche apprezzate in ambito internazionale. Il Maestro, occhi chiari e pungenti, fisico asciutto, classe 1930, segno zodiacale Gemelli, è nato il 15 giugno a Milano. Parte da una formazione al Politecnico di Milano che ha poi lasciato per dedicarsi al suo grande amore, il teatro appunto. Non c’è palcoscenico di mezzo mondo dove i suoi spettacoli non abbiano trionfato e questo suo comune denominatore super riconoscibile: eleganza di scene e costumi; la coerenza storica ed estetica di ogni allestimento. Per questo suo prezioso sigillo di qualità altissima, è stato scelto, preso bonariamente un po’ in contropiede, dal Festival Puccini e nominato direttore artistico dell’edizione numero 70 alla bella età di 94 anni – “La vita è adesso”, cantava Baglioni – del Festival di Torre del Lago. Tra il 12 luglio e il 24 agosto 2024 al Gran Teatro saranno presentati sei titoli in ordine cronologico: i primi cinque, per delineare la crescita compositiva di Puccini. E l’ultimo, per sottolinearne il compimento.
Maestro Pizzi, lei si sarà confrontato con Puccini tante volte: è cambiata l’emozione?
“Sì, è cambiata. Nel senso che è aumentata a dismisura. Tardivamente, perché all’inizio della mia carriera di scenografo avevo qualche riserva sulla musica di Puccini, che consideravo, in modo riduttivo, puramente verista. Soprattutto quando mi sono confrontato con le opere di Puccini da regista ho capito quanto questo genio fosse capace di volare altissimo”.
Il suo nuovo incarico al Pucciniano di Torre del Lago: se l’aspettava questa nomina?
“Assolutamente no. L’anno scorso, alla mia seconda esperienza a Torre del Lago, nell’euforia del successo di Madama Butterfly, il direttore Franco Moretti e il Cda mi hanno chiesto di essere direttore artistico della 70a edizione del Festival. Ho esitato, perché ho dovuto valutarne le difficoltà. Ho anche posto alcune condizioni, per esempio, assumere l’incarico per la sola edizione del centenario e poter avere carta bianca nella composizione del programma. Una volta rassicurato su questi punti ho accettato con grande entusiasmo, pur consapevole della responsabilità che questa decisione avrebbe comportato”.
Come ha pensato al cartellone?
“L’idea è stata di proporre in ordine cronologico le opere del Maestro Puccini, a partire da Le Willis ed Edgar, che costituiscono il dittico presentato la sera dell’inaugurazione. A questo farà seguito Manon Lescaut, La Bohème e Tosca. A conclusione ci sarà Turandot, nella versione che il Maestro ci ha lasciato e cioè fino alla morte di Liù. Ritengo che il finale di Alfano, per quanto liberatorio, risulti pleonastico. Mi pare più interessante restare sulle note sublimi che corrispondono anche all’ultimo respiro di Liù”.
Cosa mi dice di un festival unico, strettamente legato al territorio?
“Questo Festival è pensato come un progetto unico, nel quale dovrò condividere la responsabilità di regista e scenografo con Massimo Gasparon, al quale ho affidato gli allestimenti di Manon Lescaut e La Bohème lasciandomi le altre opere programmate. La scelta di Massimo Gasparon non è casuale: nasce da una lunga abitudine a collaborare e questo garantisce al progetto una unità di stile”.
Lei crede che in qualche opera ci sia il testamento artistico di Puccini?
“Sicuramente, e in modo davvero commovente, nella sua ultima opera. In tutte le altre c’è l’impronta della sua geniale personalità”.
Con una carriera stupenda, che spazia dalla prosa alla lirica e anche agli eventi come le scenografie della Mostra dell’antiquariato a Firenze. A cosa sente di essere più legato?
“Il teatro, sia di prosa che lirico, ha dato un senso a tutta la mia vita professionale. Ma il mio amore per l’arte mi ha spesso fatto accettare incarichi che mi venissero da musei e da istituzioni culturali. A Firenze, a parte il mio impegno decennale per la Mostra dell’Antiquariato, che mi ha sempre divertito, ho un particolare ricordo dell’esposizione ‘La Magnificenza alla corte dei Medici’, messa in scena a Palazzo Pitti nel Museo degli Argenti”.
Lei ha scoperto sicuramente talenti: c’è uno a cui è più legato?
“Più di uno, certamente. Ma metterei al primo posto mio figlio Massimo”.
Cosa le ha dato più soddisfazione nella vita?
“Lavorare”.
“Il teatro, sia di prosa che lirico, ha dato un senso a tutta la mia vita professionale. Ma il mio amore per l’arte mi ha spesso fatto accettare incarichi che mi venissero da musei e da istituzioni culturali”
Giornalista