MUSEI & MOSTRE
Monet e le sue opere senza tempo create nella luce
Una natura luminosa, ricca di colori, emozioni, profumi e vita era quella che dipingeva Claude Monet. Una natura nella quale il padre dell’impressionismo si immergeva totalmente e che ancora oggi palpita e respira nei suoi quadri suscitando nuove sensazioni e ispirando correnti pittoriche
Instancabile uomo d’arte, alla continua ricerca della rappresentazione della luce, Monet ha spesso dipinto gli stessi oggetti e lo stesso tema più volte lasciando affiorare sentimenti profondi e via via diversi nel tempo. Questo perché il vero soggetto di tutte le sue opere era la luce che, mai uguale ma sempre diversa nelle varie condizioni temporali, modifica la percezione visiva.I temi spesso associati alla sua pittura sono legati alla natura, chiaramente indissolubile dal suo animo impressionista. Con il trascorrere del tempo si concentrò infatti sempre più nella ricerca della resa naturalistica di ciò che ritraeva. Realizzò una serie di tele che raffiguravano il giardino e la varietà di fiori e piante nella sua casa a Giverny nel nord della Francia. Monet adorava la natura e Giverny in particolare di cui, anche dopo l’intervento di cataratta, riusciva ad apprezzarne colori e brillantezza.
Dipinse l’ultimo quadro, intitolato Le rose, ad 86 anni, una grande tela ad olio dove i boccioli dei fiori splendono nella luminosità del quadro e nella vivacità dei colori. Con la sua scomparsa, nel 1926, l’ingente patrimonio artistico passò al figlio Michel che quarant’anni dopo morì tragicamente. La casa e i dipinti, comprensivi della collezione privata di Claude Monet, furono ereditati dall’Accademia di Belle Arti. Già dal 1932 Paul Marmottan(1856-1932), collezionista e curatore di numerosi quadri ed oggetti raccolti negli anni, aveva lasciato da tempo in eredità all’Accademia la sua collezione ed il suo palazzo con la richiesta di farne un museo. Le due donazioni, unitamente ai dipinti custoditi dall’amico Pierre Laroque, costituirono una raccolta completa dell’opera di Monet che venne riunita nel Museo Marmottan Monet e resa visibile al pubblico dal 1971. La mostra “Monet – Dal Musée Marmottan Monet. Parigi”, in corso a Palazzo Reale a Milano, raccoglie più di quaranta opere provenienti dalla preziosa collezione parigina. Occasione unica per cogliere l’ampiezza temporale e interpretativa dei dipinti dell’artista.
Oscar-Claude Monet nacque a Parigi nel 1840, ma già a cinque anni si trasferì con la famiglia a Le Havre in Normandia dove apprezzò la vita all’aria aperta ed il contatto con la natura. Entrò poi nella scuola di belle arti e riscosse i primi successi con ironiche caricature di genere. L’amico Eugène Boudin lo condusse giovanissimo alla pittura all’aperto sulle coste normanne dove dipinse tele di piccolo formato e iniziò l’uso dei colori in tubetto, nati in quegli anni per permettere ai pittori di catturare con rapide pennellate paesaggi al cambiare della luce. A vent’anni frequentò l’Accademia Svizzera di Parigi dove si unì a Camille Pissarro e incontrò Renoir, Sisley, Bazille, fondatori del gruppo impressionista e poi amici di lunga data. Nel 1865 conobbe la modella Camille Doncieux che gli diede il primo figlio, Jean, e che divenne soggetto di molti suoi quadri acquistati da personaggi agiati e di spicco. Con la guerra franco-prussiana e le difficoltà economiche incombenti si rifugiò con la famiglia a Londra dove venne affascinato dallo studio della luce di Constable e Turner.
Nel 1877 iniziò le serie di vedute della Gare Saint-Lazare, che saranno esposte durante la Terza Mostra Impressionista, mentre il 7 giugno 1880 inaugurò la sua prima mostra personale. Nel 1878 nacque il secondogenito Michel e l’anno seguente morì la moglie Camille causando a Monet una forte depressione e la ricerca della solitudine che lo spinsero ad abbandonare molti rapporti d’amicizia. Il piccolo Michel Monet in maglione blu, opera preziosa anche per la rarità del genere ritrattistico che Monet aveva abbandonato a favore del paesaggio e della pittura en plein air, è infatti l’ultimo ritratto eseguito dall’artista. Si trasferì poi a Giverny nel 1892 con la nuova moglie Alice Hoschedé che morirà nel 1911. Monet vi rimarrà fino alla sua morte nel 1926.
La casa a Giverny divenne un vero paradiso naturalistico ricco di colori e varietà vegetative selezionate e amabilmente curate dall’artista. Le ninfee, collocate nello stagno del giardino, sono tra suoi i temi ricorrenti. Il giardino acquatico divenne infatti l’oggetto principale di una serie di opere che egli donò poi allo stato francese per celebrare la fine della prima guerra mondiale. Monet si dedicò costantemente alla rappresentazione della natura e quando gli capitò di ritrarre soggetti diversi da quelli naturalistici egli li rese e li realizzò con la stessa tecnica del paesaggio quindi con tratti brevi e vivi allo stesso tempo quasi a cambiarne l’essenza. Schizzava le forme rinunciando ai dettagli già dai primi dipinti figurativi perché il suo interesse era nella resa cromatica e nella luce. Nel quadro Londra. Il Parlamento. Riflessi sul Tamigi, per esempio, Monet è interessato a cogliere la luce di quel particolare momento e non all’edificio nella sua essenza e maestosità e lo dipinse quindi come fosse un paesaggio, ricco di sfumature e seppur con colori contrastanti parte integrante del fiume e del cielo. Anche i dipinti che ritraggono Il ponte giapponese, 47 tele che nel susseguirsi cambiano connotazione, rendono il ponte parte della vegetazione al punto da riconoscerlo appena. Ciò che interessa Monet è la luce nelle sue infinite sfaccettature, nelle variazioni di colore e nelle ombre che che si modificano insieme ad esse.
Le difficoltà della vista dovute ad una cataratta piuttosto invalidante lo portarono ad una sorta di accanimento in questa ricerca e a risultati comunque sorprendenti dove la prevalenza di toni caldi, in particolare dei rossi e dei marroni, furono rappresentazione di un periodo intenso di sofferenza ed allo stesso tempo di tenacia.A questo periodo appartengono le sequenze di dipinti del Ponte giapponese, del Salice Piangente e del Viale delle rose. Questa tecnica stilistica che predilige movimento e colore, abbandonando parte delle forme fino a renderle confuse, saranno di enorme influenza sull’astrattismo degli anni seguenti. Dopo l’intervento di cataratta del 1923 Monet, che ottenne un piccolo beneficio nella messa a fuoco delle immagini e soprattutto nella più fedele percezione dei colori, trasmise la gioia di ciò che aveva potuto raggiungere; esemplificativo il suo ultimo dipinto, già citato, Le rose. Tutta la sua produzione rappresenta un’opera inestimabile che fortunatamente è rimasta intatta e sapientemente custodita. Il suo percorso artistico ha portato cambiamenti armoniosi lungo un filo conduttore costante e fortemente legato alla rappresentazione delle percezioni visive. Il valore artistico dei dipinti di Monet è stato ed è tutt’oggi un prezioso riferimento e stimolo per le diverse correnti pittoriche.