MUSICA & SPETTACOLO
MASSIMO RANIERI “La mia canzone tutta italiana che viene dal cuore e parla di me”
Per Massimo Ranieri cantare è “un’emoziona unica, una specie di catarsi per rivivere sensazioni e sentimenti” che gli appartengono. Ed ora che torna a catturare e stupire il pubblico con un nuovo show dal titolo evocativo “Tutti i sogni ancora in volo”, in questa intervista ad ArteCultura Magazine, racconta …
“Le canzoni che tutti quanti aspettano da me non sono altro che una specie di sigillo d’amore. Non mi potrebbe mai venire a noia né dare fastidio replicare: metterle in programma la sera nel mio spettacolo, è una specie di catarsi per rivivere sensazioni e sentimenti, perché sono una parte di me. Sono sempre state il mio cemento, qualcosa di bellissimo, un’emozione unica. E mi fa un piacere enorme cantarle”. Massimo Ranieri è tornato in teatro nel nuovo show live, altro straordinario viaggio nelle grandi sale italiane. Tre mesi di stop forzato a causa della famosa caduta dal palcoscenico l’hanno reso ancora più consapevole, se ce ne fosse bisogno, di questa sua straordinaria arte, che riesce a meravigliare sempre con nuova energia, gentilezza, voglia di vivere, soprattutto grazie a una voce unica.
Artista senza esagerare irripetibile Ranieri: torna dopo aver vinto, fra l’altro anche il premio della Critica intitolato a Mia Martini con il bellissimo brano “Lettera di là dal mare”, è pronto a conquistare le scene live con questo nuovo emozionante show. Titolo decisamente evocativo, “Tutti i sogni ancora in volo”. Dopo aver archiviato l’infinita sequela di standing ovation con i suoi show da “Sogno”, il Massimo della canzone italiana torna a stregare dal vivo tra migliaia di spettatori e decine di sold-out con un altro viaggio tra canto, recitazione e danza, che non tralascia brani cult, sketch divertenti e racconti inediti. Ranieri, capace di catturare e stupire il pubblico tra grandi melodie senza tempo e i suoi brani più celebri, ma anche con l’incanto affabulatorio della sua irripetibile e (non copiabile) interpretazione. Va detto che questo spettacolo è prodotto da RA.MA 2000 International con l’organizzazione generale di Marco De Antoniis, e girerà l’Italia nei più importanti teatri.
Ranieri, nessuno come lei sa che il teatro non è uno strumento antiquato e inattuale, ce lo dimostra ogni volta che sale sul palco anche con piccole attenzioni come il gesto di rivolgere il microfono al pubblico cantando una canzone notissima.
“Ma certo, perché lo coinvolgi, si sente più vicino anche dividendo in qualche modo le emozioni: gli spettatori si sentono così sempre più amici, perché in effetti siamo amici davvero e alla fine, credo, siamo una grande famiglia e condividiamo gli intenti. Ho ripreso da poco a studiare, cercare parole giuste, allenarle, giudicarle, cancellarle, sostituirle: tutte le parole hanno un senso al di là del significato. Immagina i gesti, soprattutto di condivisione che coinvolgono tutti gli spettatori, è veramente bellissimo”.
Lei è uno dei pochi artisti che rappresenta il bello della cultura italiana, che è transgenerazionale: piace alle nonne, a nipoti addirittura pronipoti allo stesso modo. Al suo concerto di Firenze abbiamo visto ragazzini offrirle dei fiori sul palco. Che effetto fa?
“È vero, lo so, ed è meraviglioso: vuol dire che i genitori o i progenitori li hanno educati bene (sorride, ndr). Educati cioè alla tradizione della grande canzone italiana. Ed è bellissimo che vengano su con questa educazione e soprattutto con questa musica: cioè con l’ascolto della musica italiana, che rappresenta la nostra cultura. Perché quella che ci propongono sempre di più oggi è l’imitazione di quella americana o inglese che non c’entra niente con le nostre origini e la nostra tradizione”.
Allora secondo lei esiste una felice riscoperta della vera melodia italiana a fronte di rapper e trapper che vanno e si moltiplicano soprattutto in radio?
“Sì ma per forza di cose: anche perché secondo me non c’è mai stata una copertura per la musica italiana, anche questo è un problema. È sempre stata lì, in attesa di nuove voci che la potessero interpretare e cantare la classica canzone italiana. Per fortuna sono venuti fuori dei bravissimi cantanti e così la portiamo avanti questa tradizione, grazie a Dio, anche perché all’estero siamo conosciuti per il bel canto e non per il ‘bel rap’ il ‘bel trapper’ , ma per carità detto con tutto il rispetto per questi ragazzi, per l’amor del cielo, eh. Non a caso ho duettato anche con un amico, se vogliamo, per un verso anni luce lontano da me, ma simile allo stesso modo con origini simili alle mie, Tiziano Ferro. E infatti siamo stati perfettamente in sintonia. Perché lui è un vero grande cantante italiano in perfetta armonia con la nostra tradizione “.
Ci racconti un po’ la genesi di questo anno e mezzo di lavoro.
“Intanto devo dire che tutto lo spettacolo ha una veste scenografica rinnovata e una inedita band composta da Seby Burgio al pianoforte, Giovanna Perna alle tastiere e voce, Pierpaolo Ranieri al basso, Luca Trolli alla batteria, Arnaldo Vacca alle percussioni, Andrea Pistilli e Tony Puja alle chitarre, Valentina Pinto al violino, Max Filosi e Cristiana Polegri ai sax. Poi anche dire che “Tutti i sogni ancora in volo” ha avuto, come dici giustamente, una lunga genesi, oltre un anno e mezzo di lavoro, intervallato da numerosi periodi di pausa: la pandemia, la partecipazione a Sanremo, numerosi impegni teatrali, la pubblicazione del libro omonimo fino alla lavorazione della nuova fiction televisiva “La voce che hai dentro”, ancora in fase di realizzazione, che andrà in onda nel 2023 su Mediaset e Netflix. Ho sofferto anche di un ulteriore ritardo alla lavorazione del disco causato dall’incidente durante lo spettacolo al Teatro Diana di Napoli, dove cadendo dal palcoscenico ho riportato una frattura alle costole: per fortuna non ha frenato la mia, diciamo, creatività”.
Ranieri, lei sul palco si muove come se ci fosse nato: quanto è contata la lezione della commedia dell’arte e del grande Eduardo?
“È contato che sono nato a Napoli, punto. Questo conta: sono nato in una città piena e grande di cultura a cui devo, direi, tutto. Una città che mi ha dato i natali e per questo sono stato molto fortunato”.
Una fortuna che comunque si è costruito con abnegazione fin da giovanissimo, però.
“Durante lo spettacolo mi piace ringraziare un grande maestro che ho avuto e ha dato una svolta alla mia vita di interprete: Giorgio Strehler, genio assoluto che mi ha forgiato anche con spettacoli come ‘L’anima buona di Sezuan’ e da lì mi ha saputo guidare come pochi altri. Secondo me forse è stato l’unico regista teatrale che è riuscito a insegnare agli attori in un modo profondo e irripetibile. Ringraziarlo mi viene spontaneo e non finirò mai di farlo, perché ancora oggi gli sono immensamente grato di quello che ha fatto per me, un signore assoluto del teatro del mondo”.
Il cinema quanto è stato importante per lei?
“È stato importante, non ci sono dubbi. Ma si sa che l’attore è teatro. Punto. Nasce duemila anni fa l’attore e in teatro: non dimentichiamolo. La mia vera casa resta il palcoscenico”.
È bellissimo quando durante lo spettacolo dice al pubblico quella cosa…
“Quale? Lasciate i vostri nomi nel foyer che vi ingaggio nel mio coro? (ride). È vero quello è carino, perché è vero, lo penso: gli spettatori mi divertono, sono bravissimi e anche si divertono e questo è l’importante”.
Una serata con Massimo Ranieri prima di tornare alla nostra pensosa normalità, che ha preso il sopravvento sul disordine della cultura, ma anche contro il dramma quotidiano del tutto omologato.
“Le canzoni che tutti quanti aspettano da me non sono altro che una specie di sigillo d’amore”
Giornalista