INTERVISTA
LEO GULLOTTA “Sul palco porto me stesso”
In questa intervista ad ArteCultura Magazine, il rinomato attore siciliano condivide la sua passione per l’arte interpretativa, il costante impegno per l’autenticità in palcoscenico e il profondo desiderio di trasmettere empatia al pubblico. E celebra il teatro come un potente mezzo di trasformazione e connessione umana
“Ho avuto un’operazione a cuore aperto, un intervento importante, per tre bypass coronarici: la cosa strana è che alla fine è stata una benedizione: non avevo sintomi. Stavo bene, e dovevo fare analisi di routine fissate mesi prima. Ma dai risultati è apparso altro. Allora mi hanno immediatamente operato e dopo cinque mesi, dopo la riabilitazione, sono tornato in scena, con un po’ di fatica, perché questo genere di operazioni taglia il fiato, ma ho capito che il lavoro è quello che può veramente aiutare”. Leo Gullotta, attore made in Sicily, ma anche doppiatore, interprete e intellettuale tra i più amati d’Italia, torna così sul palcoscenico che è casa sua, atteso da migliaia di persone. Lo spettacolo che propone – scritto dal marito Fabio Grossi, sposato nel 2019 dopo anni d’amore, più spesso regista, ma anche lui qui in versione di attore – si intitola “In ogni vita la pioggia deve cadere”. Una tournée fortunatissima: dovunque in Italia solo sold out.
Leo che bello rivederla in scena.
“Nonostante questo inciampo di salute, ammetto che nella mia vita sono stato fortunato: mi mancano due anni agli 80 e di soddisfazioni ne ho avute. Compreso questo spettacolo che ho ripreso dopo averlo rimandato. Ho rinunciato a cose importanti come Il Gattopardo per poter essere in forma tranquillamente. Arrivati a questo punto Fabio ed io abbiamo detto al produttore: facciamo una prova fisica, perché ritornare a lavorare è una buona medicina. La cosa importante in questi problemi di salute, è partecipare con la testa, perché questo tipo di interventi a cuore aperto porta ad avere un abbassamento dello spirito e del morale. Sono contento dei miei 78 anni e di continuare ad esserci, ma il tempo lascia tracce: il lavoro lo devi attendere, lo devi aspettare e pensare se lo puoi fare o no. In un’età così matura, con quello che hai avuto, ti metti alla ricerca in qualche modo di te stesso. Ma tutto, dico tutto, dipende dalla tua testa e dal modo con cui impatti i problemi”.
In scena racconta la quotidianità di una coppia omosessuale.
“Decidere di fare questo spettacolo è stato importante: lo dovevamo portare in scena all’inizio dell’anno scorso poi l’abbiamo fatto con un successo nonostante gli stop. Al testo ci sono arrivato: prima tanto Shakespeare, poi Pirandello e infine, oggi. Ci siamo accorti, Fabio ed io, che l’individuo, il cittadino dopo la pandemia è diventato acido, solitario, pauroso, chiuso in casa, chiuso nel suo mondo. È un testo scritto nel 2004 che aiuta, come abbiamo visto con grande sorpresa, a far venire fuori il fantasmino che ognuno ha nascosto nell’anima. Fino ad arrivare al concetto di nascita e morte dedicato a tutte le coppie che si sono amate per tanti anni, tutta una serie di domandine. Una confessione in piena regola: in tutti i teatri abbiamo avuto sorprese incredibili dal pubblico”.
Perché secondo lei?
“Prima di tutto risentire parole, pensieri e situazioni della propria vita. Non c’è sforzo di nessuna nota, si inizia ‘In ogni vita la pioggia deve cadere’ che lo spettacolo sembra una commedia. Poi, basta quella parola che è ‘cancro’, che tutto diventa un pugno nello stomaco e attraverso lo spettacolo si entra in un percorso che ci somiglia. Poi ci sono le note inevitabili in una coppia, quelle di litigio, amore, gioco, il vivere insieme per una vita amandosi con tutti i meccanismi connessi. I problemi sono questi, fino ad arrivare ai diritti, che ancora, in quegli anni, per le coppie omosessuali non erano né pensati, né arrivati e noi ci torniamo sopra. Comunque, in realtà non volevamo raccontare la storia di una coppia omosessuale, ma la storia di quel che può accadere in un lungo rapporto a chiunque. È una commedia pensata per tutti. Anche se il tema dei diritti ancora non era stato toccato”.
Sul tema omosessualità: ricorda cose antipatiche o non le è mai accaduto niente?
“Una cosa vecchia, nel 2012 quando sono stato scartato dalla Rai per il ruolo di Don Puglisi in una fiction. Mi hanno detto: ‘no, tu non puoi lavorare con noi perché sei omosessuale’. Non ti nascondo che quell’episodio mi fece molto male. Allora iniziai a protestare e voler vedere in faccia chi aveva preso quella decisione. Ma sai cosa succedeva? Che la mia domanda veniva sempre elusa, era sempre dell’altro la colpa, di quello che non c’era e non ho mai capito di chi fu questa decisione. I diritti sono arrivati, è vero, ma secondo me moltissimo si deve ancora fare e non parlo solo per gli omosessuali”.
Uno spettacolo per riprendersi la vita, Leo?
“Ecco, sì. Lo spettatore si sente bene e segue con molto interesse il nostro racconto. Perché usiamo in scena un linguaggio tra virgolette casalingo, e tutti ritrovano le loro piccole cose: è uno spettacolo diretto a tutti, di coppie che stanno insieme da una vita ce ne sono a bizzeffe. Allora abbiamo pensato, perché non un racconto di due uomini? E si entra nella loro casa, che, come tutte le case, è un mondo di misteri. Sul palco sono con Fabio che per tantissime volte è stato regista, e poi è diventato attore. Questo spettacolo alla fine è divertente, perché realistico. Ma non c’entra niente con noi due e il nostro rapporto”.
Cioè non raccontate di voi?
“Ma assolutamente no, in scena siamo due attori che interpretano un ruolo che non c’entra niente con la nostra vita. È divertente come gioco, ma sia chiaro che la nostra vita è tutto un altro mondo. Abbiamo fatto gli attori, gli interpreti di una scrittura. Il mio, il nostro compito, è lavorare bene. Il resto non conta”.
Del famoso Bagaglino dove è stato grande protagonista, che ricordo ha?
“Senti: con quella trasmissione ho avuto il piacere di entrare nelle case di tutti gli italiani. E ancora oggi ne sono felice, perché è anche così che si comunica col pubblico”
“In età matura ti metti alla ricerca in qualche modo di te stesso. Ma tutto, dico tutto, dipende dalla tua testa e dal modo con cui impatti i problemi”
Giornalista