INTERVISTA
CESARA BUONAMICI Eleganza e determinazione tra telegiornali e reality show
Dagli esordi pionieristici delle tv private alla conduzione del TG5, fino all’esperienza sorprendente come opinionista del Grande Fratello: Cesara Buonamici racconta una carriera costruita con impegno e passione, riflettendo sull’evoluzione del giornalismo tra tecnologie digitali, fake news e la costante ricerca della verità. Un viaggio professionale che unisce curiosità e rigore intellettuale.
Classe, eleganza, pacatezza, intelligenza, cultura: in due parole Cesara Buonamici. Volto arcinoto dell’informazione italiana, ma anche follemente duttile da accettare ruoli “altri” come opinionista di reality show. Fiorentina nata a Fiesole nella proprietà della famiglia: è laureata in farmacia, ma ha sempre fatto la giornalista perché la sua carriera l’ha cominciata durante gli studi universitari. In questa intervista ci daremo del tu perché siamo entrambe giornaliste, dunque colleghe. E così si può.
Cesara, cosa ti ha spinta a intraprendere la carriera giornalistica?
“All’inizio la mia ambizione era lavorare in quel mondo nuovo che erano le tv private. Andai a fare a Tele Libera Firenze un provino come presentatrice e venni presa. Cominciai ad andare in video, inventando dei giochi o rispondendo alle telefonate del pubblico che poneva mille questioni e problemi cittadini. All’epoca Tele libera Firenze era la principale tv della città, tutta di inesperti giovani che cercavano una strada sia per una tv mai esistita prima, sia per un percorso personale, magari una attività professionale duratura nel tempo. Con tutte le difficoltà normative e professionali legate all’ordine dei giornalisti. Una tv che, tra errori e inesperienze, provava a innovare il modo di fare televisione sia nei programmi che nell’attività giornalistica sviluppando la partecipazione del pubblico. Tutta questa esperienza maturata a Tele libera Firenze favorì la chiamata a una emittente ben più grande, cioè Rete 4 che all’epoca era del gruppo Mondadori. E quando nel 1984 Rete 4 passò a Mediaset, cominciò la mia vera carriera giornalistica a Canale 5”.
Qual è stato il momento più significativo della tua carriera al TG5?
“Considero la mia svolta specifica l’arrivo al Tg 5, con Enrico Mentana, il 13 gennaio 1992. Da quel giorno è stata una lunga progressione di presenze, di programmi, di servizi professionali che mi hanno portato dove sono. Il telegiornale è stato da subito la mia casa, sono davvero nata e cresciuta lì”.
Hai mai vissuto momenti di difficoltà o crisi professionale? Come li hai superati?
“Francamente non ricordo periodi di crisi personali. Ho lavorato bene con i direttori che ho avuto, Arrigo Levi (con lui diventai professionista) Enrico Mentana, Carlo Rossella, Clemente J. Mimun, e la mia crescita è avvenuta con ognuno. Non mi sono mai pentita delle scelte fatte. Guardando indietro, non posso negare di essere stata fortunata, ma devo riconoscere anche a me stessa tanto impegno e tanto lavoro”.

“Il sogno è la professione stessa. Di questo lavoro ti deve piacere tutto, cose piccole e cose grandi”, dice Cesara Buonamici
Il giornalismo televisivo è cambiato molto negli anni. Cosa pensi dell’evoluzione del settore con l’avvento del digitale?
“Credo che gli strumenti siano cambiati molto, le tecnologie sono molto diverse. Ma la professione è in fondo sempre la stessa. Certo l’avvento della rete ha cambiato la natura del giornale e delle tv. Difficile fare previsioni in un mondo che si stravolge continuamente. Ma credo che la Tv abbia una elasticità, una capacità di adeguarsi ai tempi che la manterrà salda nel panorama dell’informazione. Avrà bisogno di giornalisti sempre più bravi, capaci di comprendere la complessità e di spiegarla in modo non banale. E questo la salverà dal tritacarne della rete. Tutti, per capire, abbiamo bisogno di un aiuto, anche nell’informazione. Alla stampa e alla Tv spetta un compito chiave. Prima erano le uniche fonti e gestori dell’informazione. Ora a quei mezzi di informazione spetta il compito di dare un senso, un significato e una veridicità a quel flusso enorme di verità, simil verità e bufale che inondano i nostri computer e i nostri telefoni. La competenza professionale resta decisiva, insieme all’onestà intellettuale”.
Credi che il giornalismo tradizionale sia ancora un punto di riferimento per le nuove generazioni?
“Bisogna, come dicevo prima, distinguere tra i mezzi a disposizione e la natura della professione. I cambiamenti tecnologici sono impressionanti negli ultimi 30 o 40 anni e hanno aiutato tantissimo la professione. Ma nello stesso tempo hanno creato molti problemi, più prudenza con le fonti, con le false notizie, con le simulazioni dell’intelligenza artificiale e così via. Quindi ci vuole molta attenzione prima di promuovere qualcosa al rango di notizia. Ci sono troppi modi per essere ingannati facendo così un pessimo servizio a chi ci guarda o legge. Ma nella sostanza lo spirito, la stessa ragione d’essere del giornalismo, non è cambiata. Bisogna capire, distinguere, selezionare, avere fonti affidabili. Senza cedere alla tentazione di avvalorare la presunta notizia che ci piace e scartare quella che ci è sgradita. Chi viene dopo di noi ha lo stesso compito nostro. Mostrare quella che comunemente si chiama verità: che non esiste in termini assoluti, ma vive nell’onestà di chi cerca di raccontarla”.
Quale notizia vorresti dare a chi ti segue da sempre?
“La notizia più bella è quella di un dramma che finisce, una sofferenza che si placa come la conclusione di una guerra. Ma non nel senso genericamente pacifista, ma come riprova del fatto che l’uomo sa fare di meglio che non ammazzarsi. Oppure una orribile malattia sconfitta e comunque qualsiasi notizia nella quale l’umanità dimostri davvero la propria superiorità vera”.
C’è una passione segreta che pochi conoscono di te?
“Mi piace cucinare, particolarmente i dolci e organizzare pranzi per gli amici. Adoro stare in compagnia e viaggiare. Qualche volta mi piacerebbe oziare, ma me lo concedo sempre più raramente”.
Se non fossi diventata giornalista, quale altra professione avresti voluto fare?
“Non lo so. Faccio questo lavoro da quando ero molto giovane e non ho sognato altro. Quindi rispondo, no. Non so se mi sarebbe piaciuto fare altro. Di sicuro ho fatto quello che mi piaceva e per questo mi ritengo tanto fortunata”.
Dopo tanti anni di carriera, hai ancora un sogno professionale da realizzare?
“Il sogno è la professione stessa. Di questo lavoro ti deve piacere tutto, cose piccole e cose grandi. L’idea di capire il mondo, per quanto possibile. L’idea di scoprire altro anche quando credevi di sapere già molto. Il piacere di imparare”.
Che consiglio daresti ai giovani che vogliono intraprendere questa professione?
“Dico loro una cosa semplice. Studiate, cercate di capire, ragionate, non fermatevi alle simpatie o alle antipatie, e non fondate le vostre ricerche o la vostra crescita sugli amici. Come dice Platone nella Repubblica: Platone è un amico, ma ancora più amica è la verità. Andate sempre a caccia di quella, con onestà”.
Una battuta sull’esperienza immagino impegnativa al Grande Fratello?
“Per chi partecipa il GF è un gioco, qualche volta anche duro. Per chi lo guarda da fuori e lo deve commentare è un campionario umano. Un piccolo mondo dove è difficile mentire sempre su come si è davvero. Se osservi senza pregiudizi, tutti alla fine dicono la verità, anche se forse pensavano di poter fingere inseguendo una qualche strategia. Vedi i caratteri, i comportamenti, i pregi e i difetti dei partecipanti, il loro vissuto e le aspirazioni, impari a guardare e a capire per poter intervenire. Tutto questo mi diverte molto e mi resta utile per la mia professione”.
“La competenza professionale resta decisiva, insieme all’onestà intellettuale”

Giornalista