INTERVISTA
ROBERTO CASAMONTI Intuito, passione e condivisione per comprendere e diffondere la bellezza dell’arte
In questa intervista esclusiva ad ArteContemporanea Magazine, il rinomato gallerista Roberto Casamonti racconta la sua straordinaria vita dedicata all’arte e il suo impegno nel preservare i tesori artistici. Rivela la passione per la scoperta di nuovi talenti, la missione culturale della sua collezione e l’importanza di condividere l’arte come patrimonio per le generazioni future.
“Quel che ha detto Eike Schmidt, direttore degli Uffizi, ovviamente mi ha fatto piacere. Ma lungi da me entrare in una specie di dibattito politico. Da sempre la mia vita è stata lontana da certi, diciamo, giochi che non mi hanno mai interessato e non inizierò ora. Prendo le distanze: anche se comunque è vero che mi ha fatto piacere sapere come la pensa un personaggio del suo calibro, ma non voglio entrare in polemiche con gli altri musei fiorentini. Io faccio il mio lavoro, gli altri, il loro. La verità è quella che da me ci sono sempre esposti quadri capolavoro che non cambiano e rimangono. Non è che dopo due mesi se ne vanno, no. La brevità di un’esposizione non rientra nella mia politica di gallerista, ma soprattutto da amante dell’arte”. Roberto Casamonti, mercante tra i più importanti d’Italia, se non proprio il numero uno, è gallerista. Forse l’ultimo uomo di un’epoca conclusa, ispiratore della nuova era, quella senza segreti, senza limiti di spazio e tempo. A lui il direttore degli Uffizi a sorpresa ha dedicato un pensiero mica da tutti, questo: “Io penso che per vedere la grande arte del dopoguerra a Firenze c’è solo un posto con capolavori, e questo è il museo Casamonti. Un museo privato: lì si può imparare tutta la storia italiana dell’arte nel contesto internazionale”.
Casamonti, dopo una vita in mezzo all’arte, le dà ancora belle sensazioni, o è diventata routine?
“Routine, mai. Per me l’arte è missione di vita. Io nasco in mezzo all’arte, da quando avevo 10 anni e andavo nello studio di Ottone Rosai a vedere il ritratto di mio padre Ezio. Ci sono cresciuto nell’arte e tra i grandi pittori. Adesso che ho 83 anni e da 70 la frequento posso tranquillamente dire che è una parte di me, perché non solo mi è sempre piaciuta, ma l’ho sempre sentita “sottopelle” e ancora mi dà grande emozione e gioia, compreso quella di condividere il piacere di questo fascino con gli altri. Sono convinto che, come diceva Dostoevskij, la bellezza salverà il mondo. La verità è che provo emozione solo quando vedo un bel quadro, è così che sento subito se vale: se mi dà emozione, vale”.
E lei, ultimo corteggiatore seriale di opere d’arte, come le sceglie?
“Scelgo in base all’esperienza che mi porta a vedere quello che spesso altri non vedono, scelgo con passione che, insieme all’esperienza, mi porta verso quadri belli, quelli che mi fanno in un certo senso vivere, certo non sono edonista e indifferente a questo richiamo. La collezione Roberto Casamonti è gestita da un’associazione culturale che non ha fini di lucro, ma ha la sacrosanta missione di far conoscere meglio, capillarmente, l’arte moderna e contemporanea. E questa cosa la facciamo anche attraverso presentazioni di libri, seminari e borse di studio destinate ai giovani artisti. Ci tengo che queste opere d’arte restino nella mia famiglia e che siano esposte al pubblico”.
Maestro di felicità relativa, apprendista del pensiero positivo: oggi come fa?
“Vedo un artista quasi ogni giorno, ma è difficile trovarne veramente di innovativi che vadano avanti, è difficile trovare cose, ma anche idee nuove. Sono promotore dell’arte, questo sì, ma non è facile. Su cento artisti, ne vedo uno che mi piace, qualcuno lo compro e lo metto via, questo per dare una mano ai giovani che debbono lavorare e vivere: ed è questo il lato positivo. Poi c’è di sicuro il continuare a fare arte perché non si finisce mai di acquisire esperienza. Una cosa inspiegabile a parole, l’esperienza ti cresce dentro come la vita. Ti aumenta e ti dà sempre margini di miglioramento, la lezione della vita è questa: si migliora sempre. O almeno si dovrebbe”.
Esiste un brevetto per diventare Roberto Casamonti?
“Negli anni ’70, ’80, ’90 c’erano tanti galleristi che avevano vite importanti che sono stati per me dei maestri, ma oggi, che sono morti, sono rimasto io come riferimento, ho ancora un grande ricordo di loro e quel che hanno fatto non solo per la mia vita ma per l’arte universale. Importante nella vita è capire che tutti insegnano agli altri, e si va avanti anche vedendo quadri e opere: sarebbe facile se si conoscessero solo opere belle, non avremmo problemi, ma non è sempre così. E allora, se ti innamori delle opere che valgono, cresci e vai avanti, e quel qualcosa in più che hai, ti serve. Il sesto senso, dico. Che è la sensibilità verso il bello”.
Quali artisti sono nel suo cuore?
“Potrei fare tanti nomi ma parto da Dorazio, Vedova, Boetti. E anche se non ho conosciuto Fontana ma solo la moglie, mi sono innamorato perdutamente del suo lavoro. All’inizio ho seguito mio padre che sceglieva le opere di Ardengo Soffici e Lorenzo Viani, poi fu la volta di Casorati e Carrà, per arrivare a de Chirico. I primi passi li ho mossi io da solo tra Campigli, Dova, Mafai, Guttuso. E da solo ho poi conosciuto Burri e dei bravi critici, cominciando da Corà: penso che la vita stessa mi abbia portato a vivere nel mondo dell’arte. E in galleria i miei quadri li tratto volentieri”.
Casamonti, gli artisti di ieri non sono quelli di oggi. Mi pare ci sia una sostanziale differenza: non tutti sono Fontana.
“Secondo me anche oggi i giovani devono crescere, ma di certo importante è per un giovane artista conoscere bene la storia dell’arte e da lì andare avanti, esattamente come per un medico la medicina. Nella mia vita di collezionista, per riuscire a percepire il presente, ad abitarlo, invece di farmi solo travolgere dal futuro e da tutti gli effetti collaterali della sua brevità, la condivisione è importante. Auspico che fra tutti i critici e gli amanti dell’arte, si instauri un clima da grande famiglia che si vuole bene, perché l’arte va condivisa. Dunque, nell’arte come in medicina: dove tutto quello che è stato fatto diventa tesoro per chi viene dopo, se si vuole andare avanti, bisogna assolutamente partire da qui”.
“Auspico che fra tutti i critici e gli amanti dell’arte, si instauri un clima da grande famiglia che si vuole bene, perché l’arte va condivisa”
Giornalista