NATALE NELL’ARTE
Il valore eterno della vita nei mille volti della natività
Dall’artista indonesiano Erland Sibuea fino al celebre pittore domenicano Beato Angelico, le Natività raffigurate sono differenti e molto lontane da quella di Giotto; non ci sono stalle, l’asinello è rosso e il velo virginale può essere una coperta di fiori e colori che avvolge tutt’attorno… Eppure, il messaggio di celebrazione dell’origine della vita resta lo stesso, eterno nel tempo, come un momento unico, magico.
Beatrice Laurora
“Quand’ero bambino, erano la luce dell’albero di Natale, la musica della messa di mezzanotte, la dolcezza dei sorrisi a far risplendere il regalo di Natale che ricevevo”
Antoine de Saint-Exupéry
L’arte ha sempre avuto un occhio di riguardo per la Natività. Migliaia di opere sono state ispirate da essa, che in arte ha origini molto antiche. Così viene rappresentata da duemila anni: una grotta, un uomo, una donna, un piccolo bambino deposto in una mangiatoia, con solo un bue e un asino a scaldarlo nella sua prima, gelida notte nel mondo. Tanti pittori dal Medioevo al Rinascimento, dal Barocco all’arte contemporanea, si sono cimentati nel delicatissimo tema creando dei veri e propri capolavori senza tempo. Anche oggi, in un mondo laico e consumista, il messaggio più profondo sotteso alla natività resta attuale e universale. Cos’è la natività se non il racconto dell’origine della vita di un uomo? La figura di Dio trascende i riti religiosi e trasmigra nelle consuetudini umane e quotidiane, non solo dei cristiani. Tutti nel mondo sono quel Bambino che nasce, e questo vale anche per chi non crede; perché la Natività rappresenta prima di tutto l’amore di una madre per il figlio, è una festa dell’uomo ancor prima di una festa religiosa. L’ etimologia del termine Natale è da ricondursi all’aggettivo latino natalis, col significato di natalizio, nel senso di “qualcosa che riguarda la nascita”. Dall’artista indonesiano Erland Sibuea fino al celebre pittore domenicano Beato Angelico, in questo articolo le Natività raffigurate sono differenti; non ci sono stalle, l’asinello è rosso e il velo virginale può essere una coperta di fiori e colori che avvolge tutt’attorno… Eppure, il messaggio di celebrazione dell’origine resta lo stesso, eterno nel tempo, come un momento unico, magico.
ERLAND SIBUEA
La Natività nella terra fertile del pittore
Erland Sibuea, Nativity – (2008)
Erland Sibuea è un artista indonesiano scomparso pochi anni fa, la cui arte aveva come caratteristica la vivacità dei colori; i suoi dipinti sono caratterizzati dalla vividezza dei colori dei paesaggi balinesi e dai suoi splendidi dettagli. Alla natività di Erland Sibuea fanno da sfondo i colori del posto del cuore del pittore; i colori della natura balinese. Tra un manto di fiori gialli, foglie rosse, verdi e blu, germoglia l’inedita natività, come una corolla a tre petali, che si confonde nel luogo caro al pittore che tutto avvolge.Il luogo nativo di Erland Sibuea rappresenta la terra fertile per la Natività proposta dall’artista, Terra di origine speciale per un evento speciale.
HENRI MATISSE
L’origine della vita nella protezione dell’abbraccio materno
Madonna col Bambino, Henri Matisse – (1951)
Matisse non è stato soltanto tinte accese, colori vispi che vorticano nella Danza o s’addormentano insieme alla protagonista nella vertiginosa Stanza Rossa. La Natività di Matisse è circondata da un manto immaginario di bianco. Le due figure raccontano un’unione intuibile attraverso pochissime gestualità: le espressioni del viso e le braccia della Madonna che avvolgono il figlio parlano un linguaggio silenzioso che tutti riconosciamo.
Più o meno consapevolmente, attraverso le semplici sagome rievochiamo quei momenti di sconfinato affetto in cui, da piccoli, ci siamo sentiti al sicuro. Ed è in questa semplicità cromatica e diretta che Matisse racconta un dialogo universale: l’origine della vita nella protezione dell’abbraccio materno e il vincolo eterno che non potrà mai essere slegato.
MARC CHAGALL
Un punto di incontro per un dialogo interreligioso
Natività, Marc Chagall – (1941)
Marc Chagall, artista di origini ebraiche, mescola elementi della religiosità cristiana ed ebraica attraverso una serie di allegorie oniriche tipiche della sua produzione. Una madonna che allatta, forse un San Giuseppe volante, un asinello rosso, orologi, candelabri e, sulla sinistra, il Cristo crocefisso.Marc Chagall, pur appartenendo ad una famiglia ebraica ortodossa, ha spesso affrontato nei suoi quadri il legame ideale tra ebrei e cristiani, mescolando iconografie e sovrapponendo soggetti rubati a mondi diversi. Chagall, vero precursore di un dialogo interreligioso credeva in un Dio universale, un Dio di tutti, in grado di alleviare le sofferenze, indipendentemente da ogni credo o liturgia.
PAUL GAUGUIN
La natività tra il sacro e il quotidiano nel paradiso terrestre di Tahiti
La nascita di Cristo, figlio di Dio, Paul Gauguin – (1896)
Un’unica spinta accomuna i viaggi di Gauguin: una ricerca di luoghi non contaminati dal progresso moderno in cui ritrovare un mondo primordiale vissuto in modo quasi selvaggio e primitivo dai suoi abitanti. Ed è proprio al suo secondo soggiorno a Tahiti che risale la realizzazione, nel 1986, di quest’opera. L’artista compie una sorta di sincretismo tra le due religioni. Quella del popolo tahitiano attraverso la rappresentazione del Tupapaù, il totem polinesiano e quella dei colonizzatori cristiani rappresentando la natività. Tuttavia, nella Divinità di Paul Gauguin non risiede una volontà di trasmettere il credo cristiano alle popolazioni indigene che lo circondavano.Al contrario, aveva trovato il suo paradiso terrestre a Tahiti: un ambiente culturale contraddistinto da una spiritualità semplice abbastanza lontano da una civiltà occidentale che lo terrorizzava.
Ci troviamo di fronte a una rappresentazione della Madonna con i tratti di una donna tahitiana, ma al contempo con la testa circondata da una aureola, come quella del figlio appena nato tenuto in braccio da una donna; sullo sfondo una stalla con dei bovini che possono apparire come un richiamo alle più classiche rappresentazioni del presepe. Vicino alla donna seduta si intravede una figura, un angelo, con le ali verdi. La scena è sospesa tra il sacro e il quotidiano, i caratteri umani non hanno valenze allegoriche ma anzi sembrano ricondurre a un’idea della divinità che si trova in mezzo agli uomini, della sacralità che sta nella semplicità. Sembra che l’ispirazione per la realizzazione del quadro nasca non in riferimento alla religione, ma ad un fatto personale: in quell’anno infatti Pahura, compagna tahitiana di Gauguin, dava alla luce un figlio che sarebbe poco dopo morto.
BEATO ANGELICO
I messaggi universali che precedono la natività
Annunciazione del Prado, Beato Angelico – (1426)
In un portico pieno di luci e colori siamo gli spettatori dell’incontro tra due personaggi misteriosi. Entrambi sembrano timidi ma consapevoli di cosa sta per accadere, inclinano la testa e incrociano le mani. L’Arcangelo Gabriele è appena arrivato e sta per iniziare a parlare ed annunciare alla Vergine Maria di essere stata scelta da Dio per essere la madre di Cristo. E in quel momento esatto nasce l’Annunciazione nella versione del frate domenicano Beato Angelico. L’opera viene realizzata come tavola devozionale per l’altare di San Domenico a Fiesole, vicino Firenze. I due protagonisti sono appunto Maria e l’arcangelo Gabriele. Sulla sinistra un raggio diagonale di luce cade su Maria, illuminando il suo mantello blu molto intenso e il suo vestito rosa pesca.
L’opera di Beato Angelico non è una Natività, ma rappresenta il momento che la precede. La presenza sullo sfondo di Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso non è casuale; la scena della Genesi è accostata all’Annunciazione per significare che il peccato originale viene cancellato dalla venuta di Cristo.
Annunciazione di Cortona, Beato Angelico – (1434)
Ma l’Annunciazione del Prado non è l’unica Annunciazione di Beato Angelico. Nell’Annunciazione di Cortona gli elementi sono gli stessi: un portico e la cacciata dei progenitori sullo sfondo; ma ci sono anche delle differenze: non c’è più il raggio di luce che attraversa lo spazio come nell’opera del Prado; al suo posto rimane la colomba dello Spirito Santo sopra la testa di Maria.
Annunciazione del corridoio, Beato Angelico – (1443)
La terza versione è un affresco chiamato Annunciazione del corridoio Nord dal luogo dove è collocata all’interno del convento di San Marco, a Firenze. Dipinta tra il 1440 e il 1450, è molto più essenziale delle precedenti: scompare la scena della cacciata di Adamo ed Eva e tutti gli elementi di derivazione gotica che rendevano ricche e preziose le opere precedenti.
La prospettiva è molto più evidente, la composizione equilibrata e simmetrica: siamo ormai in pieno Rinascimento e Beato Angelico ce lo dimostra con quest’opera tanto semplice quanto elegante. Pur non rappresentando la Natività, le tre Annunciazioni di Beato Angelico rappresentano un momento molto toccante ed emotivamente impegnativo; Beato Angelico ci regala tre scene di estrema dolcezza e semplicità legate alla nascita.
Sette opere differenti per illustrare in modo alternativo un concetto semplice quanto antico quale la Natività.
Una Natività, che esprime in diversi modi i valori superiori che le sono strettamente connessi: nascita, rinascita, luce e speranza.
Valori senza spazio, senza tempo e senza confini.
Beatrice Laurora
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