ARTE CONCETTUALE
Le immagini che arrivano a occhi chiusi
Attraverso le opere di tre autori, il racconto di un linguaggio illustrato dai tratti semplici che scava nell’anima e svela i sentimenti e le paure di oggi
Beatrice Laurora
L’arte di raccontare con le immagini ciò che accade nel mondo: è l’illustrazione concettuale, linguaggio visivo largamente usato e ricercato che definisce qualunque espressione artistica in cui i concetti e le idee espresse siano più importanti del risultato estetico e percettivo dell’opera stessa. Una grafica semplice e dai tratti decisi per un contenuto visivo intelligente e che coglie l’intimità del messaggio che vuole trasmettere. L’arte concettuale è il punto d’arrivo di un percorso che, dall’impressionismo in poi, ha caratterizzato l’evoluzione dell’arte visiva contemporanea mediante la volontà di sottrarre l’arte medesima ai vincoli formali e culturali che ne costituiscono la tradizione. Con l’innovazione tecnologica l’illustrazione concettuale oggi prende sempre più piede. L’illustrazione perfetta è molto semplice, arguta e comprensibile dalla gente; i contenuti e il linguaggio per metafore, facili da capire. Tra il caos dei sentimenti e la calma della riflessione, fermi in qualche angolo di universo, i protagonisti dell’arte concettuale, sono creature che vivono il proprio attimo imperfetto in un posto perfetto, dove il sentimento è vivo e si mescola con l’aria. Il risultato finale di questa esperienza è la ricerca di un proprio linguaggio attraverso lo studio e l’analisi di diverse tematiche che lo scenario di oggi offre ad illustratori e disegnatori. In questo articolo parliamo di tre artisti moderni che si sono fatti conoscere in questo campo.
Oamul Lu dalla Cina, Moonassi dalla Corea Del Sud e Andrea Ucini dall’Italia: tre mondi distanti che s’incontrano nella solitudine tra un pensiero profondo e un disegno dai tratti semplici ma pregni di empatia. Semplici sono i tratti come semplice è la bellezza racchiusa nei concetti tradotti dalle immagini realizzate da questi uomini; complesso è invece il sentimento nascosto, la corda che vibra proprio nel punto in cui il disegno prende forma e acquista il suo senso.
OAMUL LU
L’artista naif degli scenari colorati
Oamul Lu è un giovane illustratore cinese a cui piace disegnare ciò che vede e sperimenta nella vita. Il lavoro di Oamul, principalmente dipinti e acquerelli, ma anche GIF e animazioni più lunghe, a ritrae personaggi in paesi delle meraviglie naturali oppure ricrea semplicemente l’ambiente circostante attraverso una lente morbida. Emblematico è lo stile da Oamul : 小清新 (xiao qing xin), un’estetica cinese twee-esque che abbraccia l’innocenza infantile e le fibre naturali.
La natura è sempre stata una grande ispirazione. La città natale di Oamul è una piccola città di montagna dove l’artista vi ha passato molto tempo tra vette, boschi e piante.
Oamul è riuscito a passare dal realizzare disegni online alla pubblicazione di un libro Il suo primo libro, I found a star, è stato in realtà un po’ accidentale: “Disegnavo tante piccole storie e le condividevo su Weibo, una specie di serie di fumetti online.” Alla fine un agente si è messo in contatto e ha detto che avrei dovuto raccoglierli in un volume, quindi ho iniziato a esplorare questa opzione e ho pubblicato il libro nel 2012. Nel 2015 ho pubblicato il mio secondo libro, Feribo, che parla di una volpe che si innamora di un coniglio e deve diventare più simile a una carota. Un proverbio cinese dice che si può mangiare tutto quello che vola, nuota, striscia e cammina, e l’abitudine cinese di trovare per ogni cosa, luogo o evento, la denominazione adeguata, aiuta senza dubbio a rendere più appetibile un topo. A dirla tutta, i cinesi prendono in considerazione addirittura l’idea generale di mangiare o di farsi mangiare per troppo amore, quasi come se fosse un modo per tenersi legati a chi si ama per sempre. “Feribo è come mio figlio, e sono ancora concentrato sul raccontare la sua storia e renderlo più popolare come personaggio”, dice Oamul Lu.
“Quando sono circondato dal verde di splendidi spazi aperti, è facile sentirmi a mio agio ed essere in pace con tutto.”
I protagonisti dei quadri di Oamul si contraddistinguono per l’aria innocente, sognante. Testa tra le nuvole e piedi per terra, sono uomini, donne, animali, dai cui volti si percepisce il senso di leggerezza donato dall’ambiente in cui si trovano. Fermi in un certo posto, che sia incantato, o che sia semplicemente un luogo quotidiano reso tale da un fiore, i personaggi di Oamul si godono il loro tempo.
MOONASSI
L’uomo senza identità
Moonassi è lo pseudonimo del pluripremiato artista grafico Daehyun Kim, ed è anche il nome di una serie di illustrazioni in corso che ha concettualizzato per la prima volta nel 2008. In coreano, moonaa è foneticamente simile a una frase che significa “non esiste una cosa come me ” o “vuoto”, mentre “-ssi” è un suffisso comune usato quando le persone si rivolgono l’una verso l’altra. L’ artista stesso spiega: “Quando le persone mi chiamano Moonassi, è come se stessero chiamando qualcuno che non ha identità”.
Moonassi trasporta dentro quel microcosmo che ognuno di noi ha. I personaggi di Moonassi sono tutti uguali e, come dice il suo nome, sono tutti senza identità; l’artista punta a creare una figura anonima con cui avere il confronto, come se ci guardassimo ad uno specchio. Tutti disegnati con contorni similmente curvi, le stesse facce inespressive e gli stessi vestiti anonimi, i tratti inespressivi del viso sono influenzati dal suo fascino per l’antica arte buddista in cui l’entità divina è spesso mostrata in uno stato di profonda meditazione con un viso impassibile simile a una maschera. Non c’è differenza di genere, di razza o alcuna peculiarità fisica: sono tutti uguali. Questo perché, quando si è a contatto con gli altri, si ha l’opportunità di conoscere anche se stessi, per quanto sia difficile e non si riesca sempre, ammesso e non concesso che ci si provi. L’essere l’altro è, quasi sempre, un essere noi con il quale ci dobbiamo confrontare. E non è facile: ci vuole coraggio e presenza nel mondo, voglia di indagarci e forza nel farlo. Per questo Moonassi ha sempre un grande spazio vuoto intorno ai suoi piccoli protagonisti, per permettere a loro di avere lo spazio necessario per scavare, guardarsi dentro, forse amarsi. La concezione zen del vuoto che riempie, che anche quando svuota in realtà lascia qualcosa: se stessi. La surreale esistenza che vivono le sue figure in bianco e nero, silenziose e leggere, costrette su un palcoscenico immaginario è, però, solo apparentemente separata da questa realtà. Con uno stile asciutto e semplice Moonassi definisce chiaramente gli aspetti del nostro vivere quotidiano, dal dolore che vorremmo tagliar via, alla sensazione di vuoto legata ad una perdita, ai mille frammenti in cui sentiamo di esserci ridotti; la ricerca incessante della felicità, la solitudine o l’inquietudine di un’identità perduta, la sensazione di smarrimento legata ad un ricordo ormai lontano.
ANDREA UCINI
Il poeta del disagio e della paura
Andrea Ucini è nato in Italia e si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio di Firenze. Dopo la musica, la sua seconda passione è il disegno, di cui ha fatto una professione. Lavora da anni con prestigiosi clienti internazionali. Vive in Danimarca. “In ogni illustrazione cerco di creare il più possibile, senza lasciare che il concetto venga espresso attraverso un’immagine troppo lontana dalla realtà”, spiega Ucini. Ucini esamina le fobie umane e le paure in modo poetico. Lavorando con le illustrazioni concettuali, Ucini presta particolare attenzione al messaggio principale che l’illustrazione deve trasmettere. Qualcosa che apre gli occhi al destinatario. Ecco perché il suo soggetto preferito è sfidare il pubblico con metafore che rispecchiano la quotidianità e interpretare in modo coerente ciò che lui stesso vuole esprimere. Per Ucini, si tratta soprattutto di svelare con l’immagine l’identità della persona illustrata, per risvegliare la curiosità di chi osserva il dipinto lasciandogli la gioia di averlo capito. È un semplice equilibrio. L’intento finale dell’illustratore è quello di raggiungere il più ampio spettro di comprensione visiva cercando di creare qualcosa che possa essere capito sia da chi non sa nulla sul tema rappresentato, sia da chi è più informato. Ucini raggiunge il suo scopo attraverso composizioni ordinate, linee precise e texture pulite, che si uniscono per formare illustrazioni espressive.
Nel quadro c’è una persona col capo chino e il braccio destro alzato. In mano ha un cappello, col quale saluta un pubblico che non si vede e del quale forse l’osservatore ne fa parte. Dietro, un grande sipario sta per chiudersi. Al di là di esso, un cielo azzurro con qualche nuvola. Il palcoscenico: un tappeto erboso.
È questa la prima immagine, cupa ma al contempo rappacificante, che appare in How to die well un insolito progetto editoriale che parla di morte e lo fa con tutta la necessaria serietà dovuta a un tema tanto significativo e centrale nell’esistenza di chiunque. L’inequivocabile titolo non cela livelli di ironia, è da prendere alla lettera. Sono le atmosfere, solenni ma non oppressive né pesanti, a fare la differenza. E i piccoli dettagli: un’ombra mancante, una nuvola che copre il volto di chi non c’è più, una luce che attraversa una finestra e, proiettata su un tavolo, diventa il foglio su cui scrivere un testamento.
Ad How to die well segue un altro bel progetto nato in collaborazione con l’agenzia Rankin: Lost for Words, una raccolta di ritratti e video-interviste che parlano, con molta grazia, della fine, del lutto e dell’andare avanti, dopo.
Nelle sue illustrazioni, Andrea Ucini affronta tutte quelle tematiche attuali che ci rendono sensibili, vulnerabili: il prendersi cura di qualcuno a noi caro in un momento fragile, di malattia; il lavoro isolato, in questo momento storico particolare, in cui la maggior parte di noi lavora da casa; la paura del mondo, dell’ignoto, di noi stessi.
Nei quadri Ucini rappresenta il disagio della famiglia alla perdita di una nonna o di una mamma per alzheimer. Marco e suo padre fanno fatica ad accettare che Lucia, la loro Lucia, malata di alzheimer, sia sparita nel giro di pochi mesi in un modo così violento e doloroso. Ma è arrivato il momento di imparare a interagire di nuovo con lei, come fosse un’altra persona. Diario di un caregiver, progetto illustrato da Andrea Ucini per Mind Magazine, risponde ad una semplice domanda: “In tutto questo, io, come sto?” La cosa buffa è che a un caregiver non viene mai in mente di chiedersi come sta. Quando glielo chiedono gli altri, che siano parenti o amici, spesso risponde con frasi di circostanza, perché, tanto, quelli che non vivono questa situazione non riuscirebbero a capire.
Beatrice Laurora
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