TEATRO
PIERO MACCARINELLI “Credo in un teatro che faccia riflettere sui rapporti umani”
Così la pensa Maccarinelli che con “Il Figlio”, in scena al Teatro Della Pergola, esplora con sottile psicologia e profonda introspezione, le complesse dinamiche relazionali tra genitori e figli adolescenti che spesso non si comprendono e, inconsapevolmente, si allontanano. Un’opera che affronta il dramma dell’incapacità in famiglia di capire sé stessi e gli altri.
«Mentre nel Padre venivano analizzati gli atteggiamenti degli altri in rapporto all’Alzheimer, qui Florian Zeller ci conduce sapientemente per mano sul terreno delle incomprensioni generazionali all’interno del nucleo familiare. E viviamo la vita in tutte le sue sfaccettature per piantare uno specchio nel cuore a tutti i genitori di un figlio adolescente. Non voglio svelare il grande colpo di scena del finale che spero emozioni gli spettatori. Rappresentato già in moltissimi Paesi, è un onore per me dirigere questo testo lucido, intelligente e carico di emozioni: un gran bel pezzo di teatro contemporaneo di parola». Alzi la mano chi non conosce la scrittura di Zeller riproposto in Italia solo da Piero Maccarinelli specializzato in teatro contemporaneo, regista, ma anche fine psicologo e studioso dell’essere umano, che riesce a captare per primo le vibrazioni che un testo può dare al pubblico.
Piero Maccarinelli è un fiore all’occhiello del teatro italiano, una rarità di personaggio: non si mette in mostra, non fa vetrine istituzionali non va nei salotti: lavora e basta. Oltre a regista teatrale è un ottimo direttore artistico.Dopo gli studi di Architettura al Politecnico, ha preso il diploma di regia al Piccolo di Milano e già nel 1982, da giovanissimo perchè è del 1957, avvia la sua carriera da regista diventando assistente del grande e compianto Maurizio Scaparro per la Biennale di Venezia e il Teatro alla Scala. I protagonisti de Il Figlio che dal debutto di Firenze, Teatro della Pergola – prodotto da Teatro della Toscana con Teatro Parioli – di cui Maccarinelli è direttore artistico, sta girando con enorme successo le sale più importanti d’Italia, sono uno straordinario interprete come Cesare Bocci, le brave attrici Galatea Ranzi, Marta Gastini e un grandissimo e strabiliante giovane attore: Giulio Pranno. Segnatevi bene questo nome e non dimenticatelo.
Maccarinelli, questo lavoro di Zeller, Il Figlio, è decisamente sconvolgente e splendido
“È qualcosa che avevo dentro da sempre anche perché la trama è semplice, ma non il tessuto di emozioni, la voglia di svelare quel che spesso, troppo spesso si nasconde. Il Figlio conquista grazie non solo alla bellezza del linguaggio, ma anche alla capacità di introspezione, ai rimandi fra un personaggio e l’altro, al manifestarsi delle loro debolezze, delle loro incapacità di capire sé stessi e gli altri».
Sì, ma qui la posta è molto alta: in gioco ci sono le incomprensioni tra figli e padri, e non sono solo generazionali, come i conflitti.
“È vero, ma volutamente la vicenda è una storia comune a molte famiglie: i genitori di Nicola sono divorziati, il padre ha una nuova compagna e un figlio piccolo. L’ex moglie lo va a cercare quando scopre che Nicola, nonostante lo neghi, non va più a scuola e decide di andare a vivere con la nuova famiglia paterna. Nicola inventa un mondo parallelo di bravo ragazzo ma nella realtà si chiude sempre di più in sé stesso. Perché vive un disagio vero, adolescenziale dove chiunque ci si può rivedere. Infatti, neppure dal padre il ragazzo trova un po’ di serenità, perché continua a mentire anche a sé stesso facendo finta di vivere in un mondo che risponda positivamente alle domande dei genitori. Non per farli felici, ma perché non invadano i suoi pensieri nefasti fatti di atti che rinnega anche davanti all’evidenza”.
Maccarinelli, lei sta portando avanti anche un progetto che potrebbe far storcere il naso ai puristi del palcoscenico: cioè dichiaratamente legare il teatro alla televisione.
“In qualche modo è una scommessa e fa parte della mia mission: dare spazio ad attori conosciuti, ma con una certa dimestichezza col teatro, perché non frequentino i palcoscenici teatrali solo occasionalmente. Cosa c’è di male a fare televisione? A me va benissimo: se pensi che alcuni grandi attori che noi oggi rimpiangiamo, sono nati con le serie televisive. E non parlo di nomi qualunque, pensa ad Anna Maria Guarnieri o Alberto Lupo. Molti altri, che venivano dal teatro, hanno fatto grande la televisione ai tempi degli sceneggiati televisivi, questa è storia dello spettacolo. L’importante è che sappiano fare teatro. Ti faccio l’esempio di Serena Autieri, che ho diretto ne La Menzogna sempre di Zeller, ti assicuro che per me è stata una rivelazione. Una bravissima attrice non solo televisiva. Dunque, ti dico, se la televisione è fatta bene, ben venga in teatro: io non ho nessun pregiudizio, tanto che avremo Tullio Solenghi, Ale e Franz, Riccardo Rossi, Massimo Ghini e Paolo Ruffini e tanti altri che sono più noti in tv. E comunque io credo in un teatro che vuole essere anche una casa, dove confrontarsi con i temi importanti della società. Non solo proporre un teatro di evasione. La lezione di Maurizio Scaparro è stata anche questa”.
Dopo tutti questi anni di teatro e sperimentazione, quali sono state le sue più grandi soddisfazioni?
“Con Veronica Pivetti in questo momento sto proponendo al Parioli la grande musica lirica fino al 20 marzo ho quattro incontri dedicati per chi la ama e per chi vuole conoscerla. Tra gli ospiti ci saranno Cecilia Gasdia, sovrintendente dell’Arena di Verona, Francesco Micheli direttore artistico del Festival Donizetti, il baritono Leo Nucci e il tenore Fabio Armiliato. Per rimescolare ancora di più le carte si è pensato di farne un format che possa passare dalla televisione al teatro attraverso incontri piacevoli.
Infine, le domando: da regista chi le piace, me lo passi, plasmare di più?
“(Ride) Plasmare è una parola grossa, ma la mia soddisfazione come regista è stata aver diretto attori straordinari come Valeria Moriconi e Gianrico Tedeschi per autori come Thomas Bernhard che faccio in modo diverso dagli altri. E poi sì, ci metto anche Umberto Orsini e Milena Vukotic, due fuoriclasse. Altra soddisfazione che ho avuto, fare spettacoli site-specific come L’invenzione dell’amore di Stoppard andato in scena sul Cretto di Burri, la lettura integrale de L’Eneide e i 12 libri dell’Iliade alla Colonna Traiana. Resta in alta classifica, comunque, la mia missione di lavorare con i ragazzi: per questo ho fondato l’associazione Artisti Riuniti. Avrai capito che le mie passioni sono due: lavorare con i grandi e con i giovanissimi. Mai contemplate le vie di mezzo”.
“La trama è semplice, ma non il tessuto di emozioni, la voglia di svelare quel che spesso, troppo spesso si nasconde. La vicenda che si racconta ne “Il Figlio” è una storia comune a molte famiglie. Quando i genitori mancano di ascolto e comprensione, i figli si isolano in un mondo immaginario dove le risposte sono sempre quelle che vorrebbero sentirsi dire, ma la realtà resta irrisolta e incompleta”
Giornalista