CULTURA E SOCIETÀ
Vivere all’epoca del “turbo-cambiamento”
Covid19, cambiamenti climatici e conflitto Russia-Ucraina stanno accelerando la trasformazione tecnologica, sociale e culturale della nostra era. Una tempesta perfetta che produce a ritmo sostenuto un modo diverso di vedere le cose, il lavoro, la vita, la creatività, l’esistenza. E che richiede, per essere vissuta e indirizzata al meglio, flessibilità, apertura mentale, conoscenza, capacità critica. E un profondo e sentito orientamento etico
Donatella Zucca
Covid19, cambiamenti climatici e conflitto Russia-Ucraina stanno accelerando la trasformazione tecnologica, sociale e culturale della nostra era. Una tempesta perfetta che produce a ritmo sostenuto un modo diverso di vedere le cose, il lavoro, la vita, la creatività, l’esistenza. E che richiede, per essere vissuta e indirizzata al meglio, flessibilità, apertura mentale, conoscenza, capacità critica. E un profondo e sentito orientamento etico
“La madre delle invenzioni è la necessità, ma anche la paura non è priva di ingegnosi sotterfugi”
(Joseph Conrad)
Questa frase di Joseph Conrad calza a pennello col momento che stiamo vivendo, le pazzie del clima, la pandemia e la guerra hanno velocizzato cambiamenti già in atto, la messa a punto di nuovi prodotti, l’adozione di nuovi stili di vita, modi di lavorare, studiare, fare e diffondere arte. Un cambio di passo cui oggi s’aggiunge la paura che il conflitto Russia – Ucraina degeneri nell’utilizzo di armi nucleari. Un grande caos sociale, culturale, economico e individule che chiede flessibilità e capacità di modificare più volte la rotta, da cui emergono con potenza solo i lati brutti nonostante i suoi non pochi risvolti positivi.
Per descriverlo inizierei col Covid19, forse il minore dei mali, i cui effetti si sono manifestati globalmente, a partire dal settore tecnologico. Tra quelli negativi, la fornitura delle materie prime penalizzata dalla carenza e imprevedibilità di approvvigionamento di certe componenti per Hardware e Software, che ha influito sul lancio di nuovi smartphone e non solo. Lo stesso vale per i semiconduttori, i cui ritardi e interruzioni nelle forniture di prodotti chimici, allumino e rame sono ricaduti sulla creazione dei sistemi e la catena della produzione elettronica, rendendo necessaria una modifica delle strategie aziendali di commercializzazione, proprio mentre cresceva vertiginosamente la domanda di tecnologia di livello medio e alto. Quasi che le obbligate esperienze tecnologiche della pandemia avessero portato a un’isteria della domanda, che non sempre ha permesso al mercato dell’offerta di riprendersi dai vari lockdown ed essere in grado di rispondere. Un esempio lo abbiamo avuto con gli aeroporti, impreparati a far fronte ai flussi di viaggiatori, nonostante il Covid non fosse ancora del tutto debellato e per lavoro si volasse molto meno.
Tra riflessi positivi e negativi, l’esperienza pandemica ha dato la precedenza a iniziative giuste e decretato un sopravvento del bello e ben fatto da cui emergono propositi di responsabilità sociale e ambientale. Un orientamento destinato ad accompagnare un futuro guidato da persone capaci di affrontare l’imprevedibile, pensare servizi e prodotti adeguabili ai cambiamenti politici, ambientali, bellici e umani. In alcuni casi e per molti settori un cammino che era già in corso. Nel mondo dell’occupazione continuano a crescere i DIY (Do-It-Yourselfers) e i lavoratori dipendenti tendono a voler essere collaboratori nella creazione di servizi e prodotti, non solo esecutori di idee. Appurati i vantaggi sotto il profilo dell’efficienza, dei consumi energetici e degli spazi dedicati, quindi dei costi, l’esperienza del lavoro a distanza ha portato a una sua crescita, specialmente nelle aziende più avanzate che lo promuovono insieme allo smartworking. Opzione scelta soprattutto per le conferences, perché si traduce in risparmi nelle spese di viaggio e soggiorno dei partecipanti, lo conferma un aumento della richiesta di software per teleconferenze. Senza contare la riduzione delle emissioni di carbonio e di altri impatti ambientali legata ai minori spostamenti in auto, aereo etc, che ricadono favorevolmente nel contesto generale. Tesi avvallate da report e studi effettuati da Deloitte, London School Economics, il quotidiano d’informazione IPSOA, il Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e ANPAL.
Grande attore di tutto questo, la dimensione umana della tecnologia, confermata anche dal Rapporto Coop 2021, per cui il digitale disegna un futuro di maggiori consapevolezze. Dallo studio emerge che il 65% degli italiani è soddisfatto del rapporto con la tecnologia, tre dirigenti su quattro vedono nell’innovazione tecnologica e il digitale un’importante leva del sistema produttivo ed economico futuro, con ricadute sul lavoro ormai sempre più ibrido: il 95% di loro prevede nell’arco di 3-5 anni un calo dell’83% del lavoro in presenza a favore di quello agile e dello smartworking. Un nuovo status destinato a provocare cambiamenti radicali in molti settori e, per chi è incapace di cavalcare l’onda, inevitabili terremoti. L’industria cinematografica, a fronte di una continua crescita di vendite di televisori con grandi schermi, Pay TV (in Italia il 70% è abbonato), film su smart TV connessi a internet e home theater, si ostina a invitare ad andare al cinema, invece di invitare a vedere i film come e dove si vuole, ripensare le proprie strategie di business e i propri format prendendo atto della realtà. Vedere un film tra persone con cui esprimere pareri, per esempio nel relax della propria casa, è molto meglio, oltre che più gradevole. Stare stipati in una sala cinematografica, tra sconosciuti con cui non si parla, ormai non ha più il senso di una volta. Secondo Cinetel, dal primo gennaio 2022 a luglio, in Italia il settore ha incassato €126,6 mln, il 14,9 % in meno rispetto al 2020 e il 56,5 % sul 2019. Dal 1° al 31 maggio 2022, i biglietti venduti sono calati del 50,7 % rispetto allo stesso periodo dell 2019.
Il Covid ha dato impulso a una trasformazione socio-culturale che ha aperto la strada a transizioni ambientali, demografiche e digitali, decretando la fine di alcune occupazioni e creando nuovi lavori che chiedono nuove figure professionali. Un cambiamento di competenze accompagnato dalla crescita di professioni trasversali da affiancare a quelle tecniche che, non senza ostacoli, sta accelerando la svolta verso un futuro migliore. Nel quotidiano, i dehor dei bar e dei ristoranti nati in pandemia, continuano a funzionare benissimo, così come il food delivery che lancia segnali sul fronte della sensibilità ambientale e della salute. Per l’82% rappresentato da utenti maschi di classe medio/alta, in genere sotto i 30 anni, ha segnato un aumento del 127% nel consumo di piatti vegetariani e del 90% di vegani (rapporto Coop 2021). Il report di McKinsey sulle tendenze alimentari post Covid in Europa, conferma come certe tendenze continueranno in futuro. In Italia, la metà di chi nel 2020 ha acquistato nell’e-commerce del grocery continuerà a farlo, optando su prodotti sostenibili, sani e di qualità, che cerca anche tra quelli economici. Una sensibilità per cui noi, più ancora di altri consumatori europei, siamo disposti a spendere. Protagonista, sempre l’innovazione tecnologica, persino nel food e con ruoli cruciali. Gli investimenti nell’automazione dei processi crescono del 13% l’anno, per i retailer l’adozione di soluzioni di information technology sarà sempre più importante, il data management permetterà analisi avanzate della supply chain e l’offerta di soluzioni personalizzate ai clienti. Persino l’artigianato si è rinnovato attraverso il digitale, come per l’arte, entrando spesso nelle nuove dimensioni della realtà virtuale, del mondo dei NFT (Non Fungible Token) e del Metaverso, proponendo nuovi rapporti tra uomini e tra uomo e società. Anni fa, l’editorialista di Fortune, Geof Colvin, immaginando il futuro parlava di un’economia sociale i cui primi attori sarebbero stati uomini che interagiscono fra loro e con le macchine. Sul fronte della sostenibilità ambientale, la pandemia e i fenomeni climatici hanno tinto di verde settori impensabili come quello nautico, di cui siamo leader mondiali con un fatturato 2021 cresciuto del 23,8%. Incremento legato a un modo diverso di vivere il mare, in parte legato al fatto che molti hanno vissuto la pandemia navigando sulla propria barca. Contatti prolungati col mare che ne hanno fatto riscoprire la bellezza e il cui rispetto è diventato un punto d’orgoglio per loro e un plus qualitativo per l’imbarcazione. Il report di Mordor Intelligence AB Newswire di luglio 2022, prevede che il mercato delle barche e delle navi elettriche, nel 2020 valutato US$ 4,581.3mln, raggiungerà i 9,010.5mln entro il 2026. Senza contare, come per le auto, il boom degli ibridi e le prime autoproduzioni di idrogeno a bordo. I cantieri italiani Sanlorenzo, insieme a Siemens Energy, nel 2024 vareranno una nave da diporto di 50mt che, unica al mondo di quelle dimensioni, produrrà idrogeno a bordo a emissioni zero. Negli ultimi due anni, il Monaco Energy Boat Challenge è diventato il più autorevole incontro di ricercatori, imprenditori e universitari impegnati nello studio di barche a zero emissioni. Nel 2022, 38 equipes di 21 nazioni, 27 università e oltre 50 barche con diversi tipi di propulsione, inclusa la pluripremiata del Team Argonauts – UniBoat, dell’università di Bologna, che integra nel suo sistema varie fonti di energia a emissioni zero. Questo e tutto il resto, dopo e durante un sommarsi incredibile di situazioni avverse che impediscono persino ai maggiori esperti di fare previsioni a lungo termine.
Lo studio Rethinking Operational Risk and Resilience di Deloitte Netherland spiega che, alla luce della guerra in Ucraina, i piani di continuità aziendale delle multinazionali avrebbero dovuto valutare di dover far fronte a eventi improvvisi capaci di paralizzare le loro operazioni e la scelta di una sede per servizi condivisi avvenire considerare i fattori geopolitici. “Con la Russia, molti leader hanno commesso un errore fondamentale: credere che l’integrazione economica avrebbe reso impensabile la guerra”. A questo punto, non è azzardato dire che per prevedere cosa accadrà ci vorrebbe la sfera di cristallo, è comunque certo che conoscenza, collaborazione, resilienza e capacità di trarre energia dagli uragani del cambiamento, sono e saranno indispensabili. Forse ha proprio ragione lo storico israeliano Yuval N. Harari, che, in un articolo pubblicato da Financial Times nel 2020 scrive: “Responsabilizzare i singoli è meglio che spiarli e la cooperazione globale appare indispensabile. Al tempo stesso, diverso appare il modo attraverso cui arrivarci. Per l’etica pubblica, la soluzione di lungo periodo sta nel rendere, dal punto di vista individuale e collettivo, la responsabilità della persona, la sua consapevolezza cognitiva e critica, più capace di reagire tenendo conto degli altri. Scegliendo tra varie alternative, non dovremmo chiederci solo come superare la minaccia immediata, ma come sarà il mondo quando la tempesta sarà finita”.
“Non è la specie più forte a sopravvivere, e nemmeno quella più intelligente ma la specie che risponde meglio al cambiamento”
(Charles Darwin)
Donatella Zucca
Giornalista e scenografa