TEATRO
PAOLO GENOVESE “Dal cinema al teatro per raccontare la fragilità dei rapporti umani”
Nella sua prima regia teatrale Paolo Genovese ha puntato su “Perfetti sconosciuti”, il suo grande successo cinematografico. Una storia che ben si presta a svelare quanto i cellulari siano entrati nelle pieghe più recondite dell’esistenza umana carpendo segreti, emozioni e sentimenti dei loro proprietari. Un aspetto inquietante della vita odierna che il teatro ha la capacità di fare emergere e sentire con intensità ed efficacia
“La sensazione di avere un pubblico è meravigliosa. C’è questo continuo flusso di andata e ritorno di emozioni dal palcoscenico allo spettatore che fa la differenza, soprattutto per me che vengo dal cinema e sono abituato all’unilateralità, è stata una sorpresa bellissima”. Così Paolo Genovese che firma la sua prima regia teatrale con un lavoro che è l’adattamento del suo film di grande successo, stesso titolo, Perfetti sconosciuti che ha vinto, in pellicola, due David di Donatello, due Nastri d’argento e che nel Guinness dei primati ha più remake in assoluto nella storia del cinema. Lo spettacolo, che poi girerà i teatri d’Italia, è ovunque sold out, e resterà al Teatro della Pergola di Firenze fino al 2 aprile per poi fare tappa a Pontedera fino al 5 aprile. La regia di Genovese e in scena bravi attori, artefici di una bella prova corale, come Dino Abbrescia, Alice Bertini, Marco Bonini, Paolo Calabresi, Massimo De Lorenzo, Anna Ferzetti e Valeria Solarino per un atto unico di 1ora e 20 minuti.
Regista, sceneggiatore e scrittore, Genovese è uno degli autori più amati del cinema italiano. Dalla Francia agli Stati Uniti, dalla Russia alla Cina – l’ultima versione, la ventesima, è stata annunciata in Islanda quest’anno – Perfetti sconosciuti ha conquistato, dopo il pubblico al cinema, anche quello del teatro.
Genovese, sui rapporti umani è difficile scherzare.
“L’idea è portare in scena e svelare con intatta precisione la fragilità di rapporti umani e delle relazioni. La storia che durante una normale cena, un gruppo di amici decida di fare un gioco della verità che consiste nel mettere i cellulari sul tavolo e condividere messaggi e telefonate, cosa che finirà per metterli l’uno a conoscenza dei segreti dell’altra, è un crescendo che trasforma l’esperimento scherzoso dell’inizio, un insospettabile gioco al massacro che ha funzionato da subito anche al cinema”.
Perché qui si parla di segreti custoditi dentro ai cellulari.
“Appunto. Una volta i segreti erano solo nella nostra mente, ma con i cellulari siamo diventati tutti più esposti, sono il nostro tallone di Achille perché hanno la potenzialità di renderci deboli. Alla fine, non si tratta di nascondere solo l’amante, ma possono contenere l’intera sfera del nostro privato, il che non è poco perché in qualche modo ci rendono schiavi”.
Genovese, ci parli di questo inedito debutto teatrale.
“Ci abbiamo lavorato quasi due mesi, dal film pronto ci è voluto un lavoro di adattamento importante, per un’occasione che fluisce: come il film è spezzettato in varie fasi, così a teatro c’è un’unica scena che funziona bene e non ha problema. Ma sinceramente non mi aspettavo il successo incredibile che ha avuto lo spettacolo nei debutti secchi, nonostante la presa che ha avuto dovunque il film. Siamo sold out in tutta Italia a tutte le date. Per me è importante questa prova, non avevo mai fatto teatro prima in vita mia”.
Come mai allora arrivare al teatro?
“È la mia voglia di sperimentare, per me una cosa nuova dopo vent’anni di solo cinema. Perché mi piace raccontare in tutte le forme di un racconto, ho scritto romanzi, ho firmato regia per il cinema e scritto sceneggiature, ma col teatro non mi ero mai misurato. Allora ho pensato a questo adattamento e sono stato contento di aver trovato un pubblico calorosissimo. Nonostante il debutto a Firenze, città considerata allerta rossa per tutti i teatranti, perché estremamente esigente e tradizionale. Ci credi che è stata la città più calda per ora?”.
Attori bravi e ben messi insieme.
“Il lavoro è stato anche di cambiare completamente il cast senza tradire lo spirito del film, ma per poter rendere anche dal palco un’interpretazione in maniera personale e fedele”.
Cosa funziona di più?
“Di sicuro l’immedesimazione su come i cellulari continuino a stravolgere la nostra vita, cellulari che sono la nostra personale scatola nera, è cosa che tocca a tutti. Questa storia mette a nudo le nostre debolezze: conta tantissimo l’immedesimazione con la tecnologia vissuta indirettamente. L’idea è quanto si sia connessi in questo evento storico, per questo non mi è bastato più il cinema, ma ho voluto dare alla mia commedia un’altra opportunità a teatro, mettendola in scena”.
Una commedia che fila via liscia, senza sbavature senza volgarità.
“Perché la commedia è un genere meraviglioso una sorta di cavallo di Troia che entra con aria leggera dove ridi, ti diverti, lascia sedimentare le riflessioni importanti, e poi improvvisamente la rappresentazione diventa drammatica. Dove non c’è solo il riso, ma il riso mischiato al dramma. Se ci fai caso siamo pieni di film e spettacoli che vogliono solo far ridere, ma si dimentica che la tradizione del nostro cinema e del nostro teatro si basa sulla commedia, che ha in sé una componente drammatica. Questa è la nostra caratteristica e bisogna tenerlo ben presente”.
Genovese, a chi è rivolto Perfetti sconosciuti?
“A un pubblico trasversale perché è un’esperienza diretta, una storia che è piaciuta ai sedicenni come agli ottantenni, ai ragazzi più giovani come i loro genitori basata su come si rapportano a uno strumento che è diventato normalità e che non solo fa parte della loro vita ma che è in qualche modo il loro prolungamento. Attraverso il quale anche gli anziani con questo nuovo strumento hanno cambiato la loro vita. Qui si beve, si mangia si sta tra amici, ma poi si parla. Come nell’antichità, quando la conversazione non era un optional, né una pratica da remoto”.
“La commedia è un genere meraviglioso una sorta di cavallo di Troia che entra con aria leggera dove ridi, ti diverti, lascia sedimentare le riflessioni importanti, e poi improvvisamente la rappresentazione diventa drammatica”
Giornalista