INTERVISTA
OTTAVIA PICCOLO La mia vita sul palcoscenico
Dall’infanzia ad oggi, l’attrice italiana Ottavia Piccolo, racconta in questa intervista esclusiva ad ArteCultura Magazine, il suo percorso artistico che l’ha portata a calcare le scene da protagonista. E riflette sulla scelta dei ruoli e la sua visione del teatro contemporaneo.
“Ho un figlio di 48 anni, Nicola, che si occupa di concerti ed è sempre a giro per l’Italia: è un direttore di produzione, ragazzo molto affidabile. Mio marito è Claudio Rossoni, giornalista ora in pensione, come scelta abbiamo deciso di abitare a Venezia. Il che mi fa sentire libera e serena per il mio lavoro a teatro. Che per me è il completamento etico della vita, perché ha sempre parlato di esseri umani ad altri esseri umani. Da sempre parla alla ‘polis‘ e a tutto quello che gli sta intorno fatto in tanti modi diversi: perché non c’è un solo modo di fare il teatro, ce ne sono centinaia, alcuni li so fare e fanno per me, altri no”. Che dire di Ottavia Piccolo che inizia da bambina, a 11 anni, a calcare il palcoscenico nel ruolo di Helen, la protagonista di ‘Anna dei miracoli’ di William Gibson con la regia di Luigi Squarzina? E che dire di un’attrice straordinaria come Ottavia Piccolo che poi approfondisce la sua formazione artistica ne ‘Le notti bianche’ tratto da Dostoevskij? Anche il suo esordio al cinema è importante, nel Gattopardo di Luchino Visconti, nel ruolo di una delle figlie del Principe di Salina: anno di grazia 1963. E aveva solo 14 anni.
Signora Piccolo, dal sodalizio con il drammaturgo Stefano Massini, ha scelto di non portare in scena autori classici, ma un teatro, diciamo, contemporaneo: non dico civile, visto che il teatro incivile non esiste.
“Ecco, brava. Anche io la penso così: il teatro incivile non esiste. Ma di certo bisogna essere onesti con noi stessi, e guardarsi. Io certi personaggi non li posso più fare anche perché c’è una variabile, il tempo che passa: se una volta potevo fare Giulietta oggi certamente no. Io per prima mi sentirei ridicola e a disagio, come è giusto che sia. Poi è anche vero che ci sono personaggi importanti nel teatro classico, ma se non trovo un regista che mi convince che proprio questo è uno dei testi da fare, e non riesco troppo a pensarci, non ce la faccio. Fondamentalmente debbo essere convinta io nella scelta di certi ruoli e di spettacoli che mi riguardano, come persona prima di tutto, e poi come attrice. E che quindi riguardano il pubblico. Frequento molto il teatro, e spesso vedo anche cose belle, ma può essere che mi venga il dubbio che certe circostanze tipo di tormenti amorosi non mi riguardano più di tanto e non come attrice, proprio come persona. Il mio maestro è stato Strehler, diceva che era uno che raccontava storie, ed è questo che a me interessa. Raccontare storie al pubblico che lo possa riguardare”.
Dunque secondo lei qualunque forma di teatro è importante?
“Certo, tutto, perché è qualcosa che mi dà gioia, finché mi regge il fisico, continuo. Mi diverte sempre l’incontro con il pubblico, con tutto il pubblico. A volte vado anche in luoghi piccoli, posti magari lontani, nella provincia. Ma assolutamente senza preclusioni, anzi. Spessissimo in provincia mi capita di incontrare un pubblico molto più attento che nelle grandi città, perché lì, nei piccoli posti, il teatro vuol dire ancora qualcosa, ed ha, in un certo senso, ancora una sua sacralità. Quindi mi diverto e sono felice, vado in giro e sto bene con me e con gli altri. In un certo senso mi sento coccolata. Posso dire che si incontrano persone meravigliose, che l’Italia è piena di gente bella e di buona volontà, che si dedica agli altri, l’ho visto anche con Emergency a teatro, quante persone si impegnano per gli altri. Ho un’età che non ho più voglia di perdere tempo e se un ambiente non mi va di frequentarlo, non lo frequento e non rispondo al telefono. Ormai gli anni corrono, e devo stare bene con gli altri, questa è la mia filosofia”.
Signora Piccolo, sta portando in giro per l’Italia la storia di Elda Pucci: chi è?
“È stata una figura molto importante nella lotta alla mafia, una donna speciale, di forte integrità morale, attenta alla sua Sicilia. L’unica sindaca che abbia mai avuto Palermo e la Sicilia. Una donna orgogliosa della sua sicilianità, amata nel suo lavoro di medico. Stefano Massini è riuscito a ritrovare questa storia passata inosservata che è accaduta 40 anni fa, ma sempre attuale. La mafia è cambiata, ma c’è. Si parla di mafia ma anche di responsabilità, di saper fare le scelte giuste. Fatte di impegno, coraggio e grandi sentimenti. La regia è di una brava professionista come Sandra Mangini, e le musiche in scena sono di Enrico Fink, eseguite dal vivo da I solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo. Non lo dico per una sorta di propaganda, ma questo è per me un teatro necessario, che si presenta attraverso il racconto dell’etica di questa donna sindaco di Palermo. In scena si dà voce al racconto di una donna, di una città, di un anno, e dei 365 giorni, in cui Elda Pucci, che era primario pediatra a Palermo, si prodigava per i più poveri e nei vicoli della città più abbandonata dove la chiamavano ‘signora dottoressa’. Fu eletta dal consiglio comunale nel 1983”.
Poi che accadde?
“Il titolo di quest’opera è Cosa nostra spiegata ai bambini, per far capire che questa storia è nata con un intento divulgativo. Accadde che in quegli anni che erano quelli della guerra di mafia, i politici che contavano, volevano fare un restyling della politica, mandando avanti lei. Allora i sindaci si eleggevano per via politica, non per elezione diretta del sindaco. Elda Pucci fu scelta per rifare la faccia a tutti con la sua integrità professionale e di donna, perché era una persona amatissima dalla gente che andava a visitare i bambini poveri e le famiglie, e non si faceva pagare. Ma naturalmente, essendo una persona onesta e seria, aveva messo le mani dove non doveva, sia nei conti del comune che nell’intruglio di mafia, dove i partiti che contavano erano più che coinvolti. E dopo 11 mesi l’hanno sfiduciata e costretta ad andare via. Poi è stata dimenticata completamente dal comune di Palermo: ti dico solo che non esiste neppure una targa che ricordi Elda Pucci, primo sindaco donna”.
Ottavia, in quale chiave di lettura pensa al suo futuro?
“Io lo vedo come un rimettersi in gioco, affrontare il passato accendendo le proprie emozioni. Credo che sia questa la terapia contro il tempo che vola, ma che non scalfisce le esperienze e ricordi importanti. Che, anzi, li fortifica”.
“Rimettersi in gioco è la terapia giusta contro il tempo che vola”
Giornalista