REGIA CINEMATOGRAFICA
Mauro Bolognini e il suo cinema degli anni Sessanta intriso di libertà
Iniziano a Pistoia i festeggiamenti del centenario del grande regista italiano che con il suo pensiero libero e la sua sensibilità ha colto senza pregiudizi i tratti più caratteristici e umani della società borghese italiana del dopoguerra
Titti Giuliani Foti
La fantasia senza sete di potere. La creatività sana, quella che fa bene e si spande su chi è vicino, o chi sa cogliere l’influenza della sua onda benefica. La fantasia, la tecnica e la cultura senza arroganza, ma intrisa della dolcezza di un sapere non imposto.
Il 28 giugno 1922 in via Dalmazia a Pistoia, nasceva un pilastro della regia italiana, Mauro Bolognini (Pistoia, 1922-Roma, 2001). E cento anni dopo esatti, si insedierà nella sua città natale, il Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita. Si intitola «Bolognini cent’anni dopo» e per tre giorni intensi, il 28 – 29 – 30 giugno, si terranno a Pistoia in sequenza, un convegno internazionale a lui dedicato; l’insediamento ufficiale del comitato nazionale; una mostra e la proiezione del film «Fatti di gente per bene». Dunque partono da Pistoia le manifestazioni per le celebrazioni del centenario del grande regista italiano e si diffonderanno in tutta Italia. A costituire il Comitato uno schieramento di forze: il Centro Mauro Bolognini di Pistoia, il Comune di Pistoia, la Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, la Regione Toscana, la Fondazione Sistema Toscana, la Cineteca di Bologna ed il Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale di Roma.
Un regista sui generis: laureato in Architettura a Firenze, diplomato in scenografia al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, che si era poi orientato verso la regia come aiuto di Luigi Zampa e poi, in Francia, di Yves Allégret e Jean Delannoy. Bolognini e gli inizi con la sua attività registica tra il 1955 e il 1958 attraverso veri e propri bozzetti di tardo neorealismo in film come «Gli innamorati» (1955); «Giovani mariti» (1957).
«Ho cominciato a pensare di fare cinema in chiesa, da ragazzino, quando mi portavano alla messa», raccontava. Così nasceva in lui, fin da piccolo, la volontà di intraprendere l’avventura cinematografica dentro lo spazio circoscritto di un luogo. Non può essere un caso perché Mauro Bolognini è stato, prima che uomo di cinema, un uomo colto innamorato dell’arte, della letteratura, della vita quotidiana che vedeva riecheggiare nei quadri dei Macchiaioli, addirittura lla storia umana quando è capace di rompere il vuoto di un dramma, sociale o privato.
Laureato in Architettura come il suo amico Franco Zeffirelli, e di un altro gigante come il premio Oscar per i Costumi, Piero Tosi: tutti toscani non a caso, regione culla dell’arte del mondo. “Avevamo persino materie che non esistono nelle altre facoltà italiane”, diceva in una delle ultime interviste, “Avevamo, noi tre, un esame importante che consisteva nel disegnare gli alberi, i visi, i corpi. Questa osservazione attenta ha molti rapporti con i film che faccio». L’esordio alla regia per Bolognini avviene nel 1953 con il film «Ci troviamo in galleria», una non bella né di successo nella commedia musicale. Ma tutta la visione del suo cinema è come una prova d’orchestra che sa raccontare i drammi familiari delle famiglie popolari, e i malesseri generazionali di una dimensione sociale diversa, quella borghese.
Siamo negli anni Cinquanta quando Bolognini esordisce. E il suo lavoro va di pari passo alla realtà che vive. Il Neorealismo lo rappresenta: populista e scanzonato, che lascia spazio al racconto sull’inconciliabilità – riesce in tempo di censura ad assumere anche una connotazione sessuale – dell’universo maschile con quello femminile in «Giovani mariti» del 1958. E ci sarà l’incontro inevitabile con un Pasolini sceneggiatore che gli apre la strada verso maggiori ambizioni con film come «La notte brava» del 1959 e «Il bell’Antonio» del 1960. Per arrivare all’atmosfera in costume e al clima pittorico toscano del suo film «La viaccia» del 1961 alla quale si riallaccia nel 1970 con il grande «Metello» – con due esordienti di eccezione, neppure maggiorenni: Ottavia Piccolo e Massimo Ranieri – dove la struttura storico-sociale del romanzo di Pratolini gli consente un’evocazione equilibrata e solida: la sua migliore.
Bolognini, libero pensatore in continua evoluzione: tutt’altro che retorico e semplicistico che con la sua sensibilità da qui in avanti colpisce nel segno.
Le celebrazioni per ricordarlo dopo Pistoia si estenderanno a Firenze, Bologna e Roma per un anno intero di convegni, proiezioni speciali, rassegne, restauri, pubblicazioni e incontri dedicati a un Maestro della regia, premiato con il David di Donatello alla carriera. «Ricordare Bolognini è un dovere della città e dell’Italia intera”, ha detto Roberto Cadonici, presidente del Centro intitolato al regista. Stiamo cercando di farlo con l’aiuto di tutti gli enti che hanno costituito il Comitato, che ha lo scopo non solo di celebrare Bolognini, ma anche di organizzare e coordinare le manifestazioni che gli enti sottoscrittori riterranno di promuovere nel corso di questo anno». Fulcro delle celebrazioni sarà costituito dal convegno internazionale di studi sull’opera del Maestro, che si aprirà nel giorno della ricorrenza, il 28 giugno nella Sala Maggiore del Palazzo Comunale di Pistoia, per proseguire i suoi lavori il giorno successivo nell’Auditorium Terzani della grande e frequentatissima Biblioteca San Giorgio, sempre a Pistoia.
Parallelamente al convegno, ci sono due eventi collaterali di particolare interesse: martedì 28 giugno alle ore 21,30 a Pistoia, al Piccolo Teatro che porta il suo nome, Mauro Bolognini, si terrà la proiezione del film «Fatti di gente perbene». Una pellicola che uscì in sala nel 1974, e che sarà proiettata anche a Firenze (giovedì 30 giugno ore 21 Arena del piazzale degli Uffizi per Apriti Cinema 2022 introdotta da Roberto Cadonici).
Poi tappe a Roma e a Bologna, dove sarà oggetto della mostra «Le foto di Gianfranco Maria Lelj» per «Fatti di gente perbene» (28 giugno-28 luglio, Biblioteca San Giorgio dedicata alle foto di scena del film stesso.
Lelj era un giovanissimo fotografo quando fu invitato sul set direttamente da Bolognini, colpito dalla bellezza dei suoi scatti a Raina Kabaivanska. A lui, Lelj deve la prima esperienza sul set; prima di una lunga serie di collaborazioni in campo cinematografico, che poi lo videro al fianco di Visconti, Fellini, Lizzani, Monicelli, Scola, Zeffirelli. Tutte le iniziative sono gratuite ed aperte al pubblico.
Le adesioni alle manifestazioni per il centenario di Mauro Bolognini sono in aggiornamento e saranno visibili sul sito: lnx.centromaurobolognini.it
Mauro Bolognini morì a causa della SLA nella sua abitazione a Roma il 14 maggio 2001 all’età di 78 anni; i funerali religiosi furono celebrati il 16 maggio nella la Chiesa degli Artisti in Piazza del Popolo, alla presenza dei familiari e di tantissimi volti del cinema italiano: infine sepolto nel cimitero comunale di Pistoia.
La memoria di un gigante per una società che non è riuscita a insegnarci solo il silenzio e il dimenticare. Ma anche e soprattutto il pensiero: attraverso la sua visione di un’umanità fuorviata dalle costrizioni sociali, dal potere economico, religioso e familiare.
Titti Giuliani Foti
Giornalista