MUSICA & CINEMA
Il suono dei sogni nelle immagini che restano per sempre
La colonna sonora dei film è uno strumento fondamentale per aiutare le immagini a trasmettere emozioni, rafforzare l’espressività delle scene chiave, raccontare verità non dette, proiettare il pubblico in un mondo onirico, rendere indelebili nei ricordi scenografie, azioni, storie mostrate e raccontate
Beatrice Laurora
Esistono scene di film che rimangono impresse nella mente per anni. Si può dimenticare il titolo del film, il regista, l’attore protagonista, ma non quelle scene. La musica che accompagna le scene chiave che colpiscono di più è un racconto, non di forma visiva, bensì di forma sonora; è lo strumento che principalmente aiuta le immagini a trasmettere emozioni, a rafforzare quelle scene per renderle uniche. Da sempre immagini e musica vanno a braccetto quando si parla di Settima Arte, sono in simbiosi, perché la colonna sonora nel film è in grado di dare quel tocco in più alla pellicola e di rispecchiare in modo coerente ogni passaggio dell’opera del regista. La musica ha anche il potere di influenzare, di dare informazioni che non sono presenti nelle immagini, di rivoluzionare il messaggio visivo, sovvertirlo. Quindi non è soltanto in grado di rafforzare ciò che è già dentro l’immagine ma può regalare strumenti di comprensione sia da un punto di vista estetico sia espressivo.
Il suono ha sempre avuto rilevanza nel cinema. Persino nell’epoca del muto. La pratica di accompagnare la proiezione con un sonoro fuori campo, tramite un pianista accompagnatore, che lavorava di fantasia e di tempismo improvvisando e inserendo citazioni di un repertorio conosciuto, oppure un suonatore di organo, e a volte un’intera orchestra, era molto utilizzata; questo conferiva al film l’aspetto di un vero e proprio spettacolo. Le azioni erano accompagnate da musiche in grado di guidare le emozioni dello spettatore in base al contesto.
“Si è sempre cercato
di dare voce alla pellicola”
Il primo film del cinema sonoro universalmente riconosciuto è “Il cantante di jazz”(1927) di Alan Crosland. In questa opera è presente la famosissima frase inaugurale: “Aspettate un momento, aspettate un momento, non avete ancora sentito niente” Queste poche parole danno ufficialmente il via all’era del sonoro.
Eppure, non di sola musica vive una colonna sonora… Tecnicamente, la colonna sonora è l’insieme di tutti i suoni presenti in un film, tutto ciò che è ascoltabile, dunque musica, rumori, silenzi, dialoghi, urla, sussurri. Il nome nasce da quella parte della pellicola che si chiamava colonna audio quando è nato il cinema sonoro. Ma, persino gli Oscar che premiano la Miglior composizione originale, cioè le musiche, nel linguaggio comune sono chiamati “Oscar alla miglior colonna sonora”.
“La colonna sonora
non è solo un accompagnamento,
ma è il film stesso”
Spesso si sente parlare di musica d’accompagnamento. Ma questa è solo una delle sue funzioni, e neppure la più interessante. La musica di accompagnamento è ciò che possiamo chiamare parallelismo. Proviamo a immaginare di visualizzare il racconto visivo con una linea ondulata, la musica seguirebbe questa linea in modo parallelo; ma, si tratta di una strategia così inflazionata da essere spesso utilizzata con finalità quasi parodistiche.
L’utilizzo più efficace della musica in un film consiste nel conflitto, nel contrappunto, più che nell’adesione tra i due livelli, sonoro e visivo. Il parallelismo produce in noi passività, non ci mette in crisi come spettatori. Al contrario, il contrappunto crea un dubbio tra ciò che vediamo e ciò che ascoltiamo, ci obbliga a chiederci il perché di quella scelta musicale.
E la risposta dà senso al contrappunto. Inoltre, mentre il parallelismo ha un’unica funzione, il contrappunto ne ha diverse. La funzione referenziale, che permette allo spettatore di essere informato su qualcosa che ancora non vede. Per esempio, accade nel film “Lo squalo” di Steven Spielberg, dove il tema musicale anticipa la minaccia che incombe sui personaggi. Succede in “Shining” di Stanley Kubrick, la musica mette in allerta lo spettatore prima che madre e figlio, che giocano allegramente su un prato, entrino nel labirinto. Poi c’è la funzione interpretativa, capace di farci entrare nella mente di un personaggio o di un autore. Pensiamo alla scena dello stupro in Arancia meccanica, sempre di Kubrick. Perché accompagnarla con la gioiosa musica de “La gazza ladra” di Rossini? Perché quello che vediamo è l’interpretazione di un tentativo di stupro attraverso la sensibilità di Alex. Alex ama la musica classica, ama Rossini e vede nella violenza qualcosa di ludico, allegro, spensierato, giocoso. Accade anche in Natural Born Killers di Oliver Stone: Mickey sta lanciando un coltello verso un uomo all’esterno di un bar; il coltello infrange il vetro per poi conficcarsi nella schiena dell’uomo. Su queste immagini, ascoltiamo le note di un’opera lirica, tratta dalla “Madama Butterfly” di Puccini, perché per Mickey questo gesto è poetico, liberatorio, arioso come quell’aria.
“La musica poi è intangibile, non ha sembianze, è come un sogno:
esiste solo se viene eseguita, prende corpo nella mente di chi ascolta.
Non è come la poesia, che non necessita di interpretazione
perché le parole hanno un loro significato”
Ennio Morricone

MUSICA & CINEMA
Le colonne sonore che cullano l’anima
Dietro ogni grande film c’è sempre una colonna sonora che non si dimentica
È ovviamente ostico stilare una lista delle colonne sonore famose più importanti nella storia del cinema, ma è bello poterne citare alcune, non per ordine di importanza, ma per essere affini nell’eternità.
American Beauty
Un cult drammatico eterno nel tempo
Affermare che Thomas Newman sia figlio d’arte pare quasi riduttivo; il padre Alfred è stato uno dei più grandi compositori a servizio del cinema. Colori e vibrazioni, non i classici archi e fiati; tamburi, bonghi e idiofoni Dead Already, che fa da tappeto al disincantato monologo iniziale, si caratterizza per l’impasto sonoro magico e inedito, come se provenisse da un pianeta sconosciuto. Il suono forgiato da Newman conserva un’impeccabile coerenza in tutti i brani composti per American Beauty, riuscendo al tempo stesso a trasmettere sensazioni differenti o addirittura contrastanti.
“Potrei essere piuttosto arrabbiato per quello che mi è successo, ma è difficile restare arrabbiati quando c’è tanta bellezza nel mondo. A volte è come se la vedessi tutta insieme, ed è troppa. Il cuore mi si riempie come un palloncino che sta per scoppiare. E poi mi ricordo di rilassarmi, e smetto di cercare di tenermela stretta. E dopo scorre attraverso me come pioggia, e io non posso provare altro che gratitudine per ogni singolo momento della mia stupida piccola vita…”
Il monologo finale di American Beauty è un inno alla vita.
Nel momento della sua fine il protagonista che, per tutto il film persegue la sua idea di godimento della vita cercando di scansare le convenzioni in cui sono immersi coloro che lo circondano, si rende conto della bellezza che lo circonda, e del suo senso: la bellezza è in una foglia autunnale, nel sorriso di sua figlia, nel ricordo di sua nonna o di altri momenti fugaci ma indimenticabili. E così si lascia trasportare dalle immagini più belle della sua vita e, con esse, si lascia condurre via, in un ultimo abbraccio al mondo finalmente osservato nella sua infinita minuta bellezza. La colonna sonora che accompagna questo momento è ultraterrena, soffice, trasporta in un’altra dimensione, proprio come un ultimo abbraccio al mondo.
“Ricordo che una volta un insegnante mi ha chiesto cosa rende triste la musica? Che domanda geniale. La sua risposta fu: assume le qualità fisiche di qualcosa di triste. Significa che se è triste, una melodia si muoverà in modo graduale. Tenderà ad essere più lento come sei quando sei triste; assume le caratteristiche fisiche di uno stato emotivo. Qualcosa nella musica squilla e ti riporta a un ricordo che hai che suscita un sentimento. Immagino che la cosa meravigliosa della musica sia che è totalmente astratta e ha comunque un grande tipo di reazione emotiva sinuosa e soggettiva. Mi piace l’idea che la musica possa essere dimensionale, che non sia necessariamente suonare ciò che è lì.”
Donnie Darko e Mad World
Storia di una canzone senza età
Il film Donnie Darko ha compiuto 20 anni da poco, ma la canzone che ha fatto innamorare gli spettatori, pur avendone molti di più, sembra ancora neonata. Orzabal, autore del pezzo Mad World, passa molto tempo a strimpellare la sua chitarra acustica, guardando fuori dalla finestra. «È un punto di vista bizzarro osservare le persone nella loro routine quotidiana, che si spostano per andare a lavorare, mentre tu sei disoccupato. Ecco da dove è nata la canzone».
“I sogni in cui sto morendo, sono i migliori che abbia mai fatto”
canta una strofa.
L’angoscia adolescenziale che quel pezzo è in grado di trasmettere è semplicemente perfetta. Un’angoscia che si sposa benissimo con la sceneggiatura: “Ogni creatura sulla terra, quando muore, è sola”.
Tumbalalaika
Il cuore che può bramare e piangere senza lacrime
Che cos’è l’anima, che cos’è la psiche? Che cos’è l’amore? Sono queste domande che affiorano circa lo struggente film di Roberto Faenza “Prendimi l’anima“ : un film del 2002 che ricorda la profonda e tormentata storia d’amore fra lo psichiatra Carl Gustav Jung e una sua paziente, l’ebrea russa Sabina Spielrein, poi diventata a sua volta celebre psicoanalista. Sarà proprio la fiducia della Spielrein nei confronti di Jung a garantirle la piena guarigione. Tumbalalaika, canzone d’amore russa della tradizione ebraica, il cui titolo significa “Il suono della Balalaika”, descrive l’essenza dell’uomo che si rivela solo ed esclusivamente nell’amore, straziante, ma unico.
Tumbala, tumbala, tumbalalaika,
Tumbala, tumbala,
tumbalalaika tumbalalaika,
suona balalaika suona, balalaika, cerchiamo di essere allegri.
Fanciulla, dimmi di nuovo
cosa può crescere senza pioggia?
Cosa può ardere per molti anni?
Cosa può bramare e piangere senza lacrime?
Giovane sprovveduto, perché domandare ancora?
E la pietra che può crescere senza pioggia
E l’amore che può ardere per molti lunghi anni
Ed é Il cuore che può bramare e piangere senza lacrime.
Si potrebbero elencare ancora tantissime colonne sonore che ci hanno fatto sognare, dal soundtrack di Via col vento a quello de Il dottor Zivago, ma l’elenco probabilmente sarebbe infinito, proprio come il tempo e lo spazio in cui ognuna di esse vive e sempre vivrà, accanto al sogno che ci ha regalato.

Beatrice Laurora
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