INTERVISTA
GIULIANA DE SIO Il malessere dietro le quinte e la passione per il teatro
Con una carriera costellata da successi e riconoscimenti, l’iconica attrice italiana svela, in questa intervista ad ArteCultura Magazine, la sua lotta personale con la paura e la tensione prima di ogni esibizione e la passione che la guida nonostante le sfide. Una riflessione sincera sulla fragilità dietro il sipario e sull’amore incondizionato per un’arte che continua ad affrontare con coraggio e dedizione.
“Sono stata otto mesi in tournée con due spettacoli diversi: è stata una bella esperienza nonostante il mio handicap. Da sempre quando entro in scena sono chiusa in una bolla autistica da palcoscenico che per fortuna non arriva dalla parte del pubblico. Ma dietro le quinte patisco le pene dell’inferno e invidio i miei colleghi che chiacchierano del più e del meno, prima di cominciare o che tocchi a loro. Invece io sto male proprio fisicamente. Soffro di questa paura che mi sta crescendo dentro in maniera esponenziale negli anni, e la cosa mi preoccupa molto perché va di pari passo al mio impegno in teatro, che va a gonfie vele. A volte penso che dovrò fermarmi, prima che la paura mi possa paralizzare: in scena ci siamo io e Belzebù”. Giuliana De Sio: adorata dal grande pubblico è la protagonista de “La signora del martedì”, dal romanzo di Massimo Carlotto con Alessandro Haber per la regia di Pierpaolo Sepe. Qui sono raccontati i meccanismi – quanto mai attuali – attraverso i quali una società civile si trasforma in un’arena dove il pubblico reclama lo spettacolo del “diverso” colpevole e del sangue che scorre. E al centro del racconto personaggi che la vita ha maltrattato. Non è facile per chi è specializzato in anatemi, mettersi dal punto di vista degli altri, di chiunque altro: ma almeno a teatro ci si prova.
Signora De Sio, lei è attrice amatissima, acclamata, molto brava, come si manifesta questo strano malessere?
“Mi comincia con questa brutta sensazione di disagio verso le 5 – 6 del pomeriggio, ogni volta prima di entrare in scena. E in quel momento sono troppo disturbata per sentire il calore e l’ammirazione del pubblico, ho troppe interferenze. Sento però questa onda lunga dell’affetto del pubblico che penso di dover conquistare tutte le sere, e non do mai per scontato. Entro in scena e penso che da quel momento in poi devo rendere credibile quel che potrebbe anche non esser credibile: sento la responsabilità di dover valere il prezzo del biglietto che il pubblico paga. Entro pensando che devo essere perfetta e devo esser emozionata per trasmettere me stessa. Ma, anche se al pubblico arriva tanto di me, spesso non me ne accorgo, talmente sono presa da questa bolla di tensione. Sfortunatamente sono un tipo abbastanza denso emotivamente”.
La sua fragilità è molto bella.
“Uso tutta la mia forza e il mio coraggio per entrare in scena. L’altro giorno ho ritrovato un biglietto di mia madre che accompagnava un mazzo di fiori. Diceva: “Alla mia coraggiosa Giuliana con affetto mamma”. Mi ha molto colpito che lei considerasse una parte del malessere che avevo dentro, mi conosceva bene mia mamma. Anche davanti a una macchina da presa invece di esibirmi, mi viene sempre da nascondermi”.
De Sio – Haber: com’è dividere con lui il palcoscenico?
“Insieme funzioniamo bene: abbiamo tutte e due un peso che sfonda i pavimenti. Lui è pazzo, come me, è un attore che si guarda a teatro come in altri posti, non puoi fare a meno di guardarlo perché può affascinare, far ribrezzo o commuovere, ma non lascia indifferente. Entra in scena con leggerezza chiacchierando di altro, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Quando tocca a me, che sono nella mia bolla, e faccio un passo per entrare, lui è capace di dirmi: dove andiamo a mangiare stasera? Ma che ne so? Insieme ci scompensiamo. Abbiamo in comune che siamo due attori che tendono a scioccare il pubblico, nel senso che abbiamo sempre bisogno di personaggi estremi da rappresentare. E il personaggio estremo ha il compito di tener viva sulla sedia lo spettatore, in allerta e in tensione. E questo è quello che vorrei che succedesse sempre perché ho queste potenzialità”.
Ci parli del suo personaggio, Nanà.
“Nella sua cifra ha due cose dove funziono moltissimo. Nanà non è solo pratica, è una donna intelligente, perseguitata da un destino che la raggiunge dovunque si nasconda, è personaggio tragico ma anche poetico fino all’epilogo finale in un tango. Lei si compra l’amore da nove anni, ogni martedì. Nove anni fatti di un martedì dietro l’altro: Nanà arriva, saluta, mette il denaro sul comodino, si spoglia, piega i vestiti e si infila a letto, dopo aver verificato la pulizia delle lenzuola. Solo che verso il quarto anno di incontri, l’uomo che è un attore si è innamorato di Nanà e, travolto dai sentimenti, commette l’errore di dichiararsi. Ma lei gli risponde: non potrò mai essere tua. Sono solo un’affezionata cliente che ti paga per fare sesso”.
Quale è il lato più oscuro della nostra società secondo lei?
“La violenza nei rapporti umani, la mancanza di rispetto per il prossimo, il fatto che le persone siano sempre più chiuse nella loro bolla disfunzionale, e non se ne rendano conto. Ci si avvicina all’altro, a una problematica tra persone molto infelici. Allora mi muovo con cautela ho paura a farmi male e a fare male. Ho paura degli indifferenti, che sono inconsapevoli dell’umanità che si muove intorno al loro”.
De Sio perché si è coltivata questa fama di bellissima, bravissima e anche antipatica?
“Io ho coltivato solo la buona educazione. La fama di antipatica è una vera calunnia, perché non lo sono affatto. A un certo punto è venuto fuori questo assunto: che ne so perché? Di me non si possono dire tante cose negative, ma non che sto sui giornaletti, che faccio i grandi fratelli, le isole dei famosi. Non ho fidanzati importanti, anzi, non ne ho proprio. Ed ecco che senza motivo viene fuori di me questa cosa dell’antipatia. Chiunque lavori di me, me lo riferisce, me lo sento ripetere da una vita. Ogni tanto una persona mi avvicina e mi dice: sei carina, e mi avevano detto che eri antipatica. Io direi che sarebbe l’ora di finirla con questa storia”.
Una riconosciuta grande artista che ha vinto come protagonista di tutto anche in Europa, dai David di Donatello come migliore attrice al recente Eleonora Duse 2023, dovrà scegliere tra decine di contratti.
“Siamo in Italia, vero? Ecco, qui il problema dell’età è veramente grave. Dopo i 55 anni a un’attrice di cinema non succede più niente. Nessuno la cerca, ci sono serie in onda su tutte le televisioni del mondo con grandi attrici sessantenni. Da noi no, pure le fiction hanno un target volutamente giovanile se si parla di donne. In Italia un’attrice come Olivia Colman, non bella e di una certa età che ha vinto l’Oscar per La Favorita, la manderebbero a fare le pulizie. Latitano i personaggi femminili di un’età matura e nessuno si scompone. In compenso c’è spazio per personaggi maschili: guarda caso gli uomini sono avvantaggiati e non solo nella narrazione cinematografica, televisiva o teatrale. È passato il concetto che nella nostra cultura gli uomini preferiscano solo donne di vent’anni e cerchino per le nuove pellicole, automaticamente, ragazzine. È un film visto decine di volte. Quanti attori che hanno sessant’anni hanno mogli di trent’anni? Ma se mettessi una donna di sessant’anni col marito di trenta, per molti produttori sarebbe solo una storia tragica. Ormai ho chiuso la mia carriera cinematografica: se neppure col David di Donatello non hanno più saputo cosa offrirmi, che devo dire? Davanti a questi riconoscimenti entri nella storia, e dovresti diventare un punto di riferimento per i registi. E invece no. Da quel momento non ho fatto più cinema”.
E lei starebbe con un uomo più giovane di trent’anni?
“No. Con un coetaneo posso contare su qualcosa di fondamentale per me, il nostro universo di riferimenti, perché sa di cosa parlo. E condividiamo l’aver vissuto nello stesso tempo di idee e esperienze. Per me è brutto parlare con persone giovani e non arrivare a “cazzeggiare” in santa pace. Non per cattiveria, ma non capiscono quello che dici”.
De Sio lei è in qualche modo la risposta italiana a Meryl Streep.
“Sinceramente temo di essere considerata una specie di pericolo. Da sempre mi sono sentita dire: tu sei troppa. Ma troppa che? Molti ancora ci pensano come oggetti del loro desiderio, non come titolari del diritto di desiderare in proprio. O di non desiderare più”.
“La legittimità del desiderio anche al cinema ha le mani armate degli uomini più vili e stupidi che ancora non accettano, si rifiutano di accettare che anche le donne attrici brave, crescono, maturano, diventano più affascinanti e reali. L’urgenza adesso è riprendere la rivoluzione interrotta e portarla a termine. E meno male che ci resta l’intelligenza del teatro”.
Giornalista