INTERVISTA
GABRIELE FILISTRUCCHI “Il mio appassionante viaggio dietro le quinte del mondo teatrale”
L’erede di una bottega storica specializzata in parrucche, trucchi e costumi per il teatro, in questa intervista ad ArteCultura Magazine rivela dettagli unici sulla parrucca rossa su misura indossata da Maria Callas nel suo leggendario ruolo in “Medea”. E racconta le sue collaborazioni con celebri registi e artisti, tra cui Takeshi Kitano.
“Mi sono messo in contatto con la produzione del nuovo film su Maria Callas che sarà interpretato da Angelina Jolie. Il film è di Pablo Larrain e naturalmente racconta la vita della leggendaria ma anche discussa cantante lirica: ho voluto sapessero che la famosa parrucca rossa con la quale la Divina interpreta Medea, uno dei suoi ruoli leggendari, portato in trionfo in tutti i teatri del mondo, è mia, fatta fare da noi, e qui conservata”. La barba e dei capelli un po’ scompigliati che quasi si toccano in un abbraccio di peli improbabile, il naso pronunciato, gli occhietti vispi e pungenti: Gabriele Filistrucchi – col figlio Gherardo, suo braccio destro – dalla sua piccola bottega degli orrori, cala l’asso. Venghino signori venghino per parrucche rinascimento, rococò, egizie ma anche greche e romane, Richelieu, ‘600, ‘700. Per protesi su misura in capelli naturali per ogni esigenza; maschere calchi e impronte di ogni parte del corpo. Barbe e baffi, basette e toupet conchiglie, frange e boccoli, poi sopracciglia ed effetto crespo nei capelli. Senza dimenticare le parrucche per bambole e trucchi per corteggi storici & body painting. C’era una volta una leggendaria bottega nata per la trasformazione di persone in personaggi, fondata da una storica famiglia fiorentina che nel 1720 senza soluzione di continuità, crea tutt’oggi trucchi incredibili (va fortissimo anche per Halloween-, maschere, e parrucche per il mondo non solo dello spettacolo. Un’attività nata nel momento storico in cui il barbiere era anche parruccaio e speziale, cavadenti e flebotomo, profumiere ma anche truccatore e acconciatore, per donna e anche per uomo.
Filistrucchi, torniamo alla Callas.
“Abbiamo archivi ricchissimi di parrucche, e questa di Maria Callas, conservata come le cose sante, ha una storia stupenda. La divina venne qui, in bottega, dove le presero le misure per creare la testa di legno che c’è ancora: la numero 90 corrisponde alla sua parrucca rossa su misura. Per questo terrei molto a partecipare al film anche allo scopo di dare una completezza alla vita della Callas, facendo conoscere la parte più intima e non conosciuta a tutti. Credo che questo glielo dobbiamo. E non sempre si sottolinea il fatto che Maria Callas (anzi, Maria Meneghini Callas: personaggio ancora non toccato e trasformato dalla sua fama mondana) trovò proprio al Comunale di Firenze il teatro che ebbe il coraggio di investire sulla sua inusuale voce e sul suo talento di interprete”.
Come andò?
“Grazie all’intuizione di Francesco Siciliani, direttore artistico del Maggio dal 1949, Maria Callas inaugurò a Firenze, quella che sarebbe stata non solo una straordinaria carriera, ma una presenza sconvolgente nella storia dell’opera lirica. E fu Siciliani che capì come le risorse vocali e il temperamento di quella giovane finora quasi sconosciuta, avrebbero potuto rendere giustizia ad un personaggio come quello della maga della Colchide, la figlia del Sole condannata a provare le passioni troppo umane di madre e di sposa tradita”.
Teste, capelli, ragnatele, unghielli, maschere anche di animali, trucchi e camerini come a teatro: che fate dell’inquietante bottega Filistrucchi?
“Abbiamo una storia che parte da lontano. All’inizio era proprio l’epoca nella quale la parrucca, lascito del ‘600, era un accessorio in crescente evoluzione, e veniva usata da nobili, dame, cavalieri e servitori. Pensa solo a Figaro, il più celebre barbiere di tutti i tempi, per avere un’idea storica sul lavoro della nostra bottega in quel periodo, pensa a quello. Oggi naturalmente non è più così. Tutto o quasi tutto è cambiato, ma noi resistiamo e facciamo ancora tutto a mano. Le nostre parrucche sono in capelli veri, o in peli di yak. Ma ci capitano pure persone che domandano parrucche sintetiche – orrore – che non importa spazzolare e sistemare, perché restano come sono e, dicono, siano più pratiche: per noi è un’onta. Ma i tempi sono cambiati anche per noi purtroppo. Il nostro lavoro non si limita al trucco come si potrebbe pensare, ma anche all’acconciatura e ancora i teatri soprattutto lirici, chiamano noi a sistemare gli attori. È bello quando una parrucca riesce a ricreare l’epoca nella quale si svolge lo spettacolo: è come se da noi il tempo non passasse”.
Perché ce l’ha con le parrucche sintetiche?
“Ah, ma per carità. Chi compra parrucche in plastica, magari a pochi centesimi e poi le mette in scena per me è un obbrobrio, mi viene la pelle d’oca dal ribrezzo. È come preferire un hamburger di Mc Donald alla vera cucina: non può esistere paragone. Da Filistrucchi è passato tutto il teatro d’Italia, abbiamo lavorato con grandissimi registi e scenografi che si sono sempre affidati a noi, non è un fatto solo di estetica, ma di contenuti e di rapporti straordinari che solo questi valgono un libro. Purtroppo, personaggi irripetibili, maestri come Zeffirelli oggi non ci sono più. E artisti come Anna Anni, Piero Tosi, non ci sono più”.
Dietro le quinte si vede bene Filistrucchi?
“Certamente. Abbiamo avuto rapporti stupendi sempre con tutti, a cominciare dalla Callas, e con Renata Tebaldi, con Fedora Barbieri e Tito Gobbi, Alfredo Kraus, Mario Del Monaco, Piero Cappuccilli, Luciano Pavarotti, Renato Bruson, e molti altri. E questo fin dal primo Maggio Musicale Fiorentino, inaugurato nel 1933, perché va ricordato che la lirica è nata a Firenze. E noi eravamo lì per Nabucco, e abbiamo collaborato con i più famosi registi e figurinisti, nomi come De Chirico, Maccari, Casorati, erano sì pittori, ma spesso anche scenografi per allestire sontuosi spettacoli. Uno che resterà mitico è il Sogno d’una notte di mezza estate del 1933 allestito nel Giardino di Boboli”. Una collaborazione che dura ancora ma voglio citare La Traviata del 1985 di Franco Zeffirelli, e l’Orfeo di Monteverdi musicato da Luciano Berio con scene e costumi di Pier Luigi Pizzi nel cortile di Palazzo Pitti. Dietro le quinte di teatri come il Maggio, La Scala, il Petruzzelli, la Fenice è un piacere stare”.
Se le chiedo un nome che le è rimasto nella memoria?
“Tutti sono nella mia memoria e nel mio cuore. Ma devo dire che collaborare con Takeshi Kitano, per La storia di tre città, dove Kitano interpretava il ruolo di Niccolò Machiavelli, girato tra Firenze e Roma, mi è rimasto nel cuore. Uno dei più grandi registi al mondo, che riusciva ad essere perfettamente comico, showman e scrittore: non è esattamente automatico. Uno che sapeva ridimensionare i problemi, proponendo altre urgenze. Per me è un genio”.
“La nostra storia parte da lontano. All’inizio era l’epoca nella quale la parrucca, lascito del ‘600, era un accessorio in crescente evoluzione, e veniva usata da nobili, dame, cavalieri e servitori. Oggi naturalmente non è più così, ma noi resistiamo e facciamo ancora tutto a mano”.
Giornalista