CINEMA
ELENA SOFIA RICCI “Nella mia Fedra l’attualità delle storie familiari sbagliate”
Al suo secondo debutto da regista al Teatro della Pergola di Firenze, Elena Sofia Ricci, mette in scena nella Fedra di Seneca il dramma della società contemporanea in cui molte persone si sentono smarrite a causa dei loro problemi familiari irrisolti. Lo racconta lei stessa in questa intervista ad ArteCultura Magazine. Dove esprime anche il suo impegno nel creare uno spettacolo coinvolgente ed emozionante, in cui il pubblico possa riconoscersi e comprendere l’importanza di affrontare e superare i rapporti conflittuali familiari.
“Mi sono dovuta mettere a studiare, proprio come fossi a scuola. E per questo voglio ringraziare Marco Giorgetti direttore generale della Fondazione Teatro della Pergola e Mariano Anagni, che mi hanno dato questo imput che ho accolto con sorpresa e riconoscenza. Una prova per me: misurarsi da regista con i classici che sono fondamenti della nostra cultura e dell’umanesimo, è sempre molto stimolante”. Un atto unico della durata di un’ora e mezza nel quale Elena Sofia Ricci entra in scena per la seconda volta da regista teatrale con un bel successo personale. Il testo è Fedra di Seneca, nella traduzione di Alfonso Traina, debutto alla Pergola di Firenze, poi in giro i teatri d’Italia
Un coro molto underground di elementi che trovano il loro unisono in una discarica tra stracci pneumatici, biciclette scassate e rifiuti non meglio identificati. Uno spettacolo che scardina e, allo stesso tempo, rimpolpa proprio -e non a caso – quella coralità della commedia extra classica, fondante per la cultura. E non solo per un certo teatro, che ha come protagonista la bravissima Valentina Banci, in scena con Sergio Basile, Francesca Mazza, Gabriele Anagni, Ilaria Genatiempo, Elisabetta Arosio. Una produzione Teatro della Toscana, Best Live. La scena è ambientata ad Atene. E c’è Fedra, moglie di Teseo, innamorata del figliastro Ippolito (il quale rifiuta l’amore delle donne per dedicarsi alla caccia e alla vita nei boschi), ma ha paura a rivelarlo, in quanto amore incestuoso. Nonostante gli iniziali tentativi della nutrice di dissuadere, rivela il suo amore, e Ippolito, indignato, fugge. Fedra decide di vendicarsi: quando Teseo ritorna dalla sua impresa negli Inferi, gli racconta mentendo che Ippolito ha cercato di abusare di lei. Teseo, infuriato, invoca la maledizione sul figlio, servendosi di un desiderio concessogli dal padre Poseidone, e il giovane muore in maniera orribile, trascinato nella natura dove non c’era un tronco senza una parte del suo corpo. Quando il cadavere di Ippolito viene riportato alla reggia, Fedra confessa il suo delitto a Teseo e si uccide. Al padre non resta che piangere la propria sorte, e ricompone il corpo del figlio fatto a pezzi, e ordina ai servi di gettare il corpo di Fedra in una fossa.
Elena ha reso quest’opera in modo contemporaneo: lavoro non facile.
“Perché riflettendo e studiando questa tragedia, ho sentito che c’è sicuramente all’interno di ciascuno di noi una parte di ogni personaggio, e che forse, in questa nostra era, siamo tutti un po’ Ippolito: a pezzi, a brandelli. E così ho pensato che una discarica infernale, uno “sfasciacarrozze di tutti i tempi”, potesse essere il luogo in cui collocare la nostra Fedra. In pratica ho approfondito il testo, cercando di farmi suggerire dalla parola di Seneca alcune immagini per arrivare a capire come collocare Fedra, cioè in quale stato dell’animo umano: mi sono lasciata trasportare e in un certo senso guidare dalle parole”.
Il risultato è molto buono e in parte anche sorprendente
“Quando mi si è presentata la possibilità di curare questa regia, ho avvertito immediatamente un senso di inadeguatezza, poi però mi è piaciuta questa sfida. E mi sono chiesta quale potrebbe essere stata la mia visione dove e come avrei potuto collocarla. Poi, riflettendo e studiando ho sentito che in questa tragedia c’è sicuramente dentro di noi una parte di ogni personaggio e che alla fine dentro ognuno di noi siamo un po’ tutti come Ippolito, a pezzi e a brandelli”.
Infatti la sua visione non è scontata.
“L’intero dramma è popolato da persone che arrancano tra le macerie della propria esistenza, così ho interpretato il coro, in un conflittuale rapporto con il potere che rievoca una sempre contemporanea messa in discussione della coscienza sociale. I mostri non solo interiori dei personaggi si svelano attraverso la commedia nella loro tragica verità. A cominciare da Fedra, interpretata da Valentina Banci, il cui amore incestuoso per Ippolito (Gabriele Anagni), figlio del marito Teseo (Sergio Basile), la consuma come una febbre. Completano il cast la Nutrice di Francesca Mazza, il Messaggero di Ilaria Genatiempo, la Sacerdotessa di Elisabetta Arosio”.
Bella la scelta di Valentina Banci
“A parte che sono tutti bravi secondo me, io da anni volevo lavorare con lei. a mio modesto parere è una delle più potenti e moderne attrici del nostro teatro. Sono innamorata della sua forza espressiva e della sua capacità di rendere come vero anche il più ostico dei versi. Ecco: vero, moderno. Quello che vorrei arrivasse è la forza della parola di Seneca, così tragicamente contemporanea. Il tema di fondo: è la coscienza, la volontà di guarire. Siamo tutti vittime o figli della nostra storia familiare e, se riusciamo a esserne coscienti, possiamo liberarci di certe trappole. Laddove, invece, ne siamo inconsapevoli o non la affrontiamo, finiamo vittime delle nostre pulsioni più sfrenate. Nel mio spettacolo il testo classico di Seneca diventa dunque reale tra dinamiche e ossessioni di corpi e di voci”.
Elena perché andare a vedere uno spettacolo come questo?
“Perchè c’è tutto un vissuto che è in ognuno di noi. E non solo un’identità nel tempo e nello spazio che non sia quello collettivo di 2500 anni di storia: ho fatto una cernita e li ho buttati tutti, messi negli spazi e li ho lasciati che ognuno si scambiassero non solo le personalità, ma le esperienze umane e le relazioni e nel relazionarsi si cambiano pezzi di sé”.
Ma Fedra chi è per lei?
“È una poveretta che si dibatte dall’esistenza portata via in un ruolo che non ama, abbandonata da un marito che non la ama e non l’ha saputa ascoltare, vivendo nell’errore”.
Fedra o l’idea che sia proprio la libertà alla fine a farci paura. Il dubbio è: preferiamo tornare indietro o andare avanti? In scena una ingovernabile forma di curiosità. Da vedere.
“Siamo tutti vittime o figli della nostra storia familiare e, se riusciamo a esserne coscienti, possiamo liberarci di certe trappole. Laddove, invece, ne siamo inconsapevoli o non la affrontiamo, finiamo vittime delle nostre pulsioni più sfrenate”.
Giornalista