INTERVISTA
DIEGO FIORINI “Il fascino intramontabile della sartoria teatrale”
Dietro la magia dei prestigiosi costumi teatrali e cinematografici, c’è tanta passione e lavoro sartoriale. Ne parla in questa intervista ad ArteCultura Magazine, il direttore della Fondazione Cerratelli di Firenze. Che racconta come le stoffe vengono scelte bianche e successivamente tinte in un processo artigianale unico nel suo genere. E sottolinea l’importanza di preservare il patrimonio artistico, aprendo la Fondazione ai giovani per tramandare l’arte dell’alta moda scenica.
“I nostri costumi di scena? Sono fatti con i tessuti più belli, velluti e sete; velluti di cotone, e sete importanti delle seterie comasche, del Setificio Fiorentino, o del tessuto di Lisio. Ma la vera particolarità, unica in Italia, dei costumi Cerratelli è che queste stoffe venivano e ancora oggi sono scelte solo bianche. Per poi essere tinte in sartoria: è questo il nostro grande valore artigianale aggiunto: per arrivare al manufatto finale, si passa attraverso la tintura dei tessuti. La sartoria Cerratelli rappresenta il grande lavoro di artigianato artistico che ci sta dietro, che diventa quasi davvero un’opera d’arte”. Così Diego Fiorini da meno di un anno direttore della Fondazione Cerratelli, mi spiega. Senza trattarmi da pericolosa ignorante, perché finora non prendevo in considerazione il calvario a cui sono sottoposti da decenni chilometri di tessuti. I componenti della bellezza teatrale sono certezze incrollabili: stoffe. Più di trentamila costumi storici: la Fondazione Cerratelli è una villa bellissima, adibita a spazio espositivo che raccoglie un’importante collezione di costumi teatrali e cinematografici. Dal dicembre del 2005, la sede si è spostata da Firenze a San Giuliano Terme -Pisa- a Villa Roncioni di Pugnano. Un museo straordinario dove sono conservati i costumi di scena realizzati dalla casa d’arte fiorentina, appartenuti ad attori di cinema e teatro, usati per opere liriche soprattutto, e per film di registi come Castellani, De Filippo, Chazalet, Bolognini, Bussotti, Gregoretti, Ronconi, Strehelr, Visconti e Zeffirelli. Casa dei costumi teatrali fin dal 1914 nata per volontà di un artista, il baritono Arturo Cerratelli.
Fiorini, la Fondazione che dirige le dà senso di appartenenza?
“Da sempre, da quando ero un ragazzino che poteva sognare cose belle. Debbo tanto a Cerratelli, la sento cosa mia perché ci sono cresciuto dentro. Mi commuovo se penso al procedimento per tingere i tessuti artigianalmente, non sono mai uno uguale all’altro: chilometri e chilometri di stoffe servono per realizzare uno spettacolo. Anche ora usiamo la stessa procedura di secoli: grandi pentoloni che bollono colori e che accolgono tessuti tuffati in quelle acque colorate. E poi appena tinti, quei chilometri di tessuti vengono stesi fuori dalla fondazione, sui fili. Per chi non l’ha mai vista, è una cosa straordinaria, emozionante, sembra di fare un tuffo nel passato. Il nostro grande laboratorio è quasi una cucina, fornelli e pentoloni pieni di colore con quell’odore nell’aria. E poi, alla bollitura, le stoffe acquistano le tonalità desiderate e pare di essere in un laboratorio di alchimista”.
Fare costumi teatrali o per il cinema così artigianali non è un azzardo in tempi di magra?
“Noi cerchiamo di non abbandonarlo, questo metodo, di continuare a farlo con lo stesso spirito di allora e la stessa forza. Per un semplice motivo: tutte queste cose non le conosce più quasi nessuno, si perdono. Ma le persone non sono sciocche. Il pubblico riconosce il bello fatto bene, sa riconoscere manufatti di grandissimo valore, perché hanno una tale forza intrinseca, che quando sono esposti, espongono la loro regalità innata. che viene da essere stati molto pensati da chi li doveva creare e poi eseguiti molto bene. Ci sono costumi che anche in sartoria, lo vedo, si pavoneggiano come pavoni, perché sanno di essere belli davvero”.
Dunque, non ha paura di riproporre tanta “cara” bellezza da palcoscenico?
“No, perché le produzioni che ora sono all’osso, e dico anche certa opera lirica, capiscono che stiamo assistendo a un momento che sta cambiando di tendenza. Le produzioni minimal e scarne non vanno quasi più di moda, neppure per le avanguardie. Di contro abbiamo visto tutti i grandi successi che hanno anche oggi le opere di Zeffirelli e De Ana: quando le metti in scena il pubblico è esaltato perché sa che assisterà a un vero spettacolo, con costumi sfarzosi perché giusti, che definiscono i personaggi. E fanno pienoni nei teatri, i numeri lo testimoniano. Allora noi siamo qui per essere pronti quando la richiesta arriverà. Perché arriverà la richiesta per costruire il nuovo e ben fatto, lo so. Ma bisogna saper riconoscere il costume storico, e il contemporaneo, che non vale niente in scena so vede. Per fare le cose nuove, bisogna conoscere il passato e studiare”.
Come si conservano i costumi di scena?
“Di loro natura sono molto forti, devono essere pronti a vivere tante vite e quindi nascono per fare Don Giovanni e poi, magari, un mese dopo riutilizzati per fare un “Cosi fan tutte” e hanno completamente un’altra vita. I costumi devono essere pronti a cambiare pelle continuamente, ma hanno bisogno di tanta cura, quindi non è semplice custodire. Pensa solo alla difficoltà di trattare periodicamente contro le tarme, per esempio. Un dispendio economico enorme, essenziale per la conservazione”.
Fiorini, da poco tempo lei è direttore e già si vede un grande cambiamento di Cerratelli.
“Il mio obiettivo da subito è stato quello di aprire la Fondazione il più possibile perché possa essere riconosciuta da tutti quale patrimonio straordinario e per diventare un esempio per i giovani che vogliono fare questo lavoro. Cerratelli rappresenta un unicum da studiare, osservare, copiare, una sorta di San Marco per gli scultori come fosse una grande galleria di uomini e donne illustri. E questo si può fare attraverso le esposizioni, le occasioni di studio. La prima cosa che ho fatto da direttore, è stata aprire ai giovani questo mondo, ma anche ai tanti appassionati, per far vedere il grande valore artigianale che si cela nei costumi Cerratelli, eccellenza assoluta nel mondo. Non a caso Franco Zeffirelli sceglie Cerratelli per le produzioni più importanti, e per celebrare la loro bravura il genio creativo, e li definisce ‘esecutori di opere d’arte’. Poi vince l’Oscar nel ’69 per i costumi di “Romeo e Giulietta”, e in questa collezione di sartoria, Zeffirelli mette un sigillo di garanzia. Ha meritato Cerratelli il successo mediatico col cinema. Ma la sartoria non l’ha mai rincorso, bastava essere riconosciuti come laboratorio creativo al servizio dei classici. Un successo non solo per Firenze, ma per tutta la Toscana che anche con la sartoria ha rivoluzionato i mestieri dell’arte”.
E oggi?
“Oggi non è più così ma si deve pensare alla formazione: con l’anno nuovo avvieremo corsi di alta formazione alla sede di Pisa per sarti di scena. A settembre c’è stata la grande inaugurazione dedicata ai costumi di Romeo e Giulietta di Zeffirelli, preceduta da una giornata di studi alla Normale di Pisa. Sarà un appuntamento annuale e approfondiremo gli aspetti del costume di scena. Siamo bravi, va raccontato ai giovani che saranno bravi, che vedere abito di scena non è un amarcord, ma stimolo a fare bene. Oggi si possono rifare i costumi che hanno fatto storia: con l’impegno, lo studio e la fantasia: forse anche più belli”. Fiorini, per ridimensionare il problema-teatro proponendo altre urgenze: la cultura per prima.
“Il nostro grande laboratorio è quasi una cucina, fornelli e pentoloni pieni di colore con quell’odore nell’aria. E poi, alla bollitura, le stoffe acquistano le tonalità desiderate e pare di essere in un laboratorio di alchimista”
Giornalista