ARTE & IMPRESA
Arti, scienza e interdisciplinarità, chiave del futuro
L’acronimo STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics), must per formazione e aziende, s’arricchisce della A di Arts e diventa STEAM, un cocktail di conoscenza vitale nelle nuove economie che l’Italia avrebbe nel DNA ma, come in tutta l’Europa, il cammino è a ostacoli e solo agli inizi
Donatella Zucca
Nel mondo della scuola, della formazione professionale e del lavoro è emersa, a partire dagli anni Duemila, la necessità di approfondire e ampliare l’apprendimento di materie scientifico/tecnologiche, una serie di competenze sintetizzate nel termine STEM. Oggi però incalza anche la necessità di completare lo studio e l’approfondimento di queste materie con altre traversali di carattere artistico/umanistiche. Entra in campo la A di Arts, arti intese nel senso rinascimentale della parola, che vede l’uomo modulo di riferimento di un fare e di un creare che abbatte i confini delle scienze. Un’apertura che spalanca le porte al domani, a una nuova economia del sapere, della condivisione, dei servizi e dell’utilizzo che prende il sopravvento sull’acquisto, dell’ambiente per il bene comune. In un mondo inevitabilmente sempre più globalizzato e al tempo stesso incentrato sull’uomo come individuo, la creatività sarà l’elemento principale dell’interscambio tra il rigore tecnologico/scientifico e le sensibilità e le conoscenze umane.
Nei paradisi del digitale, le aziende assumono persone con preparazione umanistica e artistica per la creazione di strumenti funzionali ai comportamenti umani. Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, era affascinato sia dall’informatica e la tecnologia, che dalle materie umanistiche, Chad Hurley, mente creativa e co-founder di Youtube, ha amato l’arte quanto l’informatica, tanto che all’Indiana University of Pennsylvania si specializzò in web design. Riguardo al valore estetico dell’arte, da anni ormai la bellezza di oggetti, architetture e complessi urbanistici non è più fine a se stessa ma orientata ad esaltare e completare la loro funzionalità. L’era del bello e ben fatto sembra prendere il sopravvento su quella del consumismo sfrenato, del prodotto che dura un battito di ciglia, suggerendo nuovi traguardi di responsabilità sociale e ambientale, l’importanza di implementare processi in cui prevale il valore del lavoro e delle risorse umane. Il futuro si prefigura ricco di contenuti e guidato da un’imprenditorialità capace di affrontare l’imprevedibile, aprire le porte a professionisti innovativi, pensare prodotti nuovi adeguabili ai cambiamenti delle cose e dell’uomo. Considerato che il futuro inizia a costruirsi nel presente, un cammino già in corso, con la crescita del popolo dei DIY (Do-It-Yourselfers) e degli indipendenti delle partite IVA, col lavoratore dipendente che sempre più si allontana dalla situazione di esecutore passivo, per assumere ruoli in cui può diventare fonte di idee e, grazie alle nuove tecnologie, collaborare alla creazione di servizi e prodotti, anche connettendosi coi clienti.
In Italia siamo maestri nel coniugare fra loro artigianato, arte e tecnologia, sono diversi i settori di punta della nostra industria che lo fanno, indipendentemente dagli inviti delle Istituzioni italiane ed europee impegnate su questo fronte, purtroppo a macchia di leopardo e non sostenute da un Sistema Paese. Tra queste, l’industria nautica, un’eccellenza del Made in Italy leader mondiale di settore, senza contare i grandi dell’alta moda, Luxottica con gli occhiali, Tod’s con le scarpe, marchi storici dell’automobile e delle moto come Ducati, Lamborghini, Ferrari, solo per fare qualche esempio. Nonostante i progetti di formazione STEM siano più numerosi, data la forte richiesta da parte delle imprese di competenze di questo tipo, non mancano iniziative STEAM, come il liceo internazionale Steam di Bologna, dove la didattica tradizionale è sostituita da un modello in cui studio ed esperienza s’intrecciano. Oppure, la Contamination Lab Veneto, un progetto di contaminazione multidisciplinare che coinvolge studenti, universitari, neolaureati, dottorati di ricerca, docenti, professionisti e imprese. In Toscana, il corso Namaste promosso dall’Asev e finanziato dalla Regione attraverso il progetto GiovaniSi e POR FSE, si pone l’obbiettivo di formare tecnici di progettazione e di design della nautica, coinvolgendo partner come Cnr, l’Istituto di Fisica Applicata “Nello Carrara” e Navigo, società di innovazione e sviluppo del settore. Per implementare l’approccio STEAM nelle scuole, l’Europa è entrata in campo col progetto STEAMonEdu che mette a disposizione delle istituzioni una piattaforma di riferimento e con Stati Generali dell’Innovazione partner italiano e responsabile della sua attuazione in Italia. Non meno importante, l’Omron Educational Project, iniziativa che fa parte del Progetto Scuola Omron partito nel 2004 e organizzata da Omron Electronics S.p.A sulla base del Protocollo di Intesa Omron/Miur,rivolto a scuole e licei di indirizzo tecnico-scientifico, Università e Politecnici, che nella sede di Milano fornisce Corsi di Formazione gratuiti ai Docenti. Omron è un’azienda giapponese leader nei componenti per l’automazione industriale, robotica, prodotti elettromedicali e componenti per l’elettronica, attraverso Omron Italia, fornitore di tecnologia nell’automazione industriale, il sanitario e la componentistica elettronica. Tutto questo, per prepararsi ad affrontare un futuro, talvolta già presente, fatto di smart cities, di una società 4.0 destinata a passare a 5.0, dell’intelligenza artificiale che diventa intelligenza aumentata, della macchina che impara dall’uomo per potergli essere di maggior aiuto, di blockchain e criptovalute, di burocrazia che cede il passo a proceure semplici, sicure, veloci e trasparenti. Ma proprio mentre ne parliamo, guardando al domani e al dopodomani, dobbiamo fare i conti con un presente in cui le aziende reclamano la mancanza di personale preparato alla svolta in atto, dove il 33,8% (dato Istat 2019) delle famiglie non ha un computer o un tablet, non dappertutto la connessione ad internet è adeguata e, sia i salari che le pensioni sono mediamente così bassi da non permettere di possedere gli strumenti adeguati a una società tecnologicamente avanzata. Senza contare, una ancora troppo diffusa indifferenza e diffidenza di fronte ai cambiamenti, a cui per fortuna si oppone un popolo sempre più numeroso di persone sensibili, reattive e coraggiose per cui la frase di Steve Jobs Stay Hungry Stay Foolish è un mantra.
Piccoli grandi e grandi impegnati.
La Guidi Marine, azienda leader a livello internazionale nella produzione di filtri, valvole e accessori idraulici per la nautica, da anni promuove cultura e arte, un messaggio leggibile persino nel design dei suoi prodotti, diventati sculture, soggetti di disegni e dipinti in occasione dell’evento/mostra dei suoi 50 anni. Da Viareggio, Pietro Angelini direttore di Navigo, la più vasta rete d’aziende della nautica da diporto della Toscana e tra le maggiori d’Europa, fortemente impegnata nella creazione di Namaste, conferma come il corso si incentrato sul tema STEAM “Fino al XVII secolo”, ci dice, “l’arte si riferiva a qualsiasi abilità o maestria senza differenziarsi dai mestieri o dalle scienze. Il termine Arts appartiene sia all’arte che all’artigianato, non in antitesi tra loro, ma l’una l’evoluzione dell’altro, spostandosi dalla forma ai contenuti, dalla materia al significato, creando bellezza e funzionalità. Infatti, insieme a Asev, l’Agenzia per lo Sviluppo dell’Empolese-Valdelsa, abbiamo coinvolto il Distretto Tecnologico Regionale per i Nuovi Materiali. Nei progetti e il refit, oggi è fondamentale un approccio aperto al senso artistico e alla ricerca di materiali innovativi da sperimentare e utilizzare, ma anche in un diverso impiego di classici come marmo e bronzo. Oltre il tema STEAM, in futuro si dovrà riservare grande attenzione all’ambiente, prevedendo risorse e materie che possano avere una seconda vita, quindi su un’artigianalità capace di pensare all’uso e riuso dei materiali.
Nonostante il mercato lo richieda, le figure con competenze STEM, quindi anche STEAM, sono rare, il corso nasce per questa ragione?
Sì, propone un professionista con un mix di competenze tecniche e, soprattutto, tecniche operative, che possieda una visione ingegneristica e da operario specializzato. I giovani sono competenti per quanto riguarda la tecnologia e il digitale, facendo quasi tutti parte di questa era. Un’impresa o un titolare che d’abitudine usa la tecnologia, mostra d’avere una mente aperta a questi schemi e recepisce positivamente l’uso di strumenti altamente tecnologici. Nella formazione, noto una carenza di mentalità interdisciplinare. Si pensa molto a quella manageriale disgiunta da quella dei mestieri manuali, rischiando di perdere un tessuto importante di alta artigianalità dove sono altrettanto necessarie caratteristiche di creatività, tecnologia, innovazione. Nel gergo della ricerca di personale, non esiste interdisciplinarità, quasi vi fosse un muro culturale. Il falegname di oggi non deve avere solo competenze tecnologiche, non può essere un falegname tout-court.
Nella barca, le forme di ogni elemento devono considerare esigenze tecniche di navigazione, fruitori vacanzieri di ogni paese e, con l’aumento delle dimensioni medie, anche navigatori e amanti di avventure. Considererete tutto questo?
Certo, ne abbiamo tenuto conto, anche dato il cambiamento delmercato e delle abitudini degli armatori. Adesso i clienti navigano di più, sono più giovani e più attenti all’ambiente. Le stesse società di charter, che sono in aumento, devono rispondere alle esigenze di un nuovo pubblico di clienti di ogni età e provenienza che vogliono navigare in mari diversi dai soliti
Il titolo conferito dal corso è di “Tecnico della progettazione e del disegno di interni ed esterni di imbarcazioni, del montaggio e ripristino di allestimenti nautici”. Ci può spiegare in cosa si traduce il “montaggio e il ripristino di allestiment inautici?
Abbiamo pensato ad una figura che operi anche nei settori refit e manutenzione, un progettista capace di pensare e vedere il futuro della barca fin dalla costruzione e dal momento che entra in acqua. Ogni anno, il suo rientro a terra è foriero di interventi che permettano di mantenerne il valore, lo yacht non è solo il frutto del cantiere di produzione, ma un oggetto che si compone, fatto di elementi in continuo cambiamento che gli permettono, nella sua interezza, di mantenere alte prestazioni e godibilità”. Nei suoi vari distretti italiani, il settore è ricco di imprese piccole e medie sensibilii alle nuove tematiche, non a caso filiere di un settore in cui l’Italia è leader mondiale.
Michele Dibenedetto, Market Manager Educational Project di Omron Electronics,un colosso ai primi posti nell’indice Dow Jones Sustainability e tra i Top 100 Innovators di Thomson-Reuters
“Alla macchina, il lavoro della macchina. All’uomo, lo spirito della creatività.” Kazuma Tateisi, fondatore di Omron. Coniugati insieme nella visione del futuro?
Sì, è stato un antesignano. Se pensiamo che questa affermazione è del 1970, comprendiamo la sua grande capacità di vedere oltre, di consegnare una visione filosofica e concreta alle necessità dell’uomo e poterlo fare attraverso lo sviluppo di tecnologie volte al miglioramento della qualità della vita anche e soprattutto dal punto di vista della sostenibilità ambientale. In questa farse ritroviamo i grandi traguardi implementati dell’agenda 2030 dell’Onu su questo fronte. In ambito sanitario Omron da sempre fornisce risposte volte al benessere della società, nel 1933 Tateisi è stato l’inventore dei temporizzatori impiegati sulle macchine a raggi X degli ospedali, riducendo il tempo di esposizione del corpo. Stiamo vivendo un momento speciale, in termini di innovazione nel manifatturiero. Le straordinarie opportunità dell’innovazione tecnologica e del digitale portano l’uomo verso un nuovo potenziale estetico/creativo, da porre al servizio della competitività delle imprese e che coglie il segno di un rapporto tra ingegno, strumenti di produzione, cultura e produttività. Ne sono l’esempio, i robot collaborativi che dipingono quadri premeditati e illustrati dall’artista (Università di Trieste Prof. Gallina) i sensori Omron Okao Vision, per il riconoscimento facciale dedicati agli sviluppatori, integrabili su piattaforme embedded. Di recente, la nostra Smart Camera industriale serie FHV7 premiata al concorso di design IF Design Award 2020. In Omron abbiamo la sensazione di vivere una fase del rapporto tra uomo e strumenti di produzione che può trarre vantaggio dagli insegnamenti che arrivano dalla Bottega Rinascimentale Leonardiana.
In un ottica come questa, quasi leonardesca, l’Italia dovrebbe essere un buon terreno di sviluppo di diversi vostri settori, ce n’è qualcuno in particolare?
Al contrario di quello che si pensa e si legge sui media, l’industria manifatturiera italiana è seconda in Europa, che dal punto di vista economico rappresenta un’area di grande sviluppo, insieme a quella asiatica e nord americana, per l’applicazione e l’implementazione tecnologica. Il principale mercato del nostro export è la meccanica (macchine utensili e non solo) che soddisfa le richieste di vari mercati: Automotive, Pharma, Food, Beverage, Tessile per citarne solo alcuni. Siamo il VI° Paese al mondo per Robot installati, ed è anche questo motivo che è nato il progetto Educational di Omron, che da 25 anni regala al sistema Italia. Formazione tecnologica gratuita a docenti e studenti di ogni ordine e grado, delle Università, degli ITS di Meccatronica (sistema duale come quello tedesco) delle scuole medie superiori ad indirizzo tecnologico.Un modus operandi che si rifà alla filosofia di Kazuma Tateisi e ai nostri principi aziendali. La nostra missione sarebbe quella di coprire il grande gap culturale in termini di innovazione e cultura tecnologica della formazione italiana.
L’italia per molti anni è stata avanti nella robotica è ancora così?
Le ultime statistiche Eurostat affermano che, già nel podio europeo come secondo produttore di robot, l’Italia è tra gli Stati che più impiegano i robot industriali, con un incremento del 32% ed è sesta al mondo e terza in Europa per uso di robot industriali o di servizio. Ma non è tutto, le aziende con più di 10 dipendenti che impiegano robotica industriale, superano di molto la media europea
Quali le principali criticità?
Il 70% delle vendite di robot industriali è concentrato principalmente nei mercati dell’industria automobilistica (34%) ed elettrica/elettronica (25%) che hanno avuto un rallentamento delle vendite a causa della pandemia che ha fermato l’economia di quasi tutti i Paesi. Il 2021 vedrà la ripresa, ma potrebbe volerci fino al 2022 o al 2023 per raggiungere il livello pre-crisi.Un’altra seria criticità italiana sarebbe la ricerca, sia pubblica che privata, bisogna investire di più e formare giovani preparati nelle materie STEAM. Il Progetto Educational affronta soprattutto questo problema, ogni tre anni rinnoviamo un protocollo col Ministero della Pubblica Istruzione, che ci permette di sviluppare una mole di attività sul territorio nazionale, ora in modalità online, nel periodo pre-covid in presenza. All’interno del progetto perseguiamo vari obbiettivi tra cui la realizzazione del Trofeo Smart Project a cui partecipano le IV e V della scuola media superiore che, utilizzando software industriali, realizzano un processo produttivo e tecnologico. L’Italia ha bisogno di assicurare un mismatch tra domanda e offerta di lavoro, per le figure tecniche in un ritardo abissale a cui s’aggiunge la necessità d’avvicinare il mondo femminile alle materie STEM. Da nord a sud, abbiamo bisogno di tecnici sempre più preparati, che rispondano alle esigenze tecnologiche e manifatturiere dell’Italia. Per questo che sono nati gli ITS un modello scolastico duale di stampo tedesco che vede coinvolte le aziende, un pilastro scolastico in cui Omron è protagonista.
Qui però s’innesca il problema della fuga dei cervelli…
Il primo problema è un’organizzazione aziendale spesso incapace di premiare chi merita, gran parte delle imprese sono medio-piccole e a conduzione familiare, e questo soffoca le opportunità di carriera di tanti giovani promettenti. Sforniamo pochi laureati e quei pochi si dirigono verso multinazionali estere, affascinati dai percorsi di carriera e da giuste retribuzioni. Nel segmento University del progetto Educational, offriamo lezioni agli studenti d’ingegneria sulle tecnologie robotiche e Industry 4.0, siamo in contatto con le Università e Politecnici e prendiamo parte ai comitati scientifici. Inoltre, abbiamo allargato la collaborazione ai Competence Centreprevisti dalla legge Calenda e intrapreso un percorso simile negli Innovation Hube di Confindustria. In Italia mancano gli investimenti in R&S e una visione futuristica del Paese indispensabile per fare sistema. Desideriamo essere tra i protagonisti della nascita della società’ 5.0 in Europa, i cui prodromi sono presenti in Giappone, in base a un concetto rivolto sia all’economia che alla popolazione, promuovendo l’idea di una Super Smart Society in cui Information Technology e Intelligenza Artificiale delineeranno il profilo di una nuova società. Secondo uno studio dell’Associazione industriale giapponese Keidanren, per raggiungere questo obbiettivo si devono “abbattere cinque muri”: amministrativi, legali, di conoscenze della digitalizzazione, di forza lavoro e d’accettazione da parte della popolazione. La tecnologia Blockchain contribuirà a realizzare una società centrata sull’uomo, che offrirà un’alta qualità della vita, attribuirà più importanza alla collaborazione tra uomo e macchina e radicalizzerà i valori economici, etici e morali della digitalizzazione.
Paolo Russo, Socio fondatore e segretario dell’Associazione Stati Generali dell’Innovazione, partner di STEAMonEdu, Ceo di IMDA(International Management Development Association) USA.
Lui stesso un personaggio STEAM, Paolo Russo esprime forti valori transculturali, interdisciplinari e d’innovazione in ogni sua attività. Proveniente dagli studi classici si laurea in matematica, diventa esperto del patrimonio culturale digitale, crea il modello del “museater” e collabora col Department of State Delaware a progetti d’interscambio culturale e commerciale con l’Italia, Ceo di IMDA Usa, fonda dell’Associazione Stati Generali dell’Innovazione, di cui è segretario generale. Un curriculum che invoglia a porre delle domande.
Uso di competenze trasversali, transdisciplinarità, pensiero divergente, abilità creativa, capacità di comunicare, d’affrontare l’inatteso, confrontarsi e osare oltre il visibile e il prevedibile, tutto questo dovrebbe essere nel paniere del futuro. In realtà come stanno le cose e quali i paesi che sono più avanti?
Come al solito, in Italia la situazione è molto variegata. Purtroppo siamo un paese con scarsissima capacità di fare sistema, quindi un po’ in tutti i settori incontriamo dei grappoli di eccellenza, che poi abbiamo difficoltà a condividere e a elevare uniformemente a livello medio. In realtà però stiamo parlando di qualcosa di molto nuovo, in gran parte ancora da apprendere, capire e sviluppare. L’approccio STEAM all’apprendimento ricade in una necessità di guardare non tanto al futuro ma già al presente in maniera diversa perché, come ha citato lei, ci sono già progetti europei che portiamo avanti. Giusto per fare un esempio, questo è stato il punto di partenza del progetto Crowd dreaming youth coocreate digital culture, nato da una buona pratica italiana riportata e sperimentata a livello europeo. Di fatto siamo in una fase di crisi della società analitica, quindi basata sul modello analitico sviluppato da Newton in poi, dandoci infiniti successi, ma che in una realtà che ormai cambia a velocità stratosferica non regge più, perché richiede uno sviluppo e una elaborazione per forza di cose lenta. Siamo in un periodo in cui ci sono tante esplorazioni verso modelli diversi di rappresentazione del mondo, con approcci nei quali non si cerca più di organizzare e analizzare in maniera gerarchica e strutturata, ma di lavorare in maniera più o meno coordinata, nella direzione che sembra essere quella di maggior interesse, non essendoci il tempo di pianificare nel modo tradizionale.
Ci può fare qualche esempio?
Ci sono una serie di progetti e iniziative del MIT di Boston, dove Otto Scharmerha elaborato un teoria che va in questa direzione. Esperimenti di inserimento e inclusione di categorie deboli all’interno del processo sociale o altri in termini di emissione di moneta locale di comunità, realizzati utilizzando questo tipo di modelli. Un altro esempio che però non sta funzionando è lo Steem, un’iniziativa basata sulla blockchain che si inserisce tra le tante per lo più velleitarie e modaiole destinate al fallimento. Il concetto però è interessante, era applicata al campo dell’editoria come tentativo di valorizzazione delle micro transazioni che generano valore nella cultura, vista come stratificazioni di azioni minime difficilmente individuabili. L’approccio era cercare di costruire un modello economico basato sul riconoscimento del valore curatoriale della comunità, utilizzando la blockchain e una cripto valuta a lei legata, che orientando le scelte dei lettori e creando contenuti tramite stimoli dati dalla comunità stessa, avrebbe dovuto portare a un riconoscimento economico.
Si ma tutto questo in un paese con un forte divario digitale tra istituzioni e abitazioni, anche in termini di dotazioni tecnologiche, doc c’è carenza d’alfabetizzazione digitale tra studenti, professori e famiglie, sembra impossibile. Come Stati Generali cosa state facendo ?
La realtà è che in Italia non si ottengono risultati a breve tempo. Ormai da diversi anni abbiamo situazioni di difficoltà economica, disgregazione sociale e politica, per cui, più che altro l’approccio è quello di farci perdonare un po’ dalle nuove generazioni. Giovani che stiamo formando adesso per questo mondo disastrato, dando loro almeno gli strumenti per cercare di costruire qualche cosa secondo modelli diversi. Il momento della pandemia ha messo tragicamente a nudo tutti i limiti che il nostro Paese attraversa. Noi diversamente giovani vorremmo poter dire che il nostro lo abbiamo fatto, cercando nel bene e nel male di mettere in mano ai ragazzi degli strumenti. Quindi, laboratori pratici per la formazione, uno degli elementi importanti della filosofia TEAM, coinvolgendoli in progetti e addestrandoli a lavorare oggi ai mestieri inesistenti e alle città invisibili. Quando parliamo di città invisibili ci riferiamo alla dimensione digitale della realtà, dimensione che ancora non è regolata e nemmeno riconosciuta o compresa a livello legislativo, politico ecc, parliamo quindi di qualcosa in divenire, che si sta formando anche se nata 20 anni fa. Siamo in mezzo a un processo appena cominciato.
Pochi hanno competenze in web marketing e sviluppo software sufficienti a rispondere alla domanda delle aziende e poche quelle tentano di riconvertire le risorse a un profilo STEM. Il Nordest d’Italia però sta andando in questo senso, forte di una tradizione abituata a coniugare insieme arte, artigianato e tecnologia. In altri casi lo abbiamo sempre fatto senza rendersene conto. Sbaglio o c’è una gran confusione?
Questo sicuramente. Sì, abbiamo tante realtà che sviluppano soluzioni interessanti, resta però una nostra incapacità di fare sistema. In una mia vita professionale precedente mi sono occupato di sviluppo territoriale negli USA, facevo da interfaccia con realtà di questo genere, però in Italia siamo sempre lì abbiamo eccellenze stratosferiche ma non la ricaduta a livello di sistema. Felicissimi per loro ma dipende da che tipo di discorso stiamo facendo, ci sono aziende molto sensibili alla tecnologia, però con un indirizzo pratico strumentale delle tecnologie digitali. Il problema è elevare il livello medio dove l’approccio STEAM è vincente, che in Italia purtroppo non può essere applicato a livello scolastico e non si sa ancora per quanto. Che sia un approccio indispensabile penso sia chiaro, quella che chiamiamo componente umanistica nella preparazione culturale permette poi di gestire il momento decisionale, di fare delle sintesi in maniera migliore, di prendere decisioni informate e di essere creativi.
Voi siete quindi essenzialmente rivolti a fare formazione?
Noi siamo essenzialmente li. Si cerca di andare a intervenire sul gap tra richiesta del mondo del lavoro di competenze contemporanee che includano un approccio ecclettico, una formazione digitale e una preparazione umanistica. Cerchiamo di incidere su questo punto con iniziative speciali, con dei progetti che formano gruppi di ragazzi e non di seminazione a livello scolastico, modelli di progetti ed esperienze adottabili purtroppo a livello di singole scuole, sfruttando l’autonomia scolastica, perché il sistema di fatto è refrattario a questo tipo di iniziative. La linea dei progetti che cerchiamo di portare avanti con le scuole è quella dei mestieri inesistenti. In termini di formazione avanzata il primo paese europeo è la Finlandia, il resto dell’Europa è più o meno a livello dell’Italia. Il tema dei mestieri inesistenti nasce dal fatto che gli studenti di oggi si troveranno a dover svolgere mestieri non esistono ancora. Noi immaginiamo quelli di domani e facciamo formazione oggi su di loro, abbiamo deciso questa strada perché tutti nei convegni condividevamo queste cose, poi però tornavamo a casa e organizzavamo per i ragazzi delle scuole un bel corso in excell, che serve oggi ma non li prepara per il futuro. La cosa fondamentale però è cheparliamo e straparliamo di digitale ma nella maggior parte dei casi diamo prova di non aver ancora capito caso sia. Ce ne rendiamo conto quando strada facendo si pone la domanda se il digitale sia patrimonio materiale o immateriale e sopra i 30 anni quasi tutti dicono “immateriale”, dando prova di non aver capito e se non si è capito c’è poca speranza di poter declinare quel che segue. Sono contento per le aziende italiane che fanno benissimo, ma noi siamo ancora alle aste e ai bastoncini per poter insegnare, purtroppo abbiamo una concezione magica del digitale e della tecnologia in genere, per questo abbiamo lasciato l’educazione dei ragazzi in mano alle società tecnologiche, che hanno l’esigenza di guadagnare sul consumatore e cui spesso manca un impianto umanistico da trasmettere.
Lei non crede che i grandi della tecnologia abbiano fatto un regalo enorme al mondo?
Dipende, tra loro si dovrebbe differenziare, di fatto però ci hanno cambiato la vita sotto tutti i punti di vista sicuramente in meglio, io non ce l’ho con loro e qui andrei all’aneddoto di Petrolini che al disturbatore del loggione disse “io non ce l’ho con te ce l’ho con quelli vicino a te che non ti buttano di sotto”. Loro fanno il loro mestiere che però deve mantenersi nell’ambito della legalità, la colpa è dello Stato e dei sistemi educativi, per dare una cultura diversa ai ragazzi dobbiamo comprendere, siamo noi siamo in difetto. La nostra debolezza culturale ci impigrisce, ci fa lavorare per cliché, fa si che a scuola mentre tu parli i ragazzi controllano su Google e guai se quello che dici non c’è, sotto certi punti di vista va bene ma sarebbe anche molto importante addestrarli a conoscere il crimine per poi poterlo riconoscere. Lo stesso vale per le Fac, noi facciamo sviluppare ai ragazzi una campagna di Fac news, perché una volta che capiscono come funziona, nella realtà sono in grado di riconoscere più facilmente i processi che la circondano.

Giornalista e scenografa