SETTORE VITIVINICOLO
Arte e vino, binomio che piace
Cantine disegnate o rivisitate da archistar, innovative testimonial di tradizioni, promotrici di arte e cultura, a partire dalla cura del vigneti e delle cantine, un mix che svela Made in Italy unici. L’accostamento del vino all’arte e alla cultura si sta rivelando una carta vincente per un mercato sensibile al fascino, alle emozioni, alla bellezza e al benessere
Donatella Zucca
L’idea di accostare la coltura del vigneto e la produzione del vino a forme d’arte, nata da similitudini nei processi creativi, non è solo una prerogativa italiana, già da più di 40 anni nella valle di St Catharine che va da Niagara Falls (USA) al lago Ontario (Canada), la cura del vigneto e della vinificazione sono considerate arte e quindi accompagnate da giardini, ristoranti, guest house e reception paragonabili a quelle di hotel di lusso che, oltre a promuovere i vini, ospitano eventi culturali e mostre. Tra queste, la HALL Wines St. Helena, Henry of Pelham Family Estate Winery e diverse altre del circuito St. Catharine Valley Winery che danno ancor più risalto alle sue peculiarità e la sua storia. Un angolo di grande bellezza con un clima privilegiato rispetto al Canada e al nord New York State, nel 1943, Sir Winston Churchill descrisse la sua strada come “the prettiest Sunday afternoon drive in the world”. Frase ripresa da molte aziende vitivinicole per invitare a visitare vigneti e cantine, naturalmente degustando i vini, alcuni dei quali premiati persino al nostro Vinitaly. Prima ancora lo hanno fatto e continuano a farlo le winery californiane della Napa Valley, con gallerie, musei, giardini dedicati all’arte, etichette griffate e itinerari turistici dedicati.
Per non parlare della Francia, da sempre grande maestra nel saper valorizzare e far conoscere i propri prodotti.La Champagne ha celebrato per anni il Moeët et Chandon al Chateau de Saran, un capolavoro del XVIII sec.fatto costruire dalla famiglia Moët e solo da poco diventato un hotel molto esclusivo, a partire dalle modalità di accesso, dato che vi si può soggiornare solo su invito. Il Moët et Chandon comunque continua a essere un ospite d’onore, nel 2019 vi ha festeggiato i 150 anni della couvéMoët Impérial.Circa 30 anni fa, prima che diventasse albergo, ho avuto il privilegio di soggiornarvi per un evento e negli occhi ho ancora lo scenario incomparabile dei vigneti tutt’attorno, delle sue bellezze naturali e d’arte. Senza contare il fascino delle cantine, il gusto dello Champagne che lì diventa speciale, i sentori di un passato illustre avvolti da una classe unica. Scendendo in Provenza, sino alle foreste della penisola di St. Tropez e del Var, patria del rosé, s’alternano cantine e vigneti tenuti come gioielli, accompagnati da eventi culturali e artistici. Spesso edifici antichi rivisitati che parlano di storia, ma con strutture produttive e vigneti dove s’implementano le più avanzate tecniche vitivinicole. Tra filari d’uva e cantine, la Route des Vins de Provance conta 444 realtà, di cui 338 solo nel Var, una terra nemica di pesticidi ed erbicidi, rispettosa delle varietà e del ciclo vegetativo. Dove l’uva arriva alla cantina intonsa e al punto giusto di maturazione, per iniziare un altrettanto accurato processo di vinificazione. Tra le più note Château Minuty, da tre generazioni curata dai Fermet-Matton, il cui castello, come la cappella, fu costruito a metà ottocento, ma dove nel 1600 c’erano già le vigne di un certo Joseph Minuty, da cui viene il nome della tenuta, del vino e del sito. Poi Château Saint Maur con la sua quercia del 1620, Château des Garcinières dal 1898 guidata dalla stessa famiglia, i vigneti di Château Barbeyrolles dipinti da artisti famosi e Château Sainte Rosaline che ogni anno organizza esposizioni di noti scultori. Anni fa i Maître Vignerons de la Presqu’ile de Saint Tropez dedicarono con successo una mostra a un’artista italiana. Lo stesso vale per la regione di Bordeaux e non solo, dove importanti aziende allestiscono musei a cielo aperto e disseminano le tenute di opere d’arte moderna. Un’abitudine con origini antiche, che oggi si rinnova nella Forêt des Sens tra i vigneti di Château Smith Haut Lafite, nel Giardino di Sculture di Château d’Arsac nel Medoc e via dicendo. Tornando in Provenza, troviamo capolavori moderni ovunque a Château La Coste, vicino a Aix en Provence, un’azienda totalmente rifatta nel 2003, oggi anche resort e centro d’arte, con architetture firmate da Tadao Ando, Renzo Piano,Frank Gehry e Jean Nouvel. Nel mondo, le cantine progettate da archistar non sono una novità, forse a loro piace il vino, forse rappresentano qualcosa di diverso legato alla natura e ai suoi ritmi, che richiede particolari sensibilità. Tra loro, Norman Fosterche ha disegnato le nuove Cantine Faustino Bodegas Portia, Jacques Herzog e Pierre de Meuron la Dominus Winery nella Napa Valley, Santiago Calatrava la Bodegas Ysios, Renzo Piano Rocca la Frassinello, Gae Aulentila Tenuta Campo di Sasso di Antinori, Franck Gehry l’hotel dell’azienda Marquès de Riscal,nel cuore di un vigneto di 163 anni, a cui è stata dedicata la Frank Gehry Selection e via dicendo.
Ora però veniamo all’Italia, che non manca certo di materia prima in termini di cultura, arte, storia, territori splendidi e dove il vino è tra i suoi prodotti più venduti al mondo. Nel 2019 con un export di € 6,4mld, tra il 2014 e 2019 una crescita media del 4,7% (Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor) e buone posizioni nel 2020 nonostante la pandemia. Un panorama che nel Nord e nel Centro ha grandi tradizioni e nel Sud vini emergenti, da cui appare una particolare capacità di innovare facendo tesoro di savoir faire antichi. Probabilmente grazie all’entrata in gioco d’imprenditori, manager e tecnici giovani che hanno portato freschezza, arricchendo di nuove conoscenze e competenze i processi produttivi, la gestione dei vigneti, dell’azienda e del marketing. Realtà vitivinicole di ogni dimensione, anche molto piccole, ma sempre di alto livello, che raggruppano e valorizzano in unici panieri eccellenze tipicamente nostrane. Ispirandosi a tutto questo qualche anno fa è nato Toscana Wine Architecture, un network promosso dalla Regione Toscana di realtà vitivinicole progettate da Mario Botta, Renzo Piano e altri architetti dello stesso calibro. Tra queste, la Tenuta Ammiraglia-Frescobaldi di Piero Sartogo, Antinori Chianti Classico le cui architetture si mimetizzano col prato, Le Mortelle in Maremma, la Cantina di Montalcino, Cantina Pietra progettata da Mario Botta, Rocca di Frassinello inaugurata nel 2007 e firmata da Renzo Piano, nata dalla joint venture tra Castellare di Castellina e Domaines Barons de Rothschild-Château Lafite. Non meno importante, il progetto “Artisti per Frescobaldi” ideato da Tiziana Frescobaldi, che include la “Collezione Artisti per Frescobaldi” e l’omonimo premio biennale, testimonial di una tradizione con 700 anni di storia. Poi l’Accademia Antinori, che celebra l’arte legata alla Toscana e alla cultura vitivinicola e, a partire dal 2012, con Antinori Art Project, che si rivolge all’arte contemporanea nella cantina Antinori Chianti Classico, coinvolgendo curatori e giovani artisti della scena internazionale. In tutta Italia però, il rapporto tra vino, arte, cultura e territorio è molto forte e per più dell’85% riscontrabile in aziende di pregio che coltivano le uve con cui producono i propri vini. Secondo il rapporto “Wine, Food & Arts in Italia”, realizzato nel 2016 da The Round Table per il Consorzio Tutela del Gavi, in collaborazione con il CeSTIT di Bergamo, si tratta di realtà che producono esclusivamente vini DOCG, DOC e IGT di cui in Italia c’è solo l’imbarazzo della scelta. Un centinaio di queste realizzano musei a tema ed esposizioni emozionali sui processi di vinificazione, una cinquantina eventi artistici e di cultura, spesso scegliendo packaging ed etichette d’autore o effettuando restauri di beni culturali. Sempre secondo il rapporto, scelte che possono aumentare di oltre il 90% la loro visibilità, con immancabili ricadute positive sul business, solo etichette e packaging d’autore con aumenti del 40% nelle vendite. Su questo fronte, Piemonte e Veneto risulterebbero le regioni più impegnate, seguite a ruota da Toscana ed Emilia Romagna. Considerando che oggi, a cinque anni dallo studio, qualità e promozione del territorio, così come un miglior rapporto tra natura e uomo, sono trend in crescita, questi mix di preziosità potrebbero aver prodotto ulteriori performances positive. Del resto, “Il buon vino è ogni volta una sinfonia di quattro movimenti, eseguita al ritmo delle stagioni: il sole, il terreno, il clima e i vitigni modulano l’opera, mentre il vignaiolo, come solista, imprime la sua cadenza” (Philippe Margot).Dalla cura del vigneto a quella della cantina, i processi produttivi di certe aziende ricordano la creazione di un’opera d’arte, per questo forse stanno così bene insieme. Un’attenzione che, mettendo in primo piano natura e ambiente, inizia dallo studio delle caratteristiche climatiche del sito e la composizione del terreno su cui si articolano i vigneti, per poi continuare con le uve, seguite grappolo per grappolo, talvolta dagli stessi proprietari e sempre da mani esperte, sino alle varie fasi della vinificazione in cantina e dell’invecchiamento. Nel progettare le cantine o rivisitarle, grandi architetti e designer s’interfacciano con gli enologi in modo che, dal ricevimento delle uve allo stoccaggio, le strutture contribuiscano a garantire la qualità e rispettino i fondamenti di una vinificazione d’eccellenza, che in Italia si riscontra anche in piccole realtà.
In Toscana e in Piemonte troviamo degli splendidi esempi, la Val d’Aosta vanta vini di nicchia di gran valore come i Les Crêtes, il Valle d’Aosta Petite Arvine. In Sicilia si recuperano vitigni antichi, si valorizzano uve autoctone e custodiscono esempi di archeologia industriale, come lacantina Donnafugata a Marsala, nata nel 1851, con la sua barriccaia scavata nel tufo ed etichette di artisti famosi. Le aziende sono tante e diverse tra loro, quindi va da se che l’identificazione del brand con le caratteristiche storiche, ambientali e culturali del territorio, giochi un ruolo chiave. Riprendendo una tradizione di famiglia, i marchesi Frescobaldi promuovono il premio Artisti per Frescobaldi arrivato ormai alla V edizione e ispirato alla loro tenuta CastelGiocondo a Montalcino, nota per il famoso Brunello e che ospita la Galleria d’Arte Frescobaldi. Come i marchesi Antinori e i Baroni Ricasoli, dal 1141 produttori di vino, per secoli potenti nobil famiglie toscane, che hanno scritto pagine di storia e grandi mecenati. Non per caso, la rassegna “Art of theTreasure Hunt”porta artisti contemporanei di fama internazionale nelle vigne del Chianti Classico, grazie alla sua organizzatrice, la collezionista d’arte Luziah Hennessy,moglie di Gilles Hennessy vice-presidente di Moët Hennessy Wine & Spirits. Il percorso espositivo delle loro opere si articola tra parchi, cantine ed edifici d’epoca di tenute famose per i vini, la storicità e la bellezza del loro contesto. Nel 2019 è stata la volta di Richard Long, Yan Pei Ming, Zheng Zhou e Mark Handforth nel Castello di Brolio, dal 1200 dimora dei marchesi Ricasoli. Poi di Liz Deschenes e di Lucy Stein nell’aziende agricole biologiche di Villa Geggiano e Castello di Volpaia, delle sculture in ceramica di Natalie du Pasquier alla fattoria Felsina e quelle luminose di Bob Wilson alla tenuta di Borgo San Felice. Cocktail di arte, architetture avanzate, cultura e tradizione che accompagnano l’attività vitivinicola, mantenendo in magico equilibrio alti livelli di qualità, e che ritroviamo anche nel nord, nel sud e nelle isole. In terre di Barolo, potremmo citare L’Astemia Pentita, sulla collina di Cannubi, la cui architettura ricorda due casse di vino, i suoi mega murales di artisti locali e gli arredi pop di Gufram. Oppure Fontanafredda per il suo passato e presente glorioso che,nella nuova veste verde di tempio del Barolo,rilancia i legami con la cultura, grazie al savoir faire di Oscar Farinetti fondatore di Eataly. Restando nel nord, e precisamente a Erbusco, in Franciacorta, la Cantina Ca’ del Bosco, nata negli anni 70’per opera di un giovane imprenditore, ha fatto del suo parco, i vigneti e le strutture produttive una galleria d’arte, con opere di Igor Mitoraj, Rado Kirov, Zheng Lu e altri. In Campania, l’azienda Feudi di San Gregorio, esposta due volte alla Biennale di Venezia, con design esterno di Hikaru Mori e interni di Massimo e Lella Lignanelli. Arnaldo Pomodoro è l’autore del cancello/scultura alla tenuta Ca’ del Bosco, della scultura Centenarium, realizzata per celebrare i cento anni delle cantine Ferrari e dell’architettura/scultura Carapace che racchiude la cantina Tenuta Castelbuono, in Umbria, e dà il nome a uno dei suoi migliori vini DOCG. Gli esempi sono talmente tanti che si potrebbe organizzare una mostra di opere e progetti firmati da artisti di ogni paese, nati per accompagnare il vino. Lo stesso vale per le etichette, in Italia a partire dagli anni ’70 per effetto della comparsa delle denominazioni DOC e in Francia da molto, molto più tempo. Nel 1924, Philippe de Rothschild fece disegnare da Jean Carlu l’etichetta per il suo Bordeaux d’annata, una scelta cui Château Mouton Rothschild diede seguito a partire dal 1945 coinvolgendo artisti come Kandinskij, Mirò, Dalì, Picasso, e oggi con altri dello stesso calibro.
Ma come la cultura del vino si intreccia e ne esce rafforzata dalla contaminazione con l’arte lo abbiamo chiesto a Tiziana Frescobaldi, presidente della Compagnia de Frescobaldi, e a Alessia Antinori vice presidente di Marchesi Antinori, entrambe testimonial di generazioni votate al vino, l’arte e la cultura.
Come si pone, per le nuove generazioni di artisti, questo approccio all’arte di vinificare e coltivare le viti che produrranno il vino?
Alessia Antinori Come si pongono è interessante, nel senso che il nostro progetto è molto sul territorio, con la Cantina Antinori Chianti Classico abbiamo voluto riportare a viverlo le persone che lavorano per noi. È per questa ragione, che gli artisti s’innamorano del nostro business, della parte viticola ed enologica. Non necessariamente però lavorano su questi temi, anche se ne sono affascinati, l’importante è che s’appassionino e amino il nostro progetto. Sicuramente per loro la natura è un tema seducente, comunque ce ne sono altri della nostra azienda da cui sono colpiti, come la storia, la continuità e l’innovazione. Ciò non toglie che la natura li conquisti al punto che alcuni vorrebbero venire a lavorare nella campagna.
Tiziana Frescobaldi La sensazione è che ognuno lo faccia in maniera diversa, alcuni sono attratti dalla natura in generale, da un micro e macro cosmo fatto di tante cose, nel territorio di Montalcino dominato dai boschi e dalla vite, non densamente popolato, molto toscano, dove l’aspetto rurale si combina con una natura estremamente ordinata. Poi c’è l’aspetto della produzione del vino e di questa coltivazione, i cui processi sono simili a quelli dell’arte, che qualcuno conosce e molti imparano. Il vigneto vive 365 giorni l’anno, con tutti i suoi alti e bassi, e non sempre ci si rende conto della cura che si deve avere perché possa produrre vini desiderati, con un carattere e un’identità del territorio. Una sensibilità in cui entrano in gioco tanti elementi, per un artista molto interessanti. La loro permanenza a CastelGiocondo può variare da tre giorni a due settimane, alcuni tornano, altri vivono all’estero e concentrano la loro permanenza o si trattengono un po’ di più in Toscana per conoscerla meglio. Nell’accompagnarli e far si che possano parlare con chi ha competenze vinicole e agrarie, vedo ogni volta un grande interesse.
La scelta dell’arte e della cultura per accompagnare i vini, è prevalentemente di marketing o, specialmente in Italia, una questione di tradizione e rilancio di valori che spesso si ricollegano con la storia?
Alessia Antinori Per noi più che marketing è proprio tradizione, che per la nostra famiglia fiorentina ha inizio nel 1385, quando Giovanni di Pietro Antinori si iscrisse all’Arte dei Vinattieri. Con le mie due sorelle siamo alla 26iesima generazione, per noi l’arte è nel Dna, siamo sempre stati mecenati e vissuti a Firenze la culla della cultura del Rinascimento, quindi circondati dall’arte. Mecenatismo, arte e tradizione rappresentano una continuità di famiglia e della nostra cultura, Quando nel 2012 abbiamo costruito la nuova cantina, nostro padre mi chiese di mostrare quello che avevamo collezionato nei secoli, e io l’ho fatto in una parte della cantina, poi ho voluto dare una continuità, portandovi l’arte contemporanea. L’architettura della cantina è modernissima e quello che mostriamo ora in futuro sarà una testimonianza del passato e la cultura della nostra famiglia. Tutto questo naturalmente rafforza il vino, ma sono anche convinta che vino e arte siano strettamente correlati.
Tiziana Frescobaldi Assolutamente. Nel nostro caso una tradizione che è stata sempre presente e solo nel novecento un po’ trascurata per via di tanti fattori, un file rouge che noi abbiamo cercato di recuperare. Fin dal Rinascimento i Frescobaldi hanno collezionato e chiamato pittori e artisti per farsi ritrarre e lasciare un ricordo di sé. Una esigenza, una passione, una voglia di trasmettere alle future generazioni, quindi certo, anche di autocelebrarsi. Nel nostro progetto c’è un po’ il desiderio di riflettersi nel lavoro dell’artista, che però ha piena libertà d’esprimere impressioni e vissuto, quindi in un modo indiretto. Attraverso gli occhi di chi racconta l’incontro col nostro mondo, non sempre catturati necessariamente dal vino, ma anche da quello che si respira in questo ambiente naturale e umano.
C’è differenza d’approccio, espressione e sensibilità, tra artisti italiani e stranieri?
Alessia AntinoriTranne un paio, gli artisti italiani coinvolti abitano all’estero da anni e hanno lo studio all’estero, quindi italiani a metà via. A loro fa piacere venire da noi perché tornano nel loro paese, dove hanno delle radici, e per noi, come famiglia, questo è un aspetto importante, una sensibilità percepibile nelle loro opere. La nostra apertura è internazionale, l’ultima opera che abbiamo prodotto con l’americano San Falls è un progetto sulla natura molto bello e di facile impatto. Spesso sono mix d’italianità anche in chi non è italiano.
Tiziana Frescobaldi Dipende molto, ciò che fa la differenza è solo in parte la provenienza nazionale, molto di più invece è l’approccio individuale dell’artista, che può essere interessato al vino, all’ambiente naturale, ad alcuni elementi della produzione del vino. Sono queste le cose che fanno la differenza. Forse la sensibilità di un artista italiano nei confronti del vino è diversa da quella di un tedesco, però fondamentalmente si tratta della sensibilità individuale degli artisti. Oserei dire che gli italiani hanno una familiarità col vino che non sempre gli stranieri hanno, però anche qui dipende.
Cosa comporta e significa, specialmente per un archistar, progettare l’architettura di una cantina o dell’insieme delle architetture di un’azienda vitivinicola?
Alessia Antinori Io penso che, per tutti, la fonte d’ispirazione sia sicuramente il legame con la natura, la cantina Antinori Chianti Classico è di Archea Associati, non di un archistar, è il loro progetto più importante, un lavoro splendido, qualcosa di veramente particolare, specialmente nella sua integrazione col territorio, da noi tanto voluta. Pur se molto grande, non volevamo una cantina monumentale, la sua facciata è il Chianti Classico, la struttura si sviluppa sotto i vigneti, con spaccature orizzontali e cortili da cui viene la luce naturale. Per l’artista, e l’architetto è un artista, interfacciarsi con chi si occupa della produzione e vi lavora è essenziale, in questa poi non si produce solamente, vi abbiamo riunito gli uffici della sede di Firenze a Palazzo Antinori e dell’altra in Chianti Classico. Tutto questo per noi è molto importante, ma inizialmente un po’ più difficile per chi è abituato a esporre in strutture private o musei, poi però funziona bene.
Tiziana Frescobaldi Personalmente credo che con l’architetto debba esserci un incontro, che immagini qualche cosa e, poi vedendo l’ambiente, desideri realizzarlo. Inoltre ci sono le esigenze tecniche legate alla funzionalità della cantina, le cose funzionano bene quando c’è un incontro fra noi e chi ha un’idea degli spazi e dell’impatto visivo di un edifico. Loro devono saper cogliere quello che il committente non esprime, tradurre in realtà anche dei desideri poco espressi. Spesso le aziende si appoggiano ad architetti che già hanno fatto cose simili, perché una certa esperienza può essere utile, un grande architetto però sa cosa fare. La nostra Tenuta Ammiraglia, un’antesignana che sta diventando un modello, ne è l’esempio. L’architetto ha intuito il nostro rispetto per il territorio e l’ha collocata molto bene in quello specifico ambiente naturale. Al primo impatto il suo edificio non prevale, vi s’inserisce quasi in punta dei piedi, si nota solo quando l’occhio cade sulle sue linee. Abbiamo lavorato bene insieme, poi il nostro discorso è stato di ispirazione per altri.
Quali i cambiamenti più evidenti tra gli artisti e il modo di vedere le loro opere da parte dei visitatori?
Alessia Antinori Nell’arte c’è sempre un’evoluzione, anche per me c’è stata, ho cominciato con la pittura, poi la fotografia e ora anche i video. Il conoscitore si evolve, cerca di capire gli artisti, anche quelli un po’ più complessi. I nostri visitatori possono essere amanti dell’arte ma sicuramente vengono per il vino, apprezzano l’arte, certi la conoscono di più, altri meno, perciò per una curatrice è difficile scegliere artisti diversi ogni anno. Sicuramente devono essere di alto livello, ma che producono opere facili da capire nell’impatto immediato, pur avendo un secondo aspetto più complesso e con alle spalle una filosofia e un progetto preciso. Resta fondamentale comunque che loro amino il nostro e la nostra cultura, questo è ciò che fa la differnza nelle loro opere.
Tiziana Frescobaldi L’idea dell’opera nello spazio e della percezione dello spazio ha cambiato l’artista nei confronti della propria creazione. Credo che sia cambiato questo, oggi ce ne sono stati che hanno fatto opere site specific. Inizialmente il nostro progetto non era legato a un’opera d’arte in un determinato spazio, ma di recente questo indirizzo sta prendendo più corpo, quindi abbiamo cercato di dare alle opere lo spazio più adatto. Non so quanto il cambiamento sia degli artisti, anche se sicuramente c’è stato, quanto nostro nel lavorare con loro, ma se da un lato può aiutare, dall’altro può esporre a dei rischi. Se l’artista decide di fare un progetto da inserire in un ambiente difficile da gestire, diventa un onere accudire l’opera una volta fatta. I visitatori sono legati al vino, ma anche persone che amano la natura e la Toscana, piacevolmente sorprese nel trovare opere d’arte in cantina. Probabilmente torneranno a casa con un bel ricordo di qualche immagine oltre che del vino. L’obiettivo è attrarre un pubblico che sia affascinato anche dal territorio, l’arte e la continuità della nostra storia, di rinnovare quello che abbiamo fatto per secoli.
Giornalista e scenografa