MUSICISTI
ALVISE CASELLATI L’Opera italiana come ponte sociale e armonia di trasformazione
In questa intervista ad ArteCultura Magazine, Casellati svela la sua missione di rendere l’Opera classica più accessibile e coinvolgente per un pubblico vasto e diversificato. E il suo impegno a creare un progetto musicale che abbia anche un impatto positivo nella società attraverso il potere trasformativo della musica. Ecco come
“Quello che a me interessa, è sviluppare un progetto musicale. Ci sarebbe tanto da fare nei teatri italiani soprattutto attraverso il buon uso dei social media. Per la musica classica oggi servirebbe magari una guida per chi non ha mai ascoltato né visto l’opera, che dicesse, consigliasse, quali sono le partiture, le recite adatte ai principianti. Se un ragazzino delle scuole senza nessuna formazione e senza conoscere la musica, lo si porta ad ascoltare il Wozzeck, opera lirica in tre atti di Beerg dal dramma teatrale di Büchner, cosa ci si dovrebbe aspettare? Certo, è un battesimo troppo col fuoco. Secondo me, invece, sarebbe giustissimo pensare almeno ad un asterisco del tipo ‘vietato ai minori’ di 14 anni come si scrive per dare un’indicazione a bambini o principianti”. Così Alvise Casellati, giovane e quotato direttore d’orchestra, laurea in legge e diversi master in materia, padovano di nascita, già all’età di 9 anni comincia a studiare il violino entrando poi in conservatorio. Lascia la toga per seguire la sua vera passione: la musica, tanto che dal 2017 è presidente e direttore musicale di Central Park Summer Concerts, organizzazione che produce un evento annuale, riferimento per tantissimi giovani musicisti, dal titolo emblematico: “Opera italiana is in the air” a Central Park, da New York passando per le altre città degli Stati Uniti, per promuovere – è la finalità della sua mission – l’opera italiana soprattutto tra i giovani. Difficile da incontrare Alvise Casellati, musicista globe trotter molto spesso in giro per il mondo, con una cultura musicale grande così, e un’umiltà e una serenità da manuale: elementi che sono parte del segreto del suo successo.
Casellati, secondo lei i ragazzi che non hanno mai sentito un’opera trovano più accessibili quelle classiche?
“I concetti, le musiche e le storie di recite come quelle di Tosca, Barbiere, Traviata sono perfette per cominciare a frequentare i teatri e avvicinarsi a questo mondo. Anche se va tenuto presente che abbiamo sempre un percorso che dobbiamo tracciare. Siamo all’indomani del concerto Opera Italiana is in the air che è andata in scena con grande successo in piazza di Siena a Roma, e ne abbiamo avuto la prova. Adesso siamo concentrati sul Peace World on heart che eseguiremo in Central Park a New York a fine settembre, nei pressi dell’obelisco, per celebrare, ma soprattutto sperare, nella pace. Su tutto c’è la mission di rendere la bellezza dell’opera italiana accessibile ad ognuno e godibile per tutti, per ispirare e connettere nuovo e diverso pubblico ed artisti, proponendo importanti progetti di responsabilità sociale con i leader mondiali della sostenibilità ambientale e della lotta al cancro, cioè dove la musica agisce anche per migliorare le condizioni di vita”.
Lei come direttore d’orchestra è atipico: profondamente attento anche alle tematiche ambientali.
“Su questo da tempo mi interrogo: noi come singole persone, cosa potremmo fare per l’ambiente? Secondo me aspettarsi sempre cose dagli altri è sbagliato profondamente. Come ci potremmo muovere? Ho pensato a una campagna di informazione che spieghi quali comportamenti assumere per non essere dannosi. A volte bastano piccoli gesti e atteggiamenti semplici e banali per salvare vite. A questo proposito sto valutando l’idea anche di alcuni influencer che sappiano farsi capire ed espongano non solo in negativo ma questa volta in positivo, cosa noi possiamo fare, per legare a questo concetto l’opera italiana. Noi vogliamo esportare bellezza, e mai come oggi questa parola racchiude molte sfaccettature”.
Oltre a New York cosa le riserva il prossimo futuro?
“Sarò al Gran Galà di Caracalla, poi a Verona a dirigere Nabucco dopo essere passato dalla Fenice di Venezia e dal Bellini di Catania. Detto questo io mi sento verdiano, amo il belcanto e Puccini, ma c’è tutto un filone che ancora non ho sperimentato e approfondito come vorrei, che va da Strauss a Wagner che è nelle mie corde, come Mahler e Bruckner che non ho ancora aperto. L’anno scorso in Austria qualche spettatore mi ha detto: non abbiamo mai sentito un Verdi così profondo e sensibile. Ecco, questa emozione che sappiamo trasmettere è tipicamente italiana secondo me, perché abbiamo una sensibilità che altri in altri repertori non hanno sperimentato, anche perché è vero che la musica è un messaggio universale, ma è anche vero che tanto fa la sua interpretazione. E ti accorgi subito se il melodramma italiano, per quanto ben fatto, interpretato e magari ottimamente confezionato, non è stato eseguito da un artista italiano”.
Maestro la sua passione musicale è innata, già i suoi nonni erano grandi musicisti.
“Si torna lì dal concetto di ciò che spiegavo all’inizio. Da piccolo andavo a casa loro e ricordo bene che c’erano tre pianoforti, e avevo forse cinque anni e già mentre li vedevo, ero attratto e iniziavo a giocarci: oggi non importa avere una casa piena di pianoforti, ma il concetto è lo stesso. La musica va affrontata fin dalla tenera età con curiosità, così come uno strumento, divertendosi. E vorrei portare un’idea e svilupparla nella musica. Se c’è l’idea allora credo che da artisti abbiamo fatto passare una linea interpretativa chiara: e allora abbiamo fatto il nostro mestiere. Una cosa non dobbiamo dimenticare: siamo maestri, è vero. Ma quando scendiamo dal podio torniamo studenti, perché non si smette mai di studiare: tutti i giorni e molto duramente”.
Cosa auspica per l’opera italiana?
“Che possa trovare compositori che abbiano il gusto del bello, che arrivino a uno stile che non sia criptico e incomprensibile, ma divulgativo e non ripetitivo dei classici. Che abbia successo l’idea di pillole per far scoprire il melodramma e informare tramite social i più giovani, che sappiano anche tutto il lavoro che c’è dietro le quinte oltre agli artisti, tra macchinisti e tecnici”.
Infine?
“Facciamola tornare popolare questa musica, come quando è nata, che si diffondeva sulle strade. Bisogna solo avere coraggio, è in questo che sono contenuti tutti i valori”.
“La musica va affrontata fin dalla tenera età con curiosità, così come uno strumento, divertendosi”
Giornalista