ARTE E MERCATO
L’ARTE CONTEMPORANEA tra democratizzazione e dominio delle élite
In un’epoca di rapido consumo, l’arte contemporanea si trova al bivio tra profitto e profondità. Le tecnologie di intelligenza artificiale promettono di democratizzare l’arte, ma spesso rafforzano le gerarchie culturali, favorendo opere che rispondono ai gusti delle élite. E privilegiano visibilità e profitto su autenticità e innovazione. Ciò limita la diversità creativa e impedisce una vera esplorazione artistica.
Angela Maria Scullica
Nell’arte contemporanea le dinamiche commerciali stanno modificando profondamente il panorama creativo. Il profitto rapido e la ricerca di visibilità mediatica spesso prevalgono sull’autenticità e sulla profondità delle opere, condizionandone produzione, percezione e valutazione. Questo fenomeno pone sfide significative agli artisti, chiamati a trovare un equilibrio tra l’espressione personale e le richieste di un mercato sempre più orientato al consumo. Il marketing digitale, con la sua capacità di abbattere barriere geografiche e culturali, ha aperto opportunità straordinarie per gli artisti, permettendo loro di raggiungere un pubblico globale. Esso però rischia di favorire contenuti progettati per attrarre rapidamente l’attenzione, spesso a scapito di opere che richiedono una fruizione più lenta e riflessiva. Ne deriva una tendenza verso l’omologazione, in cui la forma estetica prevale sul contenuto e le opere che non si conformano agli standard dominanti, o affrontano temi meno commerciali, vengono marginalizzate. Questa dinamica riduce la varietà creativa e accentua una chiusura del sistema dell’arte, che finisce per premiare esclusivamente chi aderisce alle logiche di mercato. Le opere, anziché sfidare convenzioni o esplorare nuove prospettive, tendono a riprodurre modelli consolidati che privilegiano la stabilità e il successo immediato. Questo circolo vizioso scoraggia l’innovazione e penalizza gli artisti che osano esplorare temi complessi o controcorrente, impoverendo così il discorso artistico e limitando la possibilità di un reale cambiamento culturale.
In questo contesto, pochi artisti e opere dominano la scena, mentre le voci alternative o emergenti trovano sempre meno spazio. L’autoreferenzialità diventa una delle principali conseguenze di questo fenomeno, portando l’arte a rivolgersi sempre più a un pubblico ristretto, composto principalmente da critici, collezionisti e professionisti già inseriti nel circuito tradizionale. Questo restringimento della platea accentua il divario tra il mondo dell’arte e il pubblico generalista, contribuendo a costruire una barriera non solo economica, ma anche culturale, che limita l’accessibilità e il coinvolgimento di una comunità più ampia e diversificata.
L’influenza del mercato e delle gerarchie culturali. L’arte, nonostante l’ampia diffusione e accessibilità garantita dalle piattaforme digitali, rischia dunque di rimanere confinata alla cultura elitaria e ai gusti di pochi privilegiati collezionisti. Questo perché le dinamiche del mercato dell’arte sono profondamente influenzate da sistemi di valutazione e promozione che tendono a perpetuare le preferenze di un ristretto circolo di influenti gallerie, critici e collezionisti. Questi attori chiave, spesso legati a tradizioni e canoni estetici consolidati, hanno il potere di definire cosa è “degno” di attenzione e supporto, orientando così l’intera infrastruttura del mercato verso una gamma limitata di espressioni artistiche che rispecchiano e rafforzano le loro preferenze e il loro status sociale. Inoltre, l’algoritmo di visibilità delle piattaforme digitali, pur avendo il potenziale per democratizzare l’accesso all’arte, in realtà spesso finisce per replicare e rinforzare le esistenti gerarchie culturali. Tali sistemi prediligono infatti contenuti che generano interazioni e coinvolgimenti rapidi, il che può portare da un lato a rendere più visibili opere di facile consumo o immediatamente comprensibili, e, dall’altro, ad escludere forme d’arte che richiedono un’interpretazione più meditata o che sfidano le convenzioni estetiche prevalenti. L’effetto è un ambiente in cui il nuovo e il diverso hanno difficoltà a emergere e a ottenere riconoscimento, a meno che non siano già filtrati e approvati dalle élite culturali. La natura stessa del consumo online di arte può contribuire alla sua percezione elitaria.
Nell’ambiente digitale, l’arte viene spesso consumata in modo frammentario e superficiale, riducendo opere complesse a immagini semplici e immediatamente gratificanti. Questa tendenza favorisce un tipo di arte visivamente accattivante ma meno esigente dal punto di vista concettuale o critico, il che può distorcere la percezione del valore artistico e limitare il tipo di opere che ricevono attenzione e risorse. La critica culturale e le istituzioni artistiche stesse spesso perpetuano questa esclusività, privilegiando le opere e gli artisti che si conformano ai canoni estetici e tematici tradizionali. Le mostre principali, le biennali e altre piattaforme di alto profilo tendono a presentare artisti che sono già riconosciuti nel circuito dell’arte internazionale, molti dei quali riflettono o aderiscono agli ideali e ai gusti dell’élite culturale ed economica.
(Articolo tratto dal libro “Arte contemporanea. Specchio e linguaggio dei tempi”)

Giornalista