PATRIMONIO ARTISTICO
Nel Museo Zeffirelli la vita di un grande maestro del cinema
«Vorrei che questo museo sia un porto di arrivo di tutte le arti, destinato a chi vuole andare verso la carriera artistica. Quel che voglio dal profondo del mio cuore è che i giovani passino di qui e trovino la loro strada». L’ultimo sogno del regista Franco Zeffirelli diventa a Firenze una realtà
Le parole non servono, ora che tutto è compiuto. E che questo enorme spazio di quasi quattromila metri quadrati nel cuore di Firenze a un passo da Piazza Signoria, cioè in Piazza San Firenze, è diventato la succursale di quella che è stata la sua vita. La fortuna o il fato hanno voluto che il Maestro Franco Zeffirelli potesse abbracciare il suo ultimo sogno di veder realizzato il museo che porta il suo nome. Era arrivato in incognito, quel giorno di cinque anni fa, una visita lampo a porte chiuse, per poter toccare con mano quella che negli ultimi tempi era stata la sua idea fissa. L’enorme portone dell’ex tribunale si era spalancato e lo aveva accolto in una specie di abbraccio: il Maestro Franco Zeffirelli si era trovato davanti tutto quello che aveva pensato e per cui aveva pure lottato.
«Ma quante cose ci sono?», aveva chiesto sorridendo.
Facendo quasi finta di non essere lui l’autore di decine, di centinaia di bozzetti di opere celebri. Di non essere stato lui a inventare costumi straordinari realizzati dal suo amico Piero Tosi, e di non essere stato lui il regista tra i più famosi del mondo per il quale gli artisti più richiesti facevano la fila per lavorare.
Fondazione Franco Zeffirelli Onlus a Firenze vuol dire poter attraversare 22 sale espositive nelle quali sono state raccolte in maniera ragionata le opere del grande regista e scenografo, tutte inerenti alla sua attività nel campo dell’opera lirica, del teatro di prosa e del cinema. Il percorso espositivo è allestito con circa 500 opere, tra bozzetti di scena, disegni, figurini e costumi, ed è così strutturato: un circuito nuovo innovativo, che nasce dall’intuito dell’ultimo epigono dei grandi del Rinascimento. «Vorrei che questo museo – aveva detto il Maestro attentissimo ai particolari – sia un porto di arrivo di tutte le arti, destinato a chi vuole andare verso la carriera artistica. Quel che voglio dal profondo del mio cuore è che i giovani passino di qui e trovino la loro strada».
E così è oggi: partendo dalla Sala 1 Visconti dove sono esposti i bozzetti riguardanti l’inizio della carriera e soprattutto la sua collaborazione con Luchino Visconti per il quale firmò le prime scenografie delle opere: “Un tram che si chiama Desiderio” di Tennessee Williams e “Troilo e Cressida” di William Shakespeare nel 1949 e “Tre sorelle” di Anton Céchov 1952. Qui si trovano esposti anche i bozzetti di “Rosalinda o Come vi piace” 1948 (William Shakespeare) con le scene di Salvador Dalì dove Franco Zeffirelli occupa il ruolo di direttore dell’allestimento. Per arrivare alla Sala 22, dove sono ospitate le varie versioni del “Don Giovanni” di Mozart, da quelle del Royal Opera House Londra 1962, Metropolitan Opera House New York 1990, fino all’Arena di Verona 2012.
Un sogno che si è compiuto: affidare alla città natale il suo patrimonio artistico per far nascere nel suo solco, futuri artisti e i futuri artigiani dello spettacolo. Grande è la suggestività degli allestimenti, che riordinano e danno conto di quasi 70 anni di carriera; l’immenso patrimonio costituito dai suoi bozzetti, vere e proprie opere d’arte che immortalano le sue idee prima della realizzazione di film o di messinscene teatrali e operistiche. Anche i costumi esposti, immaginati da lui perfino nei sontuosi ricami, sono qui.
Allestire un museo in un edificio tra i pochissimi esempi di barocco ed ex sede del tribunale di Firenze non è stato un gioco. Ma più di un trasloco, più di un trasporto e più di semplici scatoloni da riempire e svuotare. In piazza San Firenze c’è un vero tesoro: la vita professionale e artistica del Maestro Franco Zeffirelli per il mondo intero, a tutt’oggi un’icona, un nome che è da solo un brand. Una vita artistica lunga settant’anni di meraviglia riferimento per le arti e lo spettacolo.
Fondazione Zeffirelli: quasi quattromila metri quadrati distribuiti su due piani sono questo museo con dieci sale collegate per concerti, laboratori d’arte. Ma anche centro di studi con oltre 10mila volumi della biblioteca di uno dei registi più amati al mondo che, assieme ai suoi bozzetti che hanno illustrato e fatto grande il melodramma italiano, come immenso atto d’amore. Nominato Sir dalla Regina Elisabetta per il suo valore, Zeffirelli ha dettato le regole del bello e della cultura al mondo. Con settant’anni di incontri straordinari: Zeffirelli è stato di certo l’ultimo epigono di artista che ha attraversato tutte le discipline dello spettacolo.
Un percorso tra i bozzetti dei suoi spettacoli, oltre cento opere liriche e trenta di prosa, i costumi di rappresentazioni che hanno fatto epoca. A Firenze il Maestro ha donato anche tutto il suo archivio personale, comprese le foto con le sue amiche Maria Callas, Barbra Streisand, Ingrid Bergman. E con una generosità che solo chi sa creare può raggiungere, tutto questo è diventato materia di stages, a disposizione di studiosi e del pubblico. Un arricchimento pensato soprattutto per i giovani: che per la sua opera arrivano a Firenze da tutto il mondo rendendola davvero più grande.
Piazza San Firenze oggi vuol dire Centro internazionale per le Arti dello Spettacolo con circa 300 dei bozzetti relativi ai lavori creati dal Maestro, quasi 700, realizzati durante la sua lunga carriera: oggetto di provvedimento di ‘dichiarazione di interesse storico particolarmente importante‘, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e datato 2009. Inoltre, al fine di consentire un’adeguata valorizzazione dell’Archivio e della Biblioteca, il Centro ha lo scopo di creare e promuovere una vasta ma varia cultura cinematografica e teatrale, così che attraverso il museo possa passare la valorizzazione, la conoscenza e la divulgazione del patrimonio artistico e dell’opera del Maestro Zeffirelli. A Firenze è da vedere questo percorso di una carriera lunga settant’anni di uno dei registi italiani tra i più famosi al mondo. Il percorso culmina nella sala “Inferno”, progetto non realizzato per il cinema: ma dove i cinquantuno bozzetti sono esposti in grandi dimensioni con una proiezione multimediale.
Imprescindibile per chi ama la lirica, iconico per chi ama il cinema, indimenticabile per chi ci va
PIPPO ZEFFIRELLI
“Il mio impegno per realizzare il sogno di mio padre”
A capo della Fondazione Franco Zeffirelli di Firenze, il figlio Pippo Zeffirelli illustra la mission che lo ha spinto a raccogliere in un museo l’eredità artistica del grande Maestro che voleva trasmetterla ai giovani
«Io? Non ho fatto niente di particolare, solo ampliare un’idea e dare un senso di solidità forte pur nella diversità, che è sempre esistita tra me e il mio padre adottivo, che anche chiamavo Maestro: un genio assoluto davanti a cui chinare la testa. Oggi la Fondazione Franco Zeffirelli Onlus è carburante per intellettuali, studiosi e gente dello spettacolo». Pippo Zeffirelli è il presidente della Fondazione Franco Zeffirelli di Firenze ed è lui che ha ereditato la responsabilità e l’organizzazione dell’ultimo sogno del Maestro: poter trasmettere la sua arte ai giovani. Regista a sua volta, scelto da Francis Ford Coppola nel ruolo di aiuto per un film-mito come Cotton Club e poi da James Ivory per Camera con vista, Pippo Zeffirelli è un riferimento per chi oggi fa cinema.
Qual è la prima cosa che le viene in mente pensando al Maestro?
«Che la vita non è che un continuo passaggio di esperienze, da una generazione all’altra: prima imparare, poi insegnare a chi viene dopo di noi. Così mi diceva, così viveva. E con la sua fama, la sua genialità indiscussa, riusciva a creare infinite manifestazioni della bellezza: per questo era osannato nel mondo e amato».
Cosa può dire di aver imparato da lui?
«Tantissime cose: la mia vita è stata un continuo insegnamento. E sono stato un privilegiato perché Franco Zeffirelli mi ha insegnato anche il gusto, la tolleranza, e che la diversità di vedute non è né deve essere mai qualcosa di separatista, anzi».
Firenze si è arricchita – ed ha arricchito l’Italia – di un percorso museale unico al mondo.
«È dedicato alle arti dello spettacolo, abbiamo un luogo dove poter capire come un professionista serio possa anche oggi affrontare il proprio lavoro. Non in maniera superficiale, ma in un modo completo e totale, attraverso la cura dei dettagli che fanno capo a chi ha creato un soggetto. Il nostro museo è contro il formarsi un nucleo di resistenza alla disperazione culturale e alla precarietà, e i giovani lo hanno capito».
Chi visita la Fondazione dedicata al Maestro?
«Ogni giorno abbiamo in visita studenti di ogni età, e spiego che questa visita deve diventare un punto di riferimento preciso per tutte le professioni, a prescindere dall’arte. È possibile studiare per diventare scenografi ma anche avvocati o medici senza approfondire il sapere? È impossibile: l’esempio di Zeffirelli è lampante».
Gli studenti che entrano alla sua Fondazione da cosa sono attratti?
«Sono curiosi di tutto, di come si costruisce una scenografia, dei disegni preparatori e soprattutto dell’archivio segreto. I bambini e i ragazzi parlano tra loro, si raccontano, si scambiano idee. Si arricchiscono, e arricchiscono anche me. Hanno quasi un desiderio inconfessabile di consegnarsi a un uomo che non c’è più ma ancora forte nelle tracce che ha lasciato».
Lei ha dato un senso al percorso narrativo del museo: è stata dura da solo?
«Molto lavoro l’aveva già impostato mio padre. Ma è stupefacente sempre, anche per me e ogni giorno mi meraviglio di quel che ha fatto: si va dai primi elaborati fino al progetto definitivo attraverso le stanze della fondazione e si ammira quel che è nato attraverso lo studio. È un percorso lontano dalla miseria umana dalle seduzioni populiste: noi siamo qui. A far vedere nel nome di Franco Zeffirelli che esiste un’Italia virtuosa».
Zeffirelli e l’arte di dare bellezza e senso alla vita: tra costumi, scenografie e materiali d’archivio. Solo in Italia: solo a Firenze. E grazie all’impegno di un figlio
Giornalista