DONNE NELL’ARTE
Le impavide signore dell’arte barocco-rinascimentale
Solo conoscendo il vissuto delle donne che tra la fine del Cinquecento ed il Seicento hanno fornito un forte contributo all’arte pittorica italiana si può davvero capire quanto abbiano dovuto lottare per esprimere il loro talento. Sono infatti significativi i percorsi artistici che si sono susseguiti spesso tra difficoltà e pregiudizi e in contesti anche molto diversi tra loro.
La mostra “Le signore dell’arte”, a Palazzo Reale a Milano, rappresenta, attraverso un percorso filologico accurato, quello che definisce appunto le Storie di donne tra il ‘500 e il ‘600.
Sono esposte circa 130 opere prestate da gallerie e musei italiani ed esteri di oltre trenta artiste italiane tra le quali alcune restano particolarmente impresse per coraggio e determinazione in un contesto storico così lontano e diverso da quello attuale.L’opera è infatti di per sé il risultato di un’espressione e la manifestazione di una volontà che, seppur imposta, riesce sempre a far trapelare passioni, sofferenze o mutazioni presenti nel pensiero di ogni artista.
A tale proposito è estremamente stimolante perché chiarificatrice, la descrizione che il Vasari ci lascia con Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, raccolta di una serie di biografie di artisti scritta nel XVI secolo. Il suo giudizio è molto accurato e, ancora oggi, fortemente considerato.
Vasari racconta della bolognese Properzia de’Rossi, considerata la prima scultrice europea, della sua naturalezza nello svolgere manualmente operazioni faticose a diretto contatto con materiali da cantiere quali i marmi e il ferro. Certamente indipendente e intraprendente lavorò nel cantiere di San Petronio a mani nude, pur senza mancare di solide basi scientifiche. Ingegnosa e capricciosa intagliò con grande abilità i noccioli di albicocca incastonati nello Stemma della famiglia Grassi, che rappresentano la Passione di Cristo, un’opera di oreficeria tanto raffinata quanto insolita.Sfidò i valori e le convenzioni dell’epoca arrivando persino a processo in seguito a rapporti conflittuali con altri artisti ed entrando coraggiosamente nella sfera della scultura fino a quel momento riservata al mondo maschile.
Di grande calibro anche la pittrice cremonese Sofonisba Anguissola che seppur appartenente ad una famiglia aristocratica, cresciuta in un contesto culturale stimolante e formata da Bernardino Campi, non mancò di determinazione e carattere e, soprattutto, talento propri. Conosciuta e descritta dal Vasari nella seconda edizione de Le vite, è facile immaginarla all’interno della famiglia dove insieme alle sue cinque sorelle assorbì la passione culturale ed artistica di un’impostazione familiare elevata ed aperta. Il suo talento, sostenuto per primo dal padre, fu particolarmente apprezzato e riconosciuto da Michelangelo Buonarroti che, visti i suoi disegni, ne scorse la resa espressiva dei volti. Fu talmente realistica da ispirare probabilmente anche Caravaggio nel suo ‘Ragazzo morso da un ramarro’. Sofonisba infatti per realizzare il disegno del Fanciullo morso da un gambero fece sì che il fratellino “piangesse studiosamente”. Pur non avendo mai avuto un riconoscimento pecuniario dalle sue opere se non doni preziosi, l’artista perseguì la pittura con grande impegno, viaggiò e dipinse fino alla fine della sua lunga vita, anche quando la vista si tramutò in ostacolo.
Giustina Fetti, pittrice romana formatasi presso la bottega paterna, entra in convento mentre il padre, divenuto pittore presso la Corte di Ferdinando Gonzaga a Mantova, sceglie di portare con se il fratello.
Da lì Giustina, divenuta Suor Lucrina sostenuta dalla dote dei Gonzaga, trova fortunatamente la possibilità di esprimere le sue doti artistiche ottenendo un considerevole riconoscimento seppur avesse dovuto rinunciare a scelte di vita più personali e piegarsi prima al volere altrui e poter così poi godere della possibilità di continuare a dipingere all’interno del convento. Sono numerose le artiste cresciute nelle botteghe paterne o istruite e formate alla pittura che non riescono però ad espandere la loro produzione al di fuori di quelle mura o dei soggetti commissionati od imposti. Alla creatività sicuramente non giovano vincoli di tecnica e produzione che vengono faticosamente superati solo da personalità decisamente forti e coraggiose.
Barbara Longhi cresce nella bottega paterna di Ravenna e da lì non riesce ad evadere nonostante le spiccate doti da ritrattista e capacità nel cogliere e riprodurre pittoricamente volti visti solo di sfuggita.
Curiosa l’attività delle fioranti, dove il virtuosismo in tema floreale raggiunge livelli sorprendenti. Margherita Volò Caffi, formata artisticamente dal padre a Milano e da lui staccatasi a soli diciannove anni per seguire il marito, non rinunciò ad una carriera artistica molto proficua e sempre fedele allo stile originario di fiorante pura. Dovette superare questioni giudiziarie del marito fuggendo a Piacenza poi a Bologna tornando a Cremona ed infine a Milano nella sua prima bottega.Fu, insieme alla sorella Francesca ed a Lucrezia Ferrari, tra le uniche donne ad essere ammesse all’Accademia milanese di San Luca.
Il traguardo dell’appartenenza ad un’accademia viene superato già da Diana Scultori che nel 1580 fu la prima donna ammessa in un’associazione di artisti poi divenuta Accademia dei Virtuosi soprattutto per le sue finalità sociali.
A Firenze invece l’Accademia delle Arti del Disegno fondata dal Vasari ha le caratteristiche e le finalità più tradizionali quali il riconoscimento artistico, la sua formazione e divulgazione. Artemisia Gentileschi ne prese parte nel 1616. Le donne accademiche aumentarono quando nel 1607 lo statuto ne consentì la partecipazione dimostrando un reale interesse ed una forte passione artistica.
Alla mostra è naturalmente presente Artemisia Gentileschi che ancora una volta ci dimostra il suo grande talento pittorico e la forte personalità espressiva uniti al coraggio nel dare forma realistica e a volte cruda della realtà e accompagnando le sue opere da messaggi profondi ed elevati. L’esposizione termina con l’inedita sua Maddalena, parte della collezione Sursock purtroppo danneggiata dall’esplosione di Beirut del 2020.
Il dipinto, realizzato bel periodo napoletano, ancora una volta trasmette messaggi ed emozioni forti, portando il visitatore a dimensioni distaccate dalla realtà spesso sublimi e cariche di quel coraggio che donne come lei hanno saputo trasmettere e lasciarci in dono.