INTERVISTA
VERONICA MAYA “Passione e rigore, carte vincenti sul palcoscenico televisivo”
Dalla formazione artistica al rigore professionale, senza dimenticare le sfide affrontate e le conquiste realizzate. Veronica Maya svela, in questa intervista ad ArteCultura Magazine, i segreti del suo successo nel mondo della conduzione televisiva.
Magari può sembrare, ma non è così semplice fare la presentatrice e la conduttrice di programmi tv. Un ruolo che sembra alla portata di tutti, ma che non lo è per niente se fatto con professionalità. E la differenza altroché se si vede. Veronica Maya, per esempio, è una di quelle persone che si distinguono nel panorama televisivo italiano proprio per professionalità e formazione culturale. Mamma felice di tre bambini dai nomi complessi: Riccardo Filippo di 12 anni, Tancredi Francesco di 11; Katia Eleonora di 8. Prima di approdare allo schermo televisivo ha esordito come attrice di teatro recitando in vari musical. È nata a Parigi da un padre ristoratore, Raffaele; e da una madre regista teatrale, Eleonora Di Maio. A vent’anni ha vinto una borsa di studio e si è diplomata alla scuola Renato Greco di Roma.
Eccoci qui Veronica: come ci si sente volto noto della tv?
“Ovviamente bene, ma vorrei ricordare anche la mia formazione di ballerina classica, che ho studiato musica e suono il pianoforte. Nasco ballerina e, sono stata fortunata, ho avuto l’opportunità di debuttare come attrice con Mario Monicelli in teatro, nel remake di Amici Miei con Jerry Calà, Franco Oppini e Nini Salerno. E sempre in teatro ho lavorato con il povero Paolo Calissano ne “Il bell’Antonio” e poi anche con Elisabetta Gardini e Renato De Carmine ne “Il silenzio dei sogni”. Negli studi mi sono fermata al liceo classico, e non ho fatto l’università perché mi ero concentrata sulla danza classica e contemporanea: da quel momento ho iniziato a girare l’Italia e poi il mondo”.
E come si è trovata a fare la presentatrice?
“Fin da piccola guardavo la televisione e i miei riferimenti si chiamavano – e si chiamano ancora – Lorella Cuccarini e Milly Carlucci. Sicuramente Lorella ha rappresentato per me un simbolo, la dimostrazione viva, effettiva, di quanto la danza sia rigore, scuola di vita. E Milly un esempio per la conduzione televisiva, una grande professionista, la prima ad aprire lo studio e l’ultima a uscire, che non delega. Un vero esempio anche lei”.
C’è una trasmissione che non vorrebbe mai condurre?
“I reality. Non mi piacciono, e non ho mai ceduto a lusinghe anche importanti. Per ogni tipo di lavoro ho bisogno di confrontarmi, informarmi sui contenuti. Non a caso posso parlare e condurne di ogni tipo. Per ogni lavoro che faccio ho bisogno di incontri, di briefing e se è necessario, studio pure. Oggi che ho acquisito una professionalità solida, sono pronta a presentare qualunque cosa dal campo dell’arte a quello medico, non mi spaventa niente: non potrei aver passato vent’anni della mia vita a fare qualcosa che non amo. Ho un’ambizione forte e una motivazione importante su quello che faccio o scelgo di fare, ma con tranquillità e un certo distacco. In questo lavoro ho cercato di abituarmi a vivere senza troppe ansie”.
Qual è la carta vincente per una buona conduzione?
“Per me è il rigore. Io sono diligente, sono sempre stata una ragazza molto studiosa in particolare su argomenti che non sono proprio miei. Sono concentrata soprattutto per i programmi di intrattenimento e informazione. Dico: prima di fare brutte figure con frasi buttate lì a braccio, senza sapere dove andare a parare, quello che non lo sai, meglio ammetterlo. E te lo devi studiare. Ho la sindrome della prima della classe e detesto le figuracce”.
Le esperienze che ha avuto le sono tornate utili?
“Moltissimo. In questo mestiere capita di presentare festival, congressi ed eventi non solo in Italia, e non puoi farti trovare impreparata perché hai di fronte, spesso, veri professionisti. Tutto quello che ho fatto è un tassello in più per il mio lavoro, quello che ho studiato e imparato, mi è tornato utile”.
Ricorda la volta più complicata?
“L’unica volta che mi sono messa proprio a studiare è quando in una convention l’argomento era il Metaverso che ora so che è sinonimo di apprendimento efficace, interattività e coinvolgimento. Ma quella volta, che l’ho studiavo anche di notte terrorizzata di far brutte figure, me la ricordo ancora”.
“Io sono diligente, sono sempre stata una ragazza molto studiosa in particolare su argomenti che non sono proprio miei”
Giornalista