TEATRO & SPETTACOLO
LUCA WARD “Credo nei miracoli e nelle opportunità che ti offre la vita”
..ma anche nel merito, nelle capacità personali e nella volontà di creare qualcosa di unico e coinvolgente. Così Luca Ward, doppiatore e protagonista a teatro di Mamma Mia! si racconta in questa intervista a tutto tondo per ArteCultura Magazine. In cui anticipa il suo prossimo progetto teatrale e….
“Mamma Mia è uno spettacolo di una potenza pazzesca ancora oggi come il primo giorno: al debutto del Teatro Verdi di Firenze tra il pubblico c’erano duecento americani, ragazzi impazziti dal divertimento che hanno detto: siete più bravi dei nostri artisti di Broadway. Loro, abituati a vedere i musical più belli del mondo. E poi hanno aggiunto: “Il nostro forse era più bello, ma il vostro di sicuro è molto più coinvolgente”. Luca Ward, protagonista a teatro di Mamma Mia! diretto da Massimo Romeo Piparo, protagonista di una storia d’amore, di amicizia e di risate ambientata in un’incantevole isola greca, incorniciata dalle canzoni originali degli Abba, con una madre, una figlia, tre possibili padri. E con quel passato della madre che torna dopo 20 anni proprio quando la figlia sta per sposarsi.
E su tutto il cast – formato da Luca Ward, Sergio Muniz, Sabrina Marciano, Clayton Norcross – ecco appunto Luca Ward, grande doppiatore italiano, che ha prestato la voce a Russel Crowe nel Gladiatore, film iconico, con la frase mitica: “Al mio via scatenate l’inferno”, protagonista di questa avventura che ogni sera registra in teatro solo sold out.
Diviso tra gioie, dolori profondi, e la sua sensibilità di padre, marito e uomo. Una bellissima bimba, Luna, che a soli 13 anni ha dovuto e deve sopportare cure durissime per una sindrome, quella di Marfan malattia genetica rara che causa alterazioni alla colonna vertebrale. Padre attentissimo, marito amoroso, persona colta, semplice e speciale: questo è Luca Ward
Luca come si fa a conciliare la leggerezza di uno spettacolo con il peso delle angosce quotidiane?
“Pensando che ogni giorno è una conquista e mantenere per tutti quelli che mi sono accanto condizioni di vita accettabili, serene, soddisfacenti, mediando con chi le minaccia. Io credo nei miracoli e al Bambino Gesù, ospedale di Roma, l’hanno fatto il miracolo. Cioè il secondo intervento e più complicato al mondo sulla colonna vertebrale. È andato bene e sono stato fortunato: è un mestiere complicato quello del babbo e non sarei riuscito a farlo se non avessi avuto accanto una donna straordinaria come mia moglie Giada che ha rinunciato a tutta la sua carriera di attrice di successo per dedicarsi completamente a nostra figlia e alla famiglia. Se nella vita non capiti con la persona giusta, tutta la vita sarebbe un disastro. E ho capito una cosa importante”.
Cosa?
“Che da una sfortuna può nascere non dico una fortuna, ma un’opportunità grande. Vista alla luce di oggi, mi piacerebbe che, a questo punto, parlasse qualcuno di questa ultima generazione, la più recente, che mitiga la solitudine e mi fa sperare in un presente capace di contenere il futuro. Luna, mia figlia, è il coraggio fatto persona, non si arrende mai. A 13 anni è alta un metro e 82, fa la seconda media, ed è una che eccelle in vari sport compreso il nuoto. Ha una forza dentro che aiuta tutti noi che ovviamente l’abbiamo sempre aiutata e supportata e mai considerata malata, tanto che va anche sott’acqua e fa pallanuoto. E lo star system ce la richiede come modella: nessuna somiglia a lei. Ma starà a lei deciderlo”.
Quanto spazio prende il suo mestiere d’artista dal ruolo di padre?
“Lavorare è la mia vita da quarant’anni è ovvio che le due cose si compensino. Ho da poco finito un film per Netflix e iniziato una serie con Vanzina prima a Riccione e poi ad Amalfi, ma il mio amore è e resta il teatro, soprattutto il musical, dove con grandi allenamenti riesci a ballare cantare e recitare e portare a casa dei grandi risultati. Rispetto alla prosa ha un impatto pazzesco sul pubblico che ti viene a vedere, molto gratificante. Che senso avrebbe aver vissuto così con impegno se non so raccontare quello che è successo all’adolescente che mi viene a vedere. Dal teatro, dal palcoscenico ogni sera è una requisitoria, quasi un comizio senza ideologia. Di certo dal palcoscenico nascono una preghiera laica e una confessione. E questo il pubblico lo avverte e lo condivide”.
Con Piparo regista, re del musical italiano, con il celebre Sistina come quartier generale, come ci si lavora?
“Tra me e lui l’incontro è avvenuto 12 anni fa ed è stato subito molto bello. È un uomo che ama il rischio e ha voluto portare a livelli alti il musical italiano, che prima non solo non si faceva, ma non era neppure visto di buon occhio dai puristi della materia teatro. Siamo concordi nel pensare che il pubblico debba essere premiato perché esci di casa ed è subito incubo: non trovi parcheggio e spesso devi fare anche fatica perché c’è la tv che impigrisce e non ti molla. Allora deve essere premiato e uscire da teatro contento di quel che ha visto, che il gioco sia valso la candela”.
Secondo lei perché gli americani scelgono le città italiane anche le più piccole?
“Perché sono le più belle del mondo e sono dei set naturali incredibili. Non c’è niente da toccare niente da aggiustare: che vuoi aggiustare a Firenze, Roma, Amalfi o nell’ultimo dei piccoli paesi d’Italia? È un set naturale straordinario la nostra Italia, un marchio meraviglioso, lo vedi anche nel film La Grande Bellezza di Sorrentino che si è preso un Oscar senza aver toccato niente, solo per aver ripreso e in un certo senso celebrato quello che già c’era”.
Ma le fiction italiane non lo vedono questo?
“Mi trovi d’accordo una domanda azzeccata. In quel genere di produzioni vanno solo i primi piani in ambienti chiusi. Dico io, ma vai in piazza San Marco a Venezia apri l’obiettivo, fai una storia guardandoti intorno senza fare fatica neppure di luce che ce n’è pure troppa ed è meravigliosa. Anni fa conobbi Weinstein che mi disse: siete fortunati, state nel più grande set del mondo. Loro, americani, l’avevano capito e noi no? Davvero non comprendo”.
E sul doppiaggio, sua materia da una vita, che dice?
“Io faccio film di tutto il mondo col doppiaggio e sono abituato a un certo tipo di cinema. Cerco di vederli i nostri film ma raramente riesco ad arrivare alla fine. Ci sono attori che recitano tutto allo stesso modo, che sono uguali a sé stessi da sempre. Tanti anni fa, quando facevo piccoli ruoli nei film, mi chiamavano e mi dicevano, questa scena buttala via, sei troppo teatrale. Adesso con questa politica livellante, per capire qualcosa di quel che dicono nei film italiani, devo tornare indietro perché non capisco, non ci sento: tutti sussurrano, a tre metri non riesci a capire cosa dicono, non avverti la battuta. Ma è possibile? Io sono contento di lavorare con produzioni americane che premiano la professionalità e continuo a farlo con grande piacere e riconoscenza. Perché è giusto che hai i ruoli se hai le carte in regola per averli, senza altro aggiungere “.
Nel cinema cosa vede di ingiusto in Italia?
“L’unico che incassa in Italia si chiama Checco Zalone: oh, avesse mai preso una statuetta. Mai. Ma è lui quello che ha più biglietti staccati al botteghino, ricordatelo bene, è l’unico, ripeto. E allora daglielo sto’ premio! Dimentica di essere un intellettuale e lasciati andare al gusto del pubblico. È la cosa migliore che potresti fare. Come noi del resto: Mamma Mia! Ha avuto più di un milione di spettatori e per essere a teatro è un record con 800 repliche: ma non ci pensano proprio per sponsorizzare chissà che spettacoli poi e con che borderò”.
Un progetto per il suo amato teatro?
“Uno spettacolo in barca a vela dove si parte col pubblico e, dove andremo, lo decideremo insieme. Non è facile da realizzare ma lo sto preparando assieme a due giovani autori sulla scia ideale di quel che fece anni fa Dario Fo. Navigheremo dal palco per un’ora e mezza di teatro assieme al bravissimo Jonis Bashir dal prossimo anno. Perché non possiamo lasciare a chi ha appena incominciato a conoscere il teatro un futuro così poco accogliente”.
Col vento in poppa amico Luca!
“È un set naturale straordinario la nostra Italia, un marchio meraviglioso, lo vedi anche nel film La Grande Bellezza di Sorrentino che si è preso un Oscar senza aver toccato niente”
Giornalista