MUSICA & SPETTACOLO
GHIGO RENZULLI “E ora volo da solo e do voce agli strumenti musicali”
Il chitarrista rock Ghigo Renzulli, dopo essersi preso una pausa dai Liftiba, il gruppo da lui stesso fondato quarant’anni fa, si lancia con No Vox, il suo nuovo progetto di musica strumentale. Ne parla lui stesso in questa intervista ad ArteCultura Magazine dove racconta anche i vari fronti che lo vedono oggi impegnato
“No Vox, bastano le parole, è il titolo del mio nuovo progetto esclusivamente strumentale. Diciamo una specie di percorso in cui ho convogliato tutte le mie influenze e ispirazioni musicali, che ho rielaborato con la mia sensibilità di musicista non solo pop, dato che ho superato il traguardo dei quarant’anni di carriera. Qualcosa di diverso ho pensato di meritarlo, anche per sperimentare nuovi linguaggi e contribuire a proporre cose nuove per quel pubblico che mi segue da una vita. Con i Litfiba per ora ho provvisoriamente chiuso, una pausa di quelle come ce ne sono state tante nella nostra carriera di artisti che hanno iniziato nella famosa cantina di Firenze, quella in via dei Bardi. Ovviamente non rinnego niente, perché i Litfiba mi hanno dato tanto: grandi soddisfazioni e grandi tensioni perché le menti decisionali siamo sempre stati io e Piero (Pelù, ndr) e non sempre siamo andati d’accordo. E questo perché lui tra i due è più pop e io più “talebano” e con l’avanzare dell’età io sempre più “talebano” e lui sempre più pop. A un certo punto, una bella e santa pausa ci sta pure”. Chitarrista e fondatore dei Litfiba, Ghigo Renzulli ha pubblicato il secondo lavoro discografico di questo suo progetto soltanto strumentale, No. Vox per Radical Roads Records, “Alcazaba”: nell’album live sono proposti in totale 14 brani, tutti arrangiati da Renzulli, 7 dei quali, come per esempio “Texana” o la stessa title track, realizzati appositamente per questo concerto.
Ghigo come si passa dal rock alla musica solo strumentale?
“Anche con nuove composizioni che possono affondare le loro radici in “Tex” dei Litfiba e che ne costituiscono una straordinaria evoluzione. Alaczaba, per esempio, è un brano inizialmente caratterizzato da atmosfere scure, ma man mano che si apre, rivela una potenza e una tensione tali da rimandare ai temi principali delle colonne sonore di Ennio Morricone. Al culmine, c’è un mio assolo, prima che il brano torni di nuovo all’oscurità iniziale. Un modo per trasmettere la musica non scontato”
Nuovi lavori e nuove avventure…
“Sono impegnato su più fronti, per esempio ho appena finito un lavoro interessante, partecipando a una canzone contro la guerra, che ha organizzato Ian Anderson dei Jethro Tull assieme a tanti altri artisti europei: io ci ho messo la chitarra e da due giorni è uscito anche il video. Un messaggio di pace, con una rondine che volteggia nel video sperando che faccia primavera e faccia smettere questo insopportabile conflitto infame. Si parla di armi in questa Canzone popolare per l’Ucraina e c’è pure il coro dei bambini”.
Spieghi meglio il progetto principale di No Vox
“A parte che sarò anche direttore artistico di una manifestazione con Elisa Giobbi per la Regione Toscana, la musica strumentale è sempre esistita e sempre esisterà, non ho inventato niente, sia chiaro. Però troppo spesso ci si dimentica che non esiste solo la musica cantata per questo ho pensato di dare luce a questo progetto totalmente strumentale dove lo slogan è appunto dare voce agli strumenti, cosa oggi assai difficile. Io invece, per istinto sono portato all’ascolto degli strumenti, al rispetto verso il loro altissimo linguaggio che arriva nelle profondità del nostro essere e sa sondare i nostri infiniti sentimenti come nient’altro al mondo”.
Che c’è di difficile nell’approfondire la sola musica?
“Nel senso che non arriva subito, perché non c’è uno slogan, un refrain, se ci pensi bene lavorare con un cantante è facile, basta che abbia una bella voce e sia disponibile un bel testo. Tenere invece incollati gli spettatori – ascoltatori in qualcosa di strumentale, è sicuramente più difficile. Questo progetto l’ho pensato prima della pandemia e ho avuto tantissimi collaboratori, poi i Litfiba me l’hanno bloccato. In pratica sono un po’ come il direttore di un’orchestra per tanti musicisti che mette insieme dal jazz al metal cercando di avere la varietà sonora più disparata per un disco molto azzardato e secondo me molto raffinato che riprenda anche alcune cose di musica classica, il tutto condiviso con tanti bravi musicisti”.
Tra i chitarristi lei è sicuramente uno dei più apprezzati d’Italia, come è arrivato alla chitarra?
“Quando ero ragazzo andai ad ascoltare un concerto di Andres Segovia considerato uno dei maggiori sviluppatori della tecnica e dello studio della chitarra classica di tutti i tempi: aveva 94 anni. Gli chiesi: maestro alla sua veneranda età ha ancora voglia di suonare? Lui mi rispose: mi diverto tantissimo e ho ancora tanto da imparare. L’umiltà di questo gigante è stata una lezione di vita che mi ha segnato per sempre”.
“Qualcosa di diverso ho pensato di meritarlo, anche per sperimentare nuovi linguaggi e contribuire a proporre cose nuove per quel pubblico che mi segue da una vita”
Giornalista