TEATRO
Dai cimiteri al Giardino di Boboli, il teatro innovativo di Riccardo Massai
“Mi piace lavorare in modo insolito e con grandi quantità di attori”, racconta in questa intervista il regista, attore e direttore artistico italiano. Che per le opere teatrali sostiene l’importanza della formazione e della ricerca di palcoscenici coinvolgenti.
«Prima lo abbiamo messo in scena nel cimitero dell’Antella, poi nel 2008 e nel 2010 al Cimitero delle Porte Sante a San Miniato a Firenze: era un tentativo. Un esperimento, non sapevo a cosa sarei andato incontro. Ma speravo che questa intuizione potesse suscitare curiosità e apprezzamento». Così parlò Riccardo Massai, regista, attore e direttore artistico, anni dopo aver portato l’Antologia di Spoon River ma soprattutto le poesie di Edgar Lee Masters che fanno parte della celebre antologia, a essere recitate in contemporanea in quattro cimiteri: alle Porte Sante di San Miniato a Firenze, al cimitero monumentale urbano di Arezzo, a quello di Marcognano a Carrara e al Camposanto della Misericordia di Siena.
L’esperimento: far recitare ben 150 attori con gli spettrali e dolenti epitaffi recitati fra le tombe. Un’idea geniale. Tanto che alla prima edizione avevano detto sì a questo evento culturale, leggendo ciascuno una poesia, anche Margherita Hack e Carla Fracci; registi come Fulvio Cauteruccio, Maria Cassi, Alessandro Riccio, Teresa Fallai, Silvia Guidi, Massimo Salvianti, Beatrice Visibelli, Monica Bauco, Stefania Stefanin, Carlo Monni, Italo Dall’Orto, Piera Dabizzi e molti altri. Oltre a vari – entusiasti e sempre in cerca di idee – amministratori locali. «Avevo dato a ognuno una cartina del cimitero, per spiegare dove avrebbe dovuto leggere e recitare le loro poesie. E per testare il gradimento, avevo pensato all’ingresso gratuito. È stato un successo che mi ha letteralmente sommerso».
Quanto conta la formazione?
«Tantissimo: sono stato aiuto regista nel 1979 anche di Sylvano Bussotti, nel 1992 ho iniziato a produrre le prime regie mettendo in scena, per la prima volta in Italia, Vineta, La città sommersa e La fine del mondo entrambi di Jura Soyfer. Nel 2000 è stata la svolta con la regia dell’Euridice del Peri per il 400 ° anniversario della nascita dell’Opera andata in scena nella Sala bianca di Palazzo Pitti. Nel 1997 ho fondato la compagnia Archètipo e dal 2003 sono direttore artistico del Teatro Comunale di Antella a Bagno a Ripoli (Firenze). Poi, nel 2013 ho interpreto alla XXVII Biennale di Musica di Zagabria e al Piccolo Teatro di Milano, l’assolo monodramma giocoso da camera L’Imbalsamatore di Battistelli: il teatro lo conosco dal di dentro, in molte delle sue forme».
Uno dei suoi palcoscenici anche il monumentale Giardino di Boboli che non viene concesso esattamente a tutti.
«È vero: mi hanno concesso il Giardino di Boboli per lo spettacolo ’Tra selva e stelle’ su Dante Alighieri in occasione dei 700 anni dalla sua morte. In scena quella volta c’erano ’solo’ 77 attori. Avevo immaginato un viaggio proprio come in un percorso dantesco, con il vialone in discesa per l’Inferno, il Viottolone per la salita del Purgatorio, il grande Prato dei Castagni per il Paradiso. Risultato: più di mille spettatori per il classico tutto esaurito. La soddisfazione è stata anche che fosse prodotto dalle Gallerie degli Uffizi: agli attori vestivano i panni di diavoli, arpie, dannati, penitenti, beati ed angeli, per 36 soste performative, arricchite da allestimenti ed installazioni artistiche, per raccontare le storie e gli abitanti di Inferno, Purgatorio e Paradiso. Un esperimento con il quale abbiamo fuso insieme letteratura, teatro e arte».
A cose fatte, da innovatore dei nuovi linguaggi del teatro che dice?
«Oggi come ieri il mio grande orgoglio è stato essere per sette anni regista assistente al Piccolo Teatro di Milano di Luca Ronconi in tutte le sue ultime produzioni. Poi, certo, voglio ricordare anche una versione in lettura di ’Alla ricerca del tempo perduto’ di Proust per il quale ho collaborato con oltre 70 attori in quattordici serate presso il mio Teatro Comunale di Antella nella cintura metropolitana di Firenze dove opero da venti anni».
Anche Massai come i personaggi di Dante, con la sua condizione di dannazione, redenzione o beatitudine: nel nome del teatro.
Giornalista