NUOVI STILI
Quel linguaggio dell’arte che piace alla moda
Compagne di viaggio e testimonial di ogni epoca, moda e arte hanno di continuo preso l’una dall’altra, in un dualismo che oggi più che mai, con lo sviluppo delle nuove tecnologie, incorona l’arte a musa ispiratrice della creatività e dei messaggi sublimali della moda e spinge l’intero settore del fashion a cercare contenuti, stimoli ed emozioni nell’arte
Donatella Zucca
Da artigiani ad artisti, i creatori di moda hanno sempre dialogato con i grandi dell’arte e della cultura, e viceversa, se i quadri e le opere di diversi secoli fa fotografavano squarci di vita del momento in cui abbigliamento, stoffe, ornamenti e accessori poveri o ricchi che fossero, giocavano un ruolo di racconto e lo spunto per trasmettere emozioni attraverso i colori, le luci e le ombre del loro savoir faire artistico, è pur vero che proprio la tavolozza di questi scenari e talvolta gli stessi abiti siano stati di ispirazione per stili e mode venute poco e molto tempo dopo. Un rapporto tra arte e moda che inizia a delinearsi con una connotazione abbastanza simile a quella attuale nell’Ottocento, con la nascita dell’industria tessile e le prime forme di comunicazione del settore, coinvolgendo incisori, disegnatori di tessuti, ricami, etc. All’Expo di Milano del 1906 la sarta Rosa Genoni presentò due abiti manifesto ispirati a un disegno di Pisanello e alla Primavera del Botticelli. Nel 1920, l’illustratore Sergio Tofano immaginava abiti ispirati a Masaccio e Beato Angelico, in particolare in Italia, allora come oggi ispirarsi alla tradizione artistica significava dare un’impronta ineguagliabile di eccellenza alle creazioni della moda.
Una tendenza che ovviamente varca i nostri confini, sia nel senso che il nostro Rinascimento è il Rinascimento, quindi per tutti un momento artistito e culturale di riferimento, sia perché in generale si tende a guardare alla storia e la cultura nel progettare il futuro. Tra le muse ispiratici della moda anche movimenti e artisti come la comunità austriaca legata al design Wiener Wrkstätte, cui facevano parte noti nomi d’allora, il viennese Gustav Klimt ei preraffaelliti inglesi di cui la prosa di Oscar Wilde riprende così bene le atmosfere. Per esempio, il capostipite Ford Madox Brown, poi William Hunt nei suoi flash famigliari come Morning Hunt o i dipinti, i disegni e le poesie di William Morrische, come nel dipinto La Belle Iseult ritrae nell’abbigliamento e gli arredi la vita quotidiana. A cavallo tra ottocento e novecento, il dualismo classico che rapporta i due mondi e da cui ognuno trae vantaggio, a partire dalla qualità dell’offerta, s’arricchisce di altri elementi, a partire dall’artigianato, la moda eleva quelli della propria filiera dando sempre di più forma a un unicum in cui essa stessa diventa arte. A partire da Sonia Delaunay, co-fondatrice dell’Orfismo che, passata alla moda, esprime un nuovo concetto di donna in linea con i grandi cambiamenti in atto, gli artisti che si affacciano al suo mondo sono diversi. Tra loro, Salvatore Dalì che lavorò al Vestito Aragosta della stilista Elsa Schiapparelli, Mondrian e Vincent Van Gogh con Yves Saint Laurent per cui fece una liea ispirata ai suoi girasoli e iris. Andy Warhol nasce negli anni 50 come disegnatore/pubblicitario di Harper’s Bazaar, Vogue e Glamour, la rivista Interview di cui è stato direttore faceva da liaison tra la moda e l’arte, il suo abito in carta cellulosa e cotone The Souper Dress rappresenta la commistione tra arte, moda e business legato all’industria, nello specifico la Campbell con la sua zuppa in scatola. Sempre restando nell’onda pop di Warhol, Jeff Koons viene scelto da Louis Vuitton per una linea di borse e accessori, e via dicendo. A dimostrazione dell’influenza sulla moda di classici dell’arte, la casa d’aste Christie’s di Londra nel 2019 ha lanciato la mostra Art Adorned in cui opere d’arte del passato si affiancano ai gioielli e le collezioni di alta moda di Dolce & Gabbana.
In tutto il novecento e ancora oggi il mondo dell’arte offre colori, disegni, contesti e messaggi alla moda, intesa nella sua totalità, quindi fatta di calzature, pelletteria, profumi, lingerie, accessori, elementi d’abbigliamento, d’arredo e non solo. Ormai varcati i confini dell’oggetto d’arte, la creazione artistica si espande in altri mondi, facendosi portavoce di cambiamenti sociali, culturali e ambientali, quindi non rivolgendosi più solo alle griffe o al mondo del lusso, ma vestendo di bellezza e gradevolezza la quotidianità. Vedi le piattaforme della metropolitana di Napoli, il verde verticale dell’artista, botanico e ricercatore francese Patric Blanc, note come pareti verdi, ormai replicate da altri negli esterni e gli interni delle architetture di mezzo mondo. Una voglia di bellezza che si riflette persino nella cucina, i suoi strumenti e spazi, a partire dalla disposizione delle pietanze nel piatto e dall’apparecchiatura della tavola, sia luxury che popular. È innegabile che persino gli hamburger di MacDonald siano offerti, a partire dal packaging, con uno studio accurato della loro estetica e gradevolezza. Una sorta di “Do Ut Des” che è cresciuta di importanza e valore nel tempo, tanto che ormai da anni i sacrari dell’arte hanno aperto le porte alle grandi griffe, Yves Saint Laurent varca le porte del museo Metropolitan di New York nel 1985, così come le società d’aste e le gallerie. Ambiti in cui la moda stessa finanzia mostre e arte con grande ritorni d’immagine, quindi di business, ma anche in sintonia con la tendenza ad aggiungere al sogno, l’effimero e il tangibiledelle proprie creazioni, quel valore umanistico e culturale di cui ormai non si può fare a meno. Per il loro supporto all’alto artigianato italiano, Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono stati premiati dal MAM – Maestro d’Arte e Mestiere 2020.
Musica, teatro e cinema sono anche loro forme d’arte che giocano ruoli importanti in questi mix di influenze e sensibilità, tutti sappiamo quanto queste espressioni abbiano dato vita a nuove tendenze della moda o abbiano loro stesse fatto da eco ai messaggi di grandi stilisti. Già nel 1955 il film Gioventù Bruciata, la maglietta e i jeans di James Dean dettarono uno stile per i giovani americani e non solo, nel 1962 il bikini di Ursula Andress in Agente 007 – Licenza di Uccidere, fu l’artefice di un incontenibile invasione di bikini sulle spiagge del mondo, Il vestito a pois indossato da Julia Roberts in Pretty Woman riprodotto da Zara andò in sold out in un batter di ciglia. Si è verificato anche il contrario, Hubert de Givenchy entrò nel mondo del cinema con un abito diventato un’icona di stile anche grazie alla classe dell’attrice per cui era stato disegnato, quello nero indossato da Audrey Hepburn nel 1961 in Colazione da Tiffany e per cui disegnò anche quelli del film Cenerentola a Parigi. Nel primo, anche la colonna sonora fece la sua parte, le seducenti note di Moon River accendevano il desiderio di essere come Audrey, magari acquistando un gioiello di Tiffany, degli occhiali da sole come i suoi, una collana di perle come la sua. lo stesso vale per la colonna sonora de La Febbre del Sabato Sera del 1978, che scatenò un revival del rock anni cinquanta, del suo vestiario e del suo stile, alleggerendo il tetrume degli anni di piombo, facendo sognare e vibrare persino i bambini nel vedere Olivia Newton John e John Travoltaesibirsi sulle note di You’re The One That I Want e di Summer Nights. Molto prima Elvis Presley sconvolse e rivoluzionò il modo di vestire dei giovani, lo stesso avvenne con Michael Jackson, la cui giacca rossa indossata in Thriller fu venduta all’asta per 1,8milioni di $ nel 1983, e via dicendo. Divese volte la musica ha lanciato o rilanciato momenti storici, tendenze e mode, ogni volta in maniera estremamente coinvolgente, non sempre influenzando le grandi griffe, comunque molto attente ai suoi riflessi sul life style di adulti e giovani. Nel panorama italiano del fashion, sono diverse le maison votate a valorizzare la nostra tradizione artistica o più in generale l’arte. Certe perché hanno nel proprio DNA una forte iclinazione verso l’arte e il messaggio culturale che trasmette, altre perché mosse dalla leva del marketing, quindi dal business, e spesso da una passione che cresce quanto più se ne approfondiscono conoscenza e individuano i valori. Giorgio Armani ha sempre sostenuto l’importanza dell’arte nella moda e non ha mai nascosto di essersi ispirato a degli artisti, per la linea Armani Privé ai quadri di Giovanni Boldrini. Nel mondo del cinema, pare che Armani abbia creato abiti per i protagonisti di oltre duecento film, tra i più famosi Richard Gere in American Gigolò,Leonardo di Caprio in The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese, Kevin Costner in Gli Intoccabili di Brian de Palma, Brad Pitt nel mitico smoking color avorio di Bastardi Senza Gloria etc, etc, etc Di recente si è aggiunto un avvicinamento al mondo delle fiction televisive, che si è concretizzato su Canale 5 in una serie sulla Milano della moda anni 70 e 80, per cui la maison ha vestito con abiti appositamente creati tutti gli attori, incluso l’amico e protagonista Raul Bova che impersonificava Giorgio Armani. E dato che arte chiama arte, come la serigrafia di Marilin Monroe, il ritratto di Giorgio Armani diventa velocemente un’icona della galleria di celebrity di Andy Warhol.
Prada, Dolce & Gabbana, Salvatore Ferragamo e Stefano Ricci, quattro volti diversi di una stessa medaglia
Per Prada il legame con l’arte è una passione diventata strategia aziendale, il modo migliore per seguire e conoscere il mondo in cui viviamo e i mercati di riferimento, quindi per individuare adeguati percorsi di crescita. Tagliando corto potremmo dire che è business, in realtà però lo è solo in parte, lo slancio verso ogni espressione del bello da parte di Miuccia Pradae il marito Patrizio Bertelliè da sempre molto forte e il loro desiderio di contribuire a promuovere ogni forma d’arte e sostenere la valorizzazione di beni artistici e culturali una conseguenza ovvia. Prada non mira a prendere spunto dagli artisti, ma a instaurare un dialogo, oltre a dare risalto al loro operato a qualsiasi settore appartengano. Dai classici della creatività alle nuove forme d’espressione artistica, dal cinema e l’architettura, allo yachting e le gastronomie di noti chef, con progetti a supporto della cucina etica, il territorio e l’ambiente. Una ricerca culturale che inevitabilmente diventa essa stessa una forte attrazione. La Fondazione Prada è attiva dal 1993 sul fronte della cultura, ei campi della filosofia, l’architettura e il cinema, coinvolgendo artisti internazionali come Natalie Djurberg, Dan Flavin, Carsten Höller e l’attore Steve McQueen. A Venezia, nella sua sede di palazzo Ca’ Corner della Regina, dal 2011 hanno avuto luogo una serie di mostre di ricerca e una piattafoma sperimentale dedicata al cinema. In linea con il contesto cittadino, la sede di Prada a Milano è una città della cultura e della moda che si articola sugli spazi post industriali di una ex-distilleria del novecento. All’interno di sette edifici d’epoca e le strutture modernissime ed ecocompatibili Podium dedicata a mostre ed eventi d’arte, la sala multifunzionale Cinema e i 60m della Torre che accolgono gli spazi espositivi del progetto permanente Atlas. Sempre a Milano, con progetto Accademia dei bambini, ideato dalla neuropediatra Giannetta Ottilia e curato dal neonatologo Gabriele Ferraris, Prada sviluppa attività multidisciplinari e di gioco per l’infanzia. All’ingreso della Fondazione, il bar Luce progettato dal regista Wes Anderson ricrea le atmosfere dei café milanesi anni cinquanta.
Diversamente appassionato, il discorso di Dolce&Gabbana, nelle cui collezioni l’arte entra senza mezzi termini, con cromatismi e magie che seducono al primo impatto visivo e la casa d’aste Christie’s di Londra ha celebrato nella mostra Art Adorneddel 2019. Un tuffo tra i gioielli e gli abiti della Maison, le influenze di pittori, scultori e artigiani rinascimentali, barocchi e rococò. Il fatto a mano e i mestieri artigianali, odierni e passati, sono per Domenico Dolce e Stefano Gabbana un elemento fondamentale a cui, come già abbiamo detto, danno grande supporto e in cui credono profondamente. Espressione e anima dei territori, dei colori e di una vivacità tipica dell’Italia che loro riescono a infondere nei loro prodotti. Nati come maison nel 1985, quindi relativamente giovani rispetto ad altri grandi player del fashion internazionale, sono velocemente diventati sinonimo di un lusso e un’eleganza non convenzionale, alimentata dalle bellezze e la cultura del nostro paese. Da Capri a Portofino, dai pizzi della Sicilia al nostro Rinascimento. A partire dal 2012, nelle sue Botteghe di Mestiere ha formato nuove generazioni di artigiani, nella convinzione che si debba tornare al fatto a mano, negli Atelier Dolce & Gabbana di Milano lavorano ricamatori sotto i 24 anni, a dimostrazione della determinazione di Domenico e Stefano nel voler riqualificare la manualità. Un pensiero che ben si accompagna con la convinzione che in futuro si dovrà dedicare più tempo alla realizzazione delle cose e sarà necessaria maggior consapevolezza nel sistema creativo. Il cinema, in particolare quello italiano, è fonte d’ispirazione, la loro quinta collezione prese spunto dal film Il Gattopardo di Luchino Visconti.
Restando sull’onda magica del cinema, incontriamo la Salvatore Ferragamo, già nel 1923, prima che Salvatore desse il via alla casa di moda fiorentina, legato a Hollywood, i suoi film e i suoi divi. Inizialmente avviluppando con le sue calzature taylor made i piedi delle stelle, famose quelle per Marilyn Monroe, poi vestendo gli attori e disegnando costumi per i film. In “Inferno” del 2016, i suoi abiti indossati da Tom Hanks e Felicity Jones aggiungono appeal all’italian style voluto dal regista Ron Howard, tra i patiti del suo stile attori come Brad Pitt, Jake Gyllenhaal, Kate Beckinsale, etc.. Paul Andrew, direttore creativo della Maison, ha preso spunto da “Marnie”, “La Donna che Visse due Volte” e “Gli Uccelli” di Alfred Hitchcock per la collezione primavera estate 2021. Diretto da Luca Guadagnino, il film “Salvatore Shoemaker of Dream” presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2020, racconta la storia di Salvatore Ferragamo.Dunque un cinema cliente, ispirazione e racconto. Cultura e arte, da sempre una mission per la famiglia Ferragamo ampiamente documentata nella mostra del 2017 “Tra Arte e Moda” al Museo Salvatore Ferragamo e confermata nel coinvolgimento di artisti in opere, progetti ed eventi. Creata da Wanda Miletti Ferragamo e i figli, l’omonima Fondazione ha come primo scopo aiutare i giovani che vogliono lavorare nella moda, il design e l’alto artigianato italiano. Proprio lei disse: “I giovani rappresentano la spinta propulsiva di ogni società in grado di garantire continuità e futuro.” Il progetto “Giovani sulla Via della Seta” ha coinvolto studenti e insegnanti del liceo artistico di Porta Romana e Sesto Fiorentino a Firenze. Situato nel palazzo Spini Feroni, dal 1938 sede della Salvatore Ferragamo e nella storia dal 1260, il suo museo è una finestra sull’arte e la sua influenza sulla moda e la vita. Un’eloquente testimonianza d’impegno culturale, confermato dal Premio Guggenheim Impresa e Cultura. Ogni anno il museo seleziona un tema di ricercache permetta di coniugare il suo mondo con l’arte e altri ambiti, cambiando allestimento e contenuti. Dal 2016 fa parte dell’International Council of Museums, prestigiosa organizzazione internazionale dei musei e dei professionisti museali.
Nicchia di un lusso inteso nel senso più tradizionale della parola, la Stefano Ricciesprime i più svariati settori dell’artigianato, in capi e oggetti apprezzati da una cerchia esclusiva di amatori, che vogliono qualità, unicità e valore, in termini di materiali, esecuzione e servizi taylor made. “Noi parliamo di fatto al 100% in Italia”, dice il direttore creativo Filippo Ricci, “non di Made In Italy, e questo significa qualità assoluta”. Fiore all’occhiello, le sete dell’Antico Setificio Fiorentino, attivo dal 1786 e rilevato da Ricci nel 2011, che tuttora produce a mano sui suoi antichi telai. Pur essendo stato un pioniere dell’Oriente con l’apertura di una boutique nel 1993 a Shanghai e avendo l’estero come primo mercato, il suo legame con Firenze è indissolubile, permeato da un connubio con l’arte e da una forte gratitudine verso la città. Si deve alla Stefano Ricci, il restauro e digitalizzazione dei codici medievali delle Corporazioni Fiorentine dell’Arte della Seta, della Lana e dei Lineaioli, ora consultabili senza toccarne i fogli del 1300. Nel quarantesimo anniversario della Maison, per ringraziare d’aver potuto sfilare nella Galleria degli Uffizi, donò alla città la nuova illuminazione della Loggia dei Lanzi, qualche anno dopo, toccò al Ponte Vecchio, con una grandiosa festa/evento. Per le celebrazioni di Leonardo da Vinci, ha sponsorizzato il trasferimento di alcuni disegni di Leonardo dalla Biblioteca Ambrosiana agli Uffizi: Bill Gates aveva conferito il Codice Atlantico, ma mancavano quei disegni. Non meno importante, l’ambientazione di capi delle collezioni in siti emblematici per l’Italia o fuori da percorsi turistici, come l’isola di Monte Cristo, la Scuola Grande di San Rocco a Venezia, al tempo casa del Tintoretto, hotel di lusso realizzati in storici palazzi fiorentini, vuoti da mesi per la pandemia.
Giornalista e scenografa